VERONICA MARCHI/ MARIA OLIVERO/ VERDIANA V GARIBOLDI/ GIOVANNI PELI/ FRANCO BAGGIANI/ OUTPUT/
PREMARONE/ REAZIONE ACUSTICA/ LUIGI MARIANO/ FEDERICO CIMINI/ CAR QUEEN KILLERS / KOAN /
VERDIANA V GARIBOLDI/ PERFECT BREED / THE SKRAPS / MARCO D’AMBROSIO/CATTIVO COSTUME/
PIERPAOLO SCURO /LA BANDA DEL TARANTINO /NEWS/ RECENSIONI...
Web-zine indipendente fondata nel 2007. Fanzine ufficiale anno 1 N°1 info e contatti www.suonidelsilenzio.blogspot.com [email protected]
Pagina 2
SUONI DEL SILENZIO
Fanzine indipendente di musica
anno 1numero 1
(nuova serie 2013) .
Collaboratori :
Antonio Di Lena, Vincenzo Calò,
Rosario Magazzino, Gabriele Casale,
Gianluca Distante e Andrea Corvino.
Grafica a cura di Antonio Di Lena.
Info e contatti:
oppure visitate il sito
all’indirizzo
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“URGENTE” La redazione di
“Suoni Del Silenzio”
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I S T R U Z I O N I P E R L ’ I N V I O D I M A T E R I A L E
SONORO E PROMOZIONALE ALLA REDAZIONE:
I supporti sonori e audiovisivi (CD, LP, DVD) i libri e il materiale
promozionale in genere prima di essere inviati alla redazione si prega di
contat tare la redaz ione de l l a fanz ine a l l ’ i nd i r i zzo
[email protected] dopodiché in base al materiale che intendete
inviare vi forniremo le coordinate d’invio, non verranno pubblicate
recensioni di materiale che sarà arrivato in redazione senza biografia del
gruppo e breve storia del lavoro compiuto. Si avvisa inoltre che all’indi-
rizzo www.suonidelsilenzio.blogspot.it verranno pubblicate tutte le
recensioni solo dopo 1 mese dalla pubblicazione del numero corrente in
edicola.
Eccoci qui, dopo un'estate di
selezioni di articoli, news e re-
censioni finalmente avete tra le
vostre mani il primo numero
ufficiale cartaceo di “Suoni del
Silenzio”. Un’estate di lavoro,
scelte e precisazioni, per non
lasciare nessuno degli articoli
che dal 2007 sono comparsi
sulle nostre varie piattaforme
web (my space, facebook,
blogspot e dominio ndr.) fuori
dal giro. Abbiamo osato 52 pa-
gine per la nostra fanzine, e
sarà così per i prossimi numeri
che usciranno bimestralmente.
Le porte della nostra fanzine
sono aperte a tutti coloro che
vorranno pubblicare o inviarci
news, live, recensioni di cd,
libri, film, mostre, eventi cultu-
rali, radio, web tv e anche altre
fanzine non per forza musicali,
per uno scambio di idee e ma-
gari un progressivo migliora-
mento della fanzine stessa. Ri-
badisco il mio invito a tutte
quelle attività che vogliono o
vorrebbero contribuire alla di-
vulgazione di Suoni del Silenzio
in primis alle edicole e alle libre-
rie, potete contattarci alla mail
stesso indirizzo vale per le
band, scrittori, registi e artisti
in genere se vogliono essere
recensiti o intervistati. Il nostro
sito rimane sempre lo stesso
www.suonidelsilenzio.blogspot.c
om aiutateci a farli raggiugere i
50.000 contatti prima di fine
anno sarebbe una grande im-
presa, detto questo buona lettu-
ra a tutti
Antonio Di Lena
(fondatore Suoni del Silenzio)
Pagina 4
NEWS 6/7
GIOVANNI PELI 8
OUTPUT 9
PREMARONE 9
FRANCO BAGGIANI 9
VERONICA MARCHI 10
REAZIONE ACUSTICA 10
LUIGI MARIANO 11
FEDERICO CIMINI 12
CAR QUEEN KILLERS 13
MARIA OLIVERO 13
ILENIA VOLPE 14/15
ILA 16
KOAN 17
LA MENADE 18/19
VERDIANA V GARIBOLDI20/21
PERFECT BREED 22
THE SKRAPS 22
MARCO D’AMBROSIO 23
MAX GAZZE’ (ANALISI DEI TESTI) 23
CATTIVO COSTUME 24
PIEPAOLO SCURO 25
LA BANDA DEL TARANTINO 26
POESIE 27
A BEAUTIFUL MIND 27
RECENSIONI 27/51
GIOVANNI PELI PAG.8 LUIGI MARIANO
PAG 11
FRANCO BAGGIANI PAG.9
FEDERICO CIMINI PAG.12
Pagina 5
MARIA OLIVERO PAG 13
ILENIA VOLPE PAG. 14/15
ILA PAG.16
LA MENADE PAG.18/19
PIERPAOLO SCURO PAG.25 MAX GAZZE’ (ANALISI DEI TESTI) PAG.23
Pagina 6
*I Nightwish pubblicheranno il 29 novem-
bre per la Nuclear Blast il nuovo DVD
"Showtime, Storytime".
Questo sarà disponibile in formato 2 CD
digipack, 2 LP, in edizione limitata 2 Blu-ray
+ 2 CD digipack e 2 DVD + 2 CD digipack.
*Il frontman degli AS I LAY DYING Tim
Lambesis sarà processato con l'accusa di
aver assoldato un killer per uccidere la sua
ex-moglie. Lo ha deciso la corte di San Die-
go nella giornata di ieri, quando il giudice
Robert Kearney ha stabilito che ci sono suf-
ficienti prove a carico del cantante per pro-
cedere con il giudizio.
*E' stato un week end turbolento per Carlos
Santana, che venerdì sera ha subito un
incidente d'auto uscendone, per fortuna,
illeso. Il chitarrista si trovava a Las Vegas
ed era alla guida del proprio veicolo. Secon-
do quanto riportato dalla Polizia locale, San-
tana era da solo sulla propria auto, che
all'interno di un parcheggio è andata a col-
pire un altro veicolo, dove, per fortuna, non
c'era nessuno a bordo. L'altra auto era fer-
ma e la macchina di Carlos Santana, evi-
dentemente, non andava a forte velocità,
per cui tutto si è risolto soltanto con un
bello spavento per il musicista. Brutte noti-
zie, invece, per i paparazzi assetati di gos-
sip: nessuno scandalo di alcol e droga qui è
in corso. Il musicista, secondo quanto ripor-
tato dalle autorità locali, non era sotto l'in-
fluenza di nessun tipo di sostanza: l'inciden-
te è stato solamente frutto di stanchezza o
una disattenzione.
Santana non era impegnato in uno show
venerdì sera, ma si trovava a Las Vegas per
una serie di eventi in corso in questo perio-
do: il chitarrista è infatti impegnato in una
residency all'House of Blues del Mandalay
Bay Hotel di Las Vegas, per una serie di live
che si tengono tutti all'interno del locale.
Santana è recentemente stato in concerto
anche in Italia, per tre live che hanno in-
fiammato il pubblico. Il tour e gli eventi in
residency sono probabilmente un ottimo
modo, per Santana, per affilare le sue corde
prima di un nuovo importante appuntamen-
to. L'artista ha infatti annunciato la pubbli-
cazione di un nuovo album di inediti, che
arriverà nei negozi nel 2014, con la parteci-
pazione dei membri originali della formazio-
ne con la quale il chitarrista 66enne, reduce
dallo storico Festival di Woodstock e da 10
Grammy Awards, ha mosso i primi passi nel
mondo della musica. Il disco, attualmente
in fase di lavorazione, sarà composto da
brani inediti.
*I cechi INFERNO pubblicheranno il nuovo
album "Omniabsence Filled By His Great-
ness" il 24 settembre su etichetta Agonia
Records. Il disco è stato registrato, mixato
e masterizzato presso i Necromorbus Studio
da Tore Stjerna, mentre la Fenomeno De-
sign ha curato il packaging.Ecco la tracklist
dell'opera, e a seguire un trailer introdutti-
vo:'Pervasion''The Firstborn From Murk''The
Funeral 'Of Existence''Revelations Through
The Void''The Vertical Fissure Of The Most
Distant End''Metastasis Of Realistic Visions'
*"Back To The Front", il decimo album degli
svedesi ENTOMBED, è stato posticipato a
causa di alcuni "imprevedibili problemi tec-
nici", dal 29 ottobre all'inizio del 2014.
*I RUSH hanno svelato i dettagli del loro
nuovo album dal vivo, la prima pubblicazio-
ne dopo l'introduzione nella Rock And Roll
Hall Of Fame."Rush: Clockwork Angels
Tour" sarà pubblicato su etichetta Anthem/
Roadrunner Records il 19 novembre, men-
tre la versione DVD sarà edita da Anthem/
Zoe Vision/Rounder.L'opera immortala il
concerto dello scorso novembre all'Ameri-
can Airlines Arena di Dallas, ed avrà la se-
guente tracklist:Set One:01. Subdivi-
sions02. The Big Money03. Force Ten04.
Grand Designs05. The Body Electric06. Ter-
ritories07. The Analog Kid08. Bravado09.
Where's My Thing?/ Here It Is! (drum solo)
10. Far CrySet Two:11. Caravan *12. Cloc-
kwork Angels *13. The Anarchist *14. Car-
nies *15. The Wreckers *16. Headlong
Flight */ Drumbastica (drum solo)17. Peke's
Repose (guitar solo)/ Halo Effect *18. Se-
ven Cities of Gold *19. Wish Them Well
*20. The Garden *21. Dreamline *22. The
Percussor (I) Binary Love Theme (II)
Steambanger's Ball (drum solo)23. Red
Sector A *24. YYZ *25. The Spirit Of Ra-
dioEncore:26. Tom Sawyer27. 2112Bo-
nus:28. Limelight (soundcheck recording)
29. Middletown Dreams30. The Pass31.
Manhattan Project ** With the Clockwork
Angels String EnsembleSpecial Features
(Blu-ray/DVD only)* Can't Stop Thinking
Big (25-minute tour documentary)* Behind
The Scenes (featuring Jay Baruchel)* Out-
takes* Interview With Dwush* Family Goy*
Family Sawyer* The Watchmaker
(intermission tour film)* Office Of The
Watchmaker (closing tour film).
*I tedeschi PRIMAL FEAR hanno iniziato il
mixing del loro nuovo album con Jacob
Hansen presso i suoi Hansen studio di Ribe.
Il disco sarà pubblicato a gennaio su eti-
chetta Frontiers Records.
*Parlando con Metal Kaoz, il leader dei
DOWN Philip Anselmo ha dichiarato che la
band ha già pronta una nuova canzone del
nuovo EP, previsto per il primo quadrime-
stre del 2014.Per quanto riguarda il suo
nuovo progetto solista, invece, ha affermato
che con i THE ILLEGALS ha finito di mixare
il nuovo EP, definito "molto diverso" dall'al-
bum "Walk Through Exits Only" e in vendita
durante il prossimo Housecore Horror Film
Festival alla fine di ottobre.
Pagina 7
È tutto pronto
per la quarta
ed iz ione de l
ROCK HARD FE-
STIVAL ITALIA,
dove anche que-
st'anno vedremo
alternarsi sul
palco del LIVE
CLUB di Trezzo
sull’Adda band
della scena na-
zionale ed inter-
nazionale. Come
sempre la ker-
messe sarà ricca
show esclusivi e
p e r f o r m a n c e
irripetibili per la gioia dei Metalheads italiani. Di
seguito gli orari delle esibizioni: SODOM
(exclusive Italian show)23:30 TANKARD
(exclusive Italian show)21:55 ASPHYX (exclusive
Italian show)20:35 ATTACKER19.25 CRIPPLE BA-
STARDS (“Misantropo a senso unico” special
show)18:20 DEATH MECHANISM (Feat. BULLDO-
ZER)17:25 NATIONAL SUICIDE16:40
ASGARD15:55 AGONY FACE15:10 Apertura Can-
celli: 14:30 ROCK HARD FESTIVAL ITALIA 2013.
Nell’area estiva, appositamente attrezzata anche
in caso di maltempo oltre a punti di ristoro e area
lounge, sarà presente un vero e proprio METAL
MARKET con stand di di dischi, merchandise e
rarità e non mancheranno i vari media partner
dell'evento: ROCK HARD ITALIA, PUNISHMENT
18,FOAD RECORDS,SCARLET RECORDS,YAMA
TATTOO STUDIO,PRIMRODIAL PAIN,MY GRA-
VEYARD PRODUCTIONS,JOLLY ROGER RE-
CORDS,TSUNAMI EDIZIONI,EMP Mailorder Ita-
lia,METALITALIA.com,TRUEMETAL.it ….e molti
altri! Il LIVE MUSIC CLUB è provvisto di ampi par-
cheggi gratuiti e un ristorante al piano superiore,
dal quale è possibile assistere direttamente al
concerto. BIGLIETTI Il costo del biglietto in pro-
mozione è di 30 € più diritti di prevendita. Prezzo
in cassa € 35 Le prevendite sono disponibili attra-
verso i seguenti circuiti e rivendite autorizzate:
TICKET ONE M@ILTICKET LIVE CLUB TICKET VI-
VATICKET Sabato 14 Settembre 2013 ROCK
HARD FESTIVAL ITALIALIVE CLUB Viale Mazzini
58 Trezzo Sull’Adda (MI) SODOM, TANKARD,
ASPHYX, ATTACKER, CRIPPLE BASTARDS, DEATH
MECHANISM, NATIONAL SUICIDE, ASGARD, AGO-
NY FACE ROCK HARD ITALY Official Web Si-
te:www.rockharditaly.com Special Media Partner:
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leggere la musica e/o i tab -uso guitar pro 6 o disponibilità ad iniziare ad usarlo
(possiamo fornire noi il programma) -disponibilità per 2 prove al mese in cui con-
solidare insieme il lavoro sui brani svolto individualmente a casa nel tempo libero -
preferibile -ma non indispensabile- accordatura in Re o 7 corde. La band possiede
un repertorio composto da pezzi propri e alcune cover, ha registrato un promo EP
che è in fase di mixaggio e sta lavorando a nuovi brani. L'obiettivo è suonare il più
possibile ovunque si riesca, promuoversi il più possibile sfruttando il materiale re-
gistrato e il web, registrare nuovo materiale in futuro. Siamo tutti nell'area Prato/
Pistoia, ma non abbiamo problemi a spostarci per le prove. Ci teniamo a precisare
che questo non è un progetto messo su per divertirsi alla buona. Certo il diverti-
mento è una parte principale di quello che facciamo, ma ci piace lavorare in modo
professionale, condividendo obiettivi ed impegnandoci al meglio per conseguirli.
Contattateci se veramente interessati su FB o per email: in-
Pagina 8
INTERVISTA A CURA DI
VINCENZO CALO'. Arti-
sticamente, in che con-
siste la tua tenacia? Mi
piace l'idea di creare un
piccolo mondo, dove coe-
sistano i contrasti, ad
imitazione del mondo in
cui vivo. Ho cominciato a
scrivere da ragazzino e a
registrare canzoni speri-
mentando la "messa in
scena sonora" di esse
nell'ormai lontano 2001.
Da allora ad ogni produ-
zione faccio un passo in
avanti sotto molti punti di
vista e questo è il modo
in cui la mia tenacia si
manifesta. Altro aspetto è il confronto costante con le persone, il
pubblico, gli altri artisti. Nel 2012 sono giunto al primo album uffi-
ciale, il nuovo salto in avanti l'ho compiuto grazie alla produzione
artistica di Stefano Castagna, all'aiuto di un grande musicista come
Silvio Uboldi e alla fiducia che mi ha dato Paolo Bruno della Kandin-
sky Records. In quale genere musicale ti rispecchi maggior-
mente o precisamente? In esso come scindi il dolce dall’a-
maro, la leggerezza dall’impegno? Data la mia frequentazione
anche in ambiti letterari e la mia grande passione per la poesia, il
genere musicale in cui mi rispecchio maggiormente è la canzone
d'autore, perché mi piace pensare che una canzone sia una sorta di
mini-opera lirica in cui la melodia, l'arrangiamento, l'interpretazione
vocale e le sonorità siano la "messa in scena sonora" del testo. Mol-
to spesso ascolto, e fino a pochi anni fa sperimentavo anche suo-
nando, altri generi musicali. Per un periodo mi sono dilettato anche
nella musica contemporanea, ambito che poi ho frequentato come
scrittore di testi per amici compositori, mi interessano molto le spe-
rimentazioni della musica elettronica e tento di aggiornarmi il più
possibile sulle infinite e sfuggenti diramazioni in generi e sottogene-
ri della musica leggera underground. Tuttavia ogni volta che trovo
qualcosa di interessante penso subito a come poter utilizzare l'idea
all'interno di una struttura-canzone. Credo che scegliere la canzone
sia già di per sé una dichiarazione di leggerezza. Scegliendo un'arte
"pop" si dichiara il desiderio di essere ascoltati da tutti, la disponibi-
lità a voler essere presi in considerazione da chiunque abbia 3 mi-
nuti, al massimo 4 (credo che sia la durata perfetta di una canzo-
ne). La leggerezza insita in quest'arte e nelle sue regole di base dà
la possibilità di agire "per contrasto" con gli ingredienti che la com-
pongono: melodia/armonia, struttura, testo, arrangiamento. Il mio
singolo "Tutto quello che fai" per esempio è una specie di gioco con
certi cliches del rock classico, la cui "rocciosità" rende vitale ed
energico un testo che è cantabile da un punto di vista sonoro ma
sicuramente ostico nel contenuto, disperato e nichilista, che privile-
gia la comunicazione "per immagini" anziché uno stile diretto e pro-
sastico (stile che di solito rifuggo). Riesci a richiamarti all’ordine
durante un’esibizione, se sì in che momento e a quale scopo?
In realtà penso che in un'esibizione si debba essere sempre "in or-
dine", da lì poi lo show può assumere nuovi ed in attesi sconfina-
menti… col mio nuovo progetto ho la fortuna di avere una band di
grandi musicisti che mi permettono una libertà espressiva notevole
e posso sconfinare a piacimento. Molto dipende anche dal pubblico,
i concerti sono sempre imprevedibili e la tensione emotiva che sca-
turisce da certe "variabili" è la cosa più divertente del suonare in
pubblico. I critici quando si devono pulire la bocca? Cosa vuol
dire essere generosi oggigiorno? Non so se ho capito bene la
domanda… trovo che molti critici si affidino alla moda del momento
e non siano molto "liberi" nonostante lo confessino spesso. Credo
che i critici debbano badare alla sostanza e all'autenticità di una
proposta, e solo in seconda istanza alla "confezione". La generosità
è naturale per un artista autentico, non è questione di prolificità ma
di sincerità… la questione è: "sono un artista dalla nascita, faccio
del mio meglio, prendere o lasciare". E non è affatto presunzione
tutt'altro, concerne l'accettare come si è e camminare così nel mon-
do, è una cosa umile in realtà, è un mettersi a disposizione. Penso
che l'esigenza comunicativa di un artista sia simile a quella di tutte
le persone (l'artista non è un marziano) quando hanno bisogno di
confrontarsi, di appagare la curiosità che spinge a mettersi in rela-
zione con le altre persone. Diciamo che l'artista ha un ulteriore mo-
do di comunicare, credo che l'arte sia un modo per trasferire emo-
zioni a più persone contemporaneamente. Discograficamente si
produce per causa d’interesse generale? La domanda va fatta
ai discografici, credo che le cose più interessanti siano prodotte
anche per questo, può essere una motivazione sincera che nasce
dalla pura passione per la musica. Credo sia bellissimo. Sono tempi
duri in cui è difficile mettere insieme passione e business. E’ possi-
bile voltare pagina coi sentimenti? Tutto è possibile con i senti-
menti perché sono completamente assurdi. La quotidianità sta
scivolando verso l’oblio del precariato per ricreare malcostu-
me? Il malcostume non ha bisogno di essere ricreato. Sicuramente
alcune caratteristiche della società contemporanea non favoriscono
l'estinguersi del malcostume. Non si affaccia un futuro roseo per
molte persone giovani e non più tanto giovani. Credo comunque
nonostante abbia avuto alcune derive di simpatia verso la cosiddet-
ta "antipolitica", la soluzione debba ancora venire dalla politica, una
volta però che essa abbia davvero fatto i conti con l'opinione pubbli-
ca, e ciò purtroppo in Italia non è affatto scontato, dato che è con-
fusa perfino l'identità stessa dell'opinione pubblica. Il rinnovamento
che auspico della politica partitica italiana sta proprio in una nuova
relazione con la società civile. Potrebbe essere un ottimo punto di
partenza per affrontare la realtà nel breve periodo. Non è affatto
scontato che in Italia stiano bene soltanto i ricchi. Non è scontato
che si debba essere raccomandati. Molte situazioni sono aggravate
dalla remissività, dalla pigrizia fisica e mentale, la storia insegna
che si può cambiare (perfino in meglio!). Come ti metti a disposi-
zione del mondo virtuale, in che occasione lo consideri reale?
Il virtuale è una piccola porzione del reale, i due mondi non sono in
contrasto. Mi piace usare i social network, e attraverso di essi ho
conosciuto molte persone e la cosa mi ha arricchito sia dal punto di
vista umano che artistico. Penso che sia un'ottima possibilità da
sfruttare al massimo come molte altre non associabili ad un moni-
tor. Sicuramente essere invasi da informazioni artistiche o di altro
tipo può generare ulteriore confusione (ed anche noia) ma credo
per così dire che si debba sparare nel mucchio, puntare anche sulla
quantità e sulla libertà, sia come fruitore che nel propormi. Penso
inoltre che la rete possa stimolare la creatività, attraverso l'uso
contemporaneo dei blog e dei social network un artista può definire
anche meglio la sua immagine che è strettamente collegata alla sua
modalità comunicativa, non solo in senso artistico ma anche nel
senso del puro relazionarsi.
Pagina 9
L ' u s c i t a d e l l a b u o n a m u s i c a
Gli Output nascono come band nel settembre 2012, ad opera di
Antonio Ribezzo, Andrea Lippolis, Lorenzo De Tommaso e France-
sco Benizio, questo gruppo formatosi nella città pugliese di Fran-
cavilla Fontana ci ha deliziato con delle performance davvero otti-
me, ribaltando e facendo riscoprire della buona musica. Questo
quartetto ha fatto suoi più generi dal blues al heavy metal propo-
nendo delle ottime cover di grandi artisti rock come Hendrix a
gruppi come Deep Purple ma anche reinterpretazioni di ballate
classiche come what a wonderful world di Louis Armstrong, ma
questo gruppo di ragazzi non sono solo bravi a proporre cover,
hanno scritto e proposto al pubblico 3 stupende canzoni con temi
scottanti e azzeccatissimi per un period o c o m e q u e l l o v e n t
u r o ! La band ha inoltre avuto a che fare con qualche live dove è
riuscita a farsi un nome e ad affermarsi. Cosi quando vedrete un
volantino fra le strade dovreste pensare che sarebbe opportuno
f a r e u n s a l t o a v e d e r l i !
Andrea Corvino
Associazione Musicisti Riuniti...La vostra denominazione pre-
suppone che un tempo eravate divisi...? Diciamo che non era-
vamo associati in una causa comune per lo sviluppo della musica
creativa anche se a Firenze essere divisi è uno sport secolare, da
centinaia di anni ci facciamo la guerra fra parrocchie a scapito
dell'interesse comune, vecchia malattia fiorentina e piu in generale
italiana. Checco Zalone spiritosamente sostiene che il Jazz
alla lunga è una rottura di..., è vero? Assolutamente no, il Jazz
se ascoltato e capito diventa qualcosa da cui non puoi staccarti e
alla lunga gli altri generi diventano poca cosa, poi parlare di Jazz
significa parlare di un oceano di musiche anche diverse fra loro,
ormai la parola Jazz è superata dai tempi. Scusate se insisto a
trarre spunto dal pensiero di questo comico che oggi fa ten-
denza, ma è vero che ai jazzisti è concesso stravolgere una
qualsiasi partitura tanto il risultato che ne consegue verrà
sempre ritenuto di assoluto rilievo, come se l'ascolto fosse
pervaso da un'atmosfera prestabilita? Questo comico farà an-
che tendenza ma dice cose che non condivido affatto, il Jazz o l'Im-
provvisazione se sono di rilievo si sentono, idem se sono cose fatte
con i piedi, quindi il bravo jazzista ottiene un bel risultato, l'incapa-
ce un brutto risultato, occorre però essere preparati per capire la
differenza. Come si percepiscono le rivoluzioni? Spesso in ritar-
do e all'inizio con irritazione, ogni grande rivoluzionario è in netto
anticipo sui tempi. Per un'artista il gesto più atroce equivale
alla reazione più inaspettata del pubblico? Non necessariamen-
te, a volte può essere il contrario. Il Passato è passato? Sì sem-
pre, ma mai dimenticarlo e non farne tesoro, chi sputa sul Passato
sputa sul Futuro. Avete mai baciato uno strumento che posse-
devate, che tenevate in mano, aldilà della Musica? Sì certo, la
mia tromba l'ho baciata spesso, è un gesto d'Amore per la Musica.
INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO’
Ragazzi, cosa celate dietro
ogni passo? Incubi, fantasmi,
calcoli. Di cos'è infestata la
musica? Dell'indifferenza e
dello spirito del tempo. Esi-
bendovi puntate alla perfe-
zione? No. Puntiamo alla
compenetrazione tra perfor-
mance, performers, performed
e spectators. Mai vissuto in
prolungato ritiro spirituale?
Uno di noi sì. Ha vissuto un'e-
sperienza mistica non religiosa
che ha portato grande proficuità. Vi siete mai sentiti impediti di
qualcosa? Impediti di impedire a qualcuno una qualsiasi coercizio-
ne. Da cos'è dovuto il permesso di disturbare secondo voi?
Dalla volontà. Trovate strano il mio interesse per voi? Sì. In
conclusione, pensate che vi prendiate eccessivamente? Sicu-
ramente non sul serio. I PremarOne sono su MySpace...! INTERVI-
STA A CURA DI VINCENZO CALO’
Pagina 10
L’ispirazione può venire condannata al buonsenso? Ti è capitato
di prendere delle difficili decisioni artistiche? Più che altro si ri-
schia qualche volta di autocensurarsi, per paura di dire la verità. A me
è capitato qualche volta, e trovo che sia liberatorio riuscire a centrare il
bersaglio, dire quello che si pensa, quello che si sente davvero... Im-
presa ardua. Nel mondo della musica, i risvegli epocali vanno
pretesi ad ogni costo? La loro lentezza dipende da fin troppi
riferimenti esterni? Di chi ci dobbiamo ancora stupire? Secondo
me bisogna partire dal presupposto che siamo tutti diversi, per forza.
Non c'è clonazione, si rischia qualche volta di desiderarla imitando dei
modelli, ma ognuno di noi metterà sempre qualcosa di nuovo in quello
che fa proprio perché siamo tutti diversi l'uno dall'altro. A me non spa-
venta l'idea che il meglio sia già stato inventato, non perché mi accon-
tenti di non poter essere ad esempio Paul McCartney, ma perché sono
felice di chi sono io. Secondo te come si ottiene un rapporto equi-
librato, continuativo con la parola cantata? Amandola, come tutte
le cose della vita. Devi essere pronto a soffrire, a offrire. come in Amo-
re. Mentre suoni uno strumento quando perdi la cognizione del
Tempo? Totalmente, è l'unico momento in cui mi eclisso. Non si è
mai troppo grandi per…? ... tornare a studiare...! La tua composi-
zione necessita di un contesto abitativo? Sì assolutamente, più
come luogo della scrittura in sé. Le idee partono camminando, corren-
do, guidando, ma poi le devo necessariamente vomitare in casa, sedu-
ta sulla scrivania. Credi che le vie di entrata e di uscita dal suc-
cesso coincidono? Dipende da cosa si intende per "successo", perché
per me il successo è sentirsi soddisfatti e appagati in quello che si fa,
quindi perché uscirne? Fino ad oggi ce ne sono successe di tutti i
colori da non trovare più un elemento compensatorio? C'è sem-
p r e u n m o d o p e r r i m e d i a r e .
INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO’
Si può fare Arte con fermezza e deter-
minazione, essa può valere un impegno
educativo, o è meglio andare sempre a
sensazione? Si, si può fare, ma spesso è
anche una decisione sofferta, perché, prima
di tutto, è un istinto, un bisogno, e se diven-
ta poi Dipendenza e Passione allora non si
fanno calcoli e progetti. Farà parte
della tua vita. Sicuramente tutto ciò
ha un impegno Formativo personale
e può educare comunicando e facen-
do continuare a sperare in qualcosa
di vero. Per il resto, le sensazioni e
l’intuito sono l’unica possibilità per
l’emozioni. Preferite spendere o
risparmiare il generico? Se non si
spende è inutile risparmiare. Crede-
te che ci stiamo avvicinando al
punto di meritare una condanna
unanime a cosa? Alla rassegnazio-
ne che abbiamo davanti alle imposi-
zioni dei governanti europei e nazio-
nali. Aprite la finestra e…? Respiro, spero
che ci sia il Sole. Vi si riconosce sul palco
a effetto immediato? Beh, questo non lo
sappiamo. Basta che l’effetto sia vero e for-
te. Su cosa state a discutere principal-
mente in sala registrazione? Su cose
secondarie alla natura delle canzoni. Co-
munque, dopo tutto, comprese le discussio-
ni, vince la Reazione! Siete certi della
qualità del vostro pubblico? Se sono ve-
nuti a sentirci suoniamo per loro e diamo il
massimo. Vi sentite seguiti? Né seguiti, né
perseguitati. Siamo felici quando le persone
ci danno una possibilità, ci ascoltano e com-
prendono la nostra musica… solo questo.
Cosa succede prima e dopo una vostra
esibizione? La cosa migliore del Prima di
solito è la cena insieme, la cosa peggiore del
Dopo è caricare gli amplificatori in macchina.
L’affetto degli amici ci aiuta sempre Prima e
Dopo. Mai avuto problemi con i diritti
d’autore, basta avere un’etichetta di-
scografica? Quali Diritti ?!? Cosa consi-
gliate in tal senso a chi è agl’inizi? Go-
deteveli… il resto è da scoprire. Le famiglie
vi supportano? Sempre. Sempre. Sempre.
intervista a cura di Vincenzo Calò
Pagina 11
Secondo te un attentato alla musica in
cosa consisterebbe? E’ già avvenuto e non
ce ne siamo accorti? L’attentato alla musica,
in particolare in Italia, è già in atto da decenni.
E’ lo spogliarla quasi completamente dal suo
valore culturale. E’ lo strumentalizzarla per fini
diversi rispetto al suo valore profondo. E’ l’uti-
lizzarla non per ciò che è, ma per riempire altri
contenitori vuoti, usa e getta, come alcuni
palinsesti radio o TV che devono fare audien-
ce, rincoglionendo bene la gente. La musica è
anche spettacolo, a volte. Ma non può essere
solo spettacolo. La musica è cultura. Anche la
musica popolare è cultura, non è uno show
televisivo che deve rispondere a un direttore di
rete ignorante, che dipende magari pure da un
politico o da un imprenditore senz’anima.
Ascoltarti vuol dire ancora cercare di ca-
pirti, interpretarti? La musica d’autore fa
ancora parlare? Fa parlare le nicchie. Le
nicchie cercano sì ancora di capire, di interpre-
tare, per fortuna. Le nicchie ancora sono vive
e vegete, discutono, fanno ragionamenti intel-
ligenti. Ma rischiano di restare appunto troppo
isolate e di perdersi nel vento. La musica d’au-
tore è in forte crisi di mercato. “Il mercato è il
Demonio, il mercato è Dio” (cit.). Quando la
cultura, come per esempio nei mitici anni ’70,
era al centro dei movimenti e degli interessi
sociali, civili e politici di un periodo o di un
intero Paese, allora la musica d’autore, sia
impegnata e sia non impegnata ma comunque
poetica, era una musica popolare e dunque
anche commerciale. E nessuno poteva avere
paura (come invece ora) della parola
“commerciale”, perché tanto quel
“commerciale” rappresentava la qualità. Era
persino trendy. La gente “tendeva” verso un
interesse vivo, anche intellettuale, ma nel
senso non pesan-
te del termine. E
quindi tutto era
permeato di in-
telligente vivacità
creativa. Gli anni
’80, soprattutto
in Italia, hanno
purtroppo portato
piano piano tante
inversioni di ten-
denza, fino al
piattume odierno,
i n c u i i l
“commerciale” è
ormai diventato
sinonimo di spaz-
zatura. Io, da
sognatore, auspi-
co sempre dentro
di me un ritorno
della cultura al
centro degli inte-
ressi del mio Paese: a questo corrispondereb-
be subito una straordinaria rinascita anche
della canzone d’autore in termini di maggiore
visibilità. E farebbe bene a tutti. Andare be-
ne, andare per la maggiore… che diffe-
renza c’è? La stessa che ci può essere tra il
viaggiare a buona velocità, al volante di una
ben sicura 1600 di cilindrata, e il viaggiare
invece a 280 km/h, bellissimi e fiammeggianti,
su una Porsche. Rischiando di schiantarsi alla
prima curva pericolosa per eccesso di esalta-
zione del momento. Preferisco andare bene.
Andare per la maggiore mi fa pensare a un
qualcosa di inebriante ed eccitante, ma che ha
spesso il sapore dell’effimero. Non m’interes-
sa. Io sono per i viaggi sicuri e molto lunghi, in
cui si costruisce qualcosa di profondo che pia-
no piano resta e sedimenta nel tempo. Le
fiammate improvvise e allucinate, seguite
spesso dall’oblio, non fanno parte dei miei
gusti, né forse delle mie tendenze caratteriali
o artistiche. La canzone della Vita…? Per-
ché? Non ce l’ho. O forse ne ho avute troppe,
nel tempo. Le canzoni della Vita cambiano,
può anche darsi che a 5 anni fosse “Dolce
Remi”, chissà. E’ tutto un flusso, un liquido
che si sposta, non un pezzo di ferro. E’ tutto
un fiume. La prima canzone della Vita che mi
viene ora in mente è “Something in the night”
di Bruce Springsteen, perché quel testo sono
(stato?) io fino all’ultima parola, per decenni.
Ma è solo un granello tra le tante Canzoni della
mia Vita. L’apprendimento artistico deriva
di più dagli aspetti formali o da quegl’in-
formali? Dista o no dal proporsi in manie-
ra professionale? Insegno pianoforte a molti
allievi alle primissime armi, ma solo musica
leggera, in genere pop-rock-blues (non potrei
mai insegnare la classica, che non conosco). E
mi sono accorto che per molti ragazzi appas-
sionati di musica leggera l’aspetto formale o
palloso dell’impostazione classica è a volte un
rischio che non ci si può permettere di correre.
Le mie orecchie sono piene zeppe di storie di
ragazzi amanti della musica leggera che hanno
abbandonato lo studio del pianoforte per so-
pravvenuto reale “sfinimento” e noia, dovuto
al tipo di insegnamento, d’impostazione troppo
classica e formale per loro, che cercavano ben
altro da suonare. Magari vogliono suonare
Lucio Dalla o Fossati, non Chopin o Bach, ecco.
Quindi mi sono inventato un metodo molto più
diretto e pratico d’insegnare la musica leggera,
in cui la mia figura (di umile insegnante) con-
serva sempre la sua dignità professionale, da
rispettare, ma tende però a venire molto in-
contro alle reali esigenze degli allievi, coinvol-
gendoli quasi da subito, dopo le prime lezioni,
su pezzi da loro molto amati. L’apprendimento
in questo caso è rapidissimo e tutti i miei allie-
vi mi ringraziano perché li rendo appassionati
e desiderosi. La molla è sempre la passione,
ma associata alla chiave di lettura migliore.
Alla fine di una composizione ti è mai ca-
pitato di sentire d’aver dimenticato qual-
cosa? Sempre. Più che altro sento ogni volta
che ciò che ho scritto è incompleto o decisa-
mente migliorabile. Vedo spesso alcune com-
posizioni come bozze, per molto tempo. Qual-
che volta è vero, sia chiaro. Ma tantissime
altre volte, a distanza di qualche settimana o
mese, mi accorgo d’aver detto anche troppo. E
in certi rarissimi casi sono persino soddisfatto.
La mente di giorno, il cuore di notte… o
viceversa? Molto spesso, sì. Ma mente e cuo-
re non possono per me essere mai troppo
scissi, combatto le asincronie da quando sono
nato e credo che debbano cercare il più possi-
bile di viaggiare all’unisono. Sia di notte che di
giorno. Hai bisogno di stare solo per…?
Rigenerarmi. Quando avevo 13-14 anni soffri-
vo molto dei momenti di solitudine, perché mi
facevano sentire isolato dal mondo, senza
troppe conoscenze, perso nel nulla coi miei
libri-amici. Ora che di gente ne conosco anche
troppa, di ogni specie e risma, e che devo
gestire ogni minuto mille cose e mille persone,
la solitudine la cerco con forza, senza sosta,
periodicamente, perché mi rinfresca come
l’acqua da bere. La solitudine ora ha per me
l’effetto rigenerante di una bella dormita
all’ombra, d’estate: appena sveglio, mi sento
poi più forte per riprendere tutte le mie attivi-
tà. Diffido non poco da chi non sa stare bene
da solo. Io con me sto benissimo, mi do fre-
quenti pacche sulle spalla anche dopo essermi
pesantemente sfanculato. Mi sono abbastanza
simpatico: dovreste sentire come mi faccio
ridere!
INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO’
Pagina 12
Cosa c'è da capire subito per
vagare senza farsi male mu-
sicalmente parlando? La mu-
sica è un percorso intrinseco in
ognuno di noi: c'è sempre, vo-
lenti o nolenti, e ci accompagna
in ogni fase della nostra vita.
Non credo che ci si possa far del
male musicalmente parlando
perché noi siamo portati a sce-
gliere quello che ci piace e por-
tarlo avanti; ci lasciamo traspor-
tare da una musica sempre pre-
sente ma che sotto sotto sce-
gliamo noi, ci da sicurezza. Cre-
di che il sistema discografico
non è perfetto perché si agi-
sce più da "produttori di sé
stessi" che da "autori per gli
altri"? Il sistema discografico
funziona nel momento in cui un
autore si mette a ragionare su
sé stesso, sul messaggio che
vuole dare e sulla forma migliore
per fare arrivare questo mes-
saggio. Inteso così il sistema
discografico dipende dall'impo-
stazione dell'artista. Se un can-
tautore si affida ad un produtto-
re che decide per lui (cosa che
avviene nelle "major"),
deve avere la consape-
volezza di farlo a suo
rischio e pericolo perché
un produttore può sapere
le tecniche artistiche e
comunicative ma se avrai
fortuna sarà solo una
gran botta di culo che ti
farà fare successo per
qualche settimana, se
invece di mezzo c'è un
apparato musicale che
pone come principale
obiettivo il messaggio e
non il target, l'arte e non
il successo, il "dare for-
ma" e non il prodotto,
allora, secondo me, usci-
rà fuori un bel lavoro.
Con la tua formazione
artistica puoi essere
libero di...? Di tutto.
Intanto credo di essere
cantautore per me stes-
so. Il fatto di far ascolta-
re i miei brani alla gente
deriva dalla necessità di
dire la mia al "mondo",
uno sfogo. Alla base re-
sta il fatto che io scrivo
perché la scrittura, che è
un prodotto del pensiero,
è la più grande forma di
libertà: nessuno potrà
mai dirmi che non posso
farlo. Per cui scrivendo
dico quello che voglio,
quando voglio e se vo-
glio. Nel tuo caso costa
più fatica osservare il
suonato o il cantato? Secondo
me non si tratta di osservare ma
di ascoltare: sono dell'idea che
la gente oggi ascolti poco, molto
poco, quando in realtà dovrebbe
fermarsi, chiudere gli occhi e
ascoltare, e mi riallaccio alla
domanda dicendo che è più diffi-
cile ascoltare (o osservare,
usando un ottimo simbolo) il
"suonato" perché nel "cantato" a
volte basta fare un po' di atten-
zione ed arrivare ad una soluzio-
ne diretta. Il suonato invece è
una questione di sensazione, di
interpretazione e non si avrà
mai la certezza che l'interpreta-
zione di un suonato sia quella
giusta, quella che l'autore vor-
rebbe darti ma sarà sempre
personale. E' la formula che
utilizzavano gli autori ro-
mantici per infondere le
emozioni...Quale stagione ti
si addice? Trovo del bello in
tutte le stagioni, c'è sempre
qualcosa da fare in maniera po-
sitiva. Ho notato che in genere
siamo portati a lamentarci di
ogni stagione favorendo sempre
quella opposta: d'estate troppo
caldo, d'inverno troppo freddo e
via dicendo… Dove ti possiamo
vedere di frequente? Su inter-
net, nei locali a suonare, in giro
per Bologna a cazzeggiare o in
Calabria o, magari, se proprio la
coincidenza sarà esagerata,
mentre faccio la spesa al super-
mercato. La società moderna
può ritenersi complessiva o
complessa? La società moder-
na è complessivamente com-
plessa. C'è un film che si chiama
"I complessi", degli '60 se non
sbaglio, credo che allora sia sta-
to girato per descrivere un'ecce-
zione della società, adesso più
mi guardo intorno e più vedo
protagonisti di quel film. Si po-
trebbe fare un sequel. Quando
ti approcci con qualcuno/a
percepisci più prudenza o
allarmismo? L'approccio è un
fatto naturale. Troviamo
"approccio" dalla conoscenza al
sesso, credo che siano i due
estremi di questo termine. esse-
re prudenti in un approccio vuol
dire essere un po' falsi nei con-
fronti di chi ti è di fronte, essere
allarmisti vuol dire avere paura.
Io nutro tranquillità e piacere nel
conoscere gente nuova, poi ogni
tanto dimentico i nomi quindi
l'allarmismo mi si crea in quel
caso per paura di fare una brut-
ta figura...!
INTERVISTA A CURA DI
VINCENZO CALO’
Pagina 13
Nel rock si entra per poi
non uscire più? Se inten-
diamo il modo di approcciarsi
alla musica sicuramente
si...mentre se si parla esclu-
sivamente di suoni non ci
poniamo limiti di sorta.
Qual'è stato secondo voi il
periodo più elettrizzante
della storia del rock? Me
lo riuscite a descrivere?
Beh dipende...tra di noi ci
sono varie influenze...ma
possiamo dire che gli anni 60
-70 con un ritorno neglia
anni 90(Nirvana e Radio-
head) siano i migliori. Avete
mai sentito di fare qual-
cosa d'importante? No,
saranno gli altri a dirlo. In-
vece cosa si prova dopo
aver raggiunto un tra-
guardo? V'è già capitato?
Sembrerà una cazzata, ma
ascoltare gente canticchiare
i tuoi pezzi fa piacere… Cosa
contiene il più pesante
carico sulle spalle che vi
siete portati fino ad oggi?
Le casse...quelle sono molto
pesanti...Fortuna e Sfi-
ga...esistono, si compen-
sano? Amiamo i gatti ne-
ri...La richiesta più strana
che avete fatto e ricevu-
to? Ci hanno chiesto di fare
karaoke...ovviamente abbia-
mo rifiutato...Credete che
dimorando in una buona
posizione economica si
possa fare musica al me-
glio? Dipende, è ovvio che
ottimi strumenti aiutino...ma
fortunatamente la qualità di
ciò che fai non dipende dagli
strumenti...bensì dalle idee.
Ciao e grazie!! Car Queen
Killers
Intervista a cura di Vincenzo
Calò
L'ultima volta che
hai perso il senso
di orientamento...?
Oggi... ma non è mai
una perdita. Se per-
do, trovo. E' il conti-
nuo senso delle cose,
tutto si trasforma. Le
risposte ti devono
arrivare per forza,
quali muri vuoi far
crollare? Le risposte
non devono arrivare,
sono qui, sei tu che le
trovi. Ma non sono
interessata tanto alle
risposte, "la risposta"
è un punto di arrivo,
mi interessa di più la domanda, il viaggio, vivendo gli eventi intensa-
mente, "on the road". Non cerco risposte. Come scrive Neruda “Io qui
non vengo a risolvere nulla. Sono venuto solo per cantare e per farti
cantare con me. Mi batto contro il muro della mediocrità e del conformi-
smo, contro la tristezza degli snob”. L' unica risposta è il rock'n'roll !
Quando componi punti pure sull'ipotetica diffidenza del pubblico
all'ascolto? Quando compongo non penso al pubblico, in quel momen-
to siamo la stessa cosa. Sono "connessa"... una storia, un' immagine,
un momento, una voce, una necessità, la forza di una cosa vera, la
melodia forte e semplice, diretta e bella che la racconta. "Take your
song out to the wind, capture a heart -like me - visionary girl" è un
passaggio della canzone Visionary Girl che ho scritto con Matt Lindsay,
è quello che sono. cercando sempre di essere onesta con me stessa,
seguendo la mia visione. Manca veramente poco a...? All' uscita del
disco. E' stata dura. Sono stati due anni di lavoro, di ricerca e di sacrifi-
ci. Sono contenta della produzione, dei musicisti, di tutte le persone che
hanno condiviso con me questo viaggio. Ora aspetto settembre! Pensi
che la tecnologia non si fermerà più, andrà avanti a spese di chi
e di cosa? Il mondo va avanti, cambia e la tecnologia non si fermerà. A
spese di chi non saprà come utilizzarla e di chi non potrà permettersela.
Nel campo artistico oggi posso registrare velocemente, imparare, cono-
scere con più semplicità; posso spendere molto meno per produrre un
disco e restare in contatto con le persone, conoscere e rielaborare at-
mosfere e suoni di ieri, registrarli, salvarli, trasformarli. La musica è
"Connessione" e la tecnologia mi aiuta a sviluppare questa connessione.
Dipende da te, dagli strumenti che hai per capire come utilizzarla: è il
veicolo delle idee e se usato con competenza, arrivi sulla luna. La voce
del popolo: secondo te quale strumento musicale può riprodurla al me-
glio, e perché? Lei: la chitarra. perché lei suona con te, è abbracciata a
te, diventa parte di te. Victor Jara nella sua canzone "Manifesto" canta:
"La chitarra ha cuore di terra e ali di colomba", "Yo no canto por cantar
ni por tener buena voz, canto porque la guitarra tiene sentido y razón.
Tiene corazón de tierra y alas de palomita, es como el agua bendita
santigua glorias y penas." Un cantautore riesce a mettere da parte
qualsiasi polemica? No. Mai.
A cura di Vincenzo Calò.
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Si riesce ancora a estrarre buona musica dal cilindro? Oc-
corre fare per forza dei sacrifici enormi? Secondo me c’è mol-
tissima buona musica in giro, tra la tanta “fuffa”, davvero molte
buone cose, soprattutto all’estero. Personalmente amo quello che
faccio e quello che scrivo, ma non sono io che devo valutare il mio
lavoro. da quel che posso vedere ai miei concerti, la gente si di-
verte, apprezza il disco e quando va via si sente felice, per cui io
sono contenta. I sacrifici
non si fanno per scrivere le can-
zoni, non nel mio caso almeno, si fanno semmai per continuare a
fare i musicisti e a vendere dischi, ma non a scrivere delle belle
canzoni. Come si chiama il tuo nemico? …Pigrizia! Nel quoti-
diano c’è qualcuno o qualcosa di cui ti dimentichi troppo
spesso? Qualcuno? forse me stessa. Qualcosa? mi dimentico di
tante cose, ma alla fine porto tutto a termine. Ma sei ancora
contenta di fare del “bene”? Assolutamente. La mia non è tan-
to una scelta, quanto un modo d’essere. Ci pensavo proprio ieri
sera, le cose che faccio (come la Settimana Della Musica ad esem-
pio) sono faticose, ma non me l’ha ordinato il medico, lo faccio
perché mi va, lo faccio perché “è giusto così”. Sono sempre stata
una di quelle persone alle quali piace “fare”, anziché aspettare che
ci pensi qualcun’altro, a “farle”. Nonostante la fatica e a volte i
fallimenti, aiutare gli altri credo sia una delle cose più belle che si
possano fare... anche fosse solo per “occupare il tempo”. A quale
punto di un live esce fuori tutto il tuo carisma? In quale
caratteristica fatta ad arte te lo riservi? Non saprei, bisogne-
rebbe chiedere al pubblico. Di sicuro ci sono un paio di canzoni
che smuovono emotivamente sia me che gli spettatori, e questo è
bellissimo, e non credo si tratti di carisma, ma di energie, sincerità
ed intenti. Per farti un esempio, la scorsa settimana ho suonato in
un Ospedale Psichiatrico Giudiziario per la Settimana Della Musica,
e si è creata una magia che chiaramente non nasceva soltanto da
me, dai miei musicisti o dalle mie canzoni, ma decisamente dalla
commistione delle energie di tutti i presenti. Che poi è il bello della
musica! Per rispondere alla seconda parte della domanda, quindi,
non saprei proprio che dire. Faccio tantissime cose e le faccio tutte
con entusiasmo, quindi... boh? Quando componi stai
“composta”? Decisamente no, non sto mai composta, nella vita
intendo…! Di solito mi siedo a gambe incrociate sul letto o sul di-
vano, imbracciando la chitarra, con davanti un block-notes ed una
penna. Arriveremo veramente a sentire da ciascun individuo
una storia diversa? Non credo, per un semplice motivo: Le can-
zoni derivano dalle esperienze o dalla fantasia, che comunque si
rifà alla vita, e la vita è “uguale” in molti casi. Voglio dire, tante
persone fanno esperienze simili (che è uno dei motivi per il quale
la gente spesso si rispecchia nelle canzoni di questo o quel can-
tautore) e di conseguenza credo che nessuno possa dire mai di
scrivere una storia com-
pletamente “diversa”. E
poi un’altra cosa da non
dimenticare mai, cioè
che le idee stanno nell’a-
ria, e non è un modo di
dire; non ce ne rendia-
mo conto ma spesso
persone diverse magari
lontane centinaia di chi-
lometri hanno un’idea
simile se non uguale. Lo
vedo spesso accadere in
settori diversi, e quindi
perché no, anche nelle
canzoni.
INTERVISTA A CURA DI
VINCENZO CALO’
Pagina 17
Innanzitutto grazie di aver accettato la
nostra intervista… “Grazie a voi per aver-
cela concessa.” Come si è sviluppato il
progetto Koan e dove vorrebbe arriva-
re? “I Koan nascono nel 2006 con l'inten-
zione di dare un suono a delle idee che ci
tormentavano da un po'. Sin dall'inizio ab-
biamo scelto di spingerci oltre le nostre
capacità sia tecniche che compositive, cer-
cando di far confluire nei nostri brani tutta
l'esperienza d'ascolto della musica che più
ci interessava e stimolava. Questo ci ha
portato a scrivere molti brani ,ma a regi-
strarne pochi (tendiamo ad essere molto
selettivi nella scelta dei pezzi), con i quali
cerchiamo principalmente di creare dei buo-
ni prodotti, o meglio risultati, musicali. Non
abbiamo mire di successo commerciale, ci
soddisfa appieno il giudizio dei pochi “ma
buoni” che dedicano parte del loro tempo
ad ascoltarci. Un obbiettivo che ci poniamo
è sicuramente quello di migliorare e di riu-
scire a creare musica che in primis riesca a
stupirci ancora.” Krav Maga è un lavoro
autoprodotto, anche voi denunciate
nonostante la vostra posizione musica-
le geografica (Pavia ndr) l'assenza di
lanci da parte di realtà musicali come
lo siete voi? “Noi crediamo che il mercato
musicale, sia underground che commercia-
le, sia saturo di prodotti di poco valore che
purtroppo spesso oscurano l'uscita di bands
molto meritevoli. Credo che la colpa sia da
imputare in primis a coloro che scelgono di
produrre musica per poterla vendere: que-
sto li porta a conformarsi a degli standard
che sono già di per sé di bassa lega e così
non “buttano l'occhio” a realtà minori più
interessanti e magari più sperimentali. Poi
in Italia c'è la cattiva abitudine di fare dei
distingui netti , anche nella musica: o sei
“commerciale” o sei “alternativo”. E questo
è davvero sbagliato perchè porta anche il
semplice ascoltatore a scegliere o l'una o
l'altra ricetta, conformandosi ad essa e per-
dendo il gusto di scoprire ed apprezzare
musica per proprio conto.” Ho letto che in
collaborazione con un altro progetto
interessante quale Musashiden, state
creando una nuova etichetta, ovvero la
Toilet Smokers Club Records volete
svelare qualche novità a riguardo? “La
T.S.C. è un'idea nata dalla mente di Filippo
Morini, voce e chitarra dei Musashiden, che
in nome dell'amicizia e del rispetto recipro-
co ci ha chiesto di far parte di questa fami-
ly. Al momento siamo bloccati da impegni di
studio/lavoro, ma a breve e con tutta la
calma possibile cominceremo a lavorare a
nuovi progetti insieme. Probabilmente usci-
rà un nuovo split in cui compariranno nuove
tracce sia nostre che loro. Ed ultimamente
si è unito al progetto anche Marco Matti,
voce e chitarra degli Allan Glass, che con la
sua esperienza in studio di registrazione sta
aiutando i Musashiden a mettere su nastro
loro nuovi lavori.” I koan ( kung'an in
cinese ) sono, nella filosofia buddista,
dei manuali attraverso i quali poter
raggiungere la tanto aspirata illumina-
zione", questa l'ho letta sul vostro spa-
ce, ma quale illuminazione tendete a
dare musicalmente? “In realtà non abbia-
mo aspirazioni da “grandi anime”, speriamo
che qualcosa illumini noi e ci aiuti sempre a
fare meglio. Quando abbiamo scelto il no-
stro nome, lo abbiamo fatto perchè il Koan
è traducibile anche come “paradosso”. E
l'idea che la nostra musica potesse essere
in un certo qual modo “paradossale”, inse-
rendoci idee contrastanti tra loro, ci alletta-
va alquanto. Magari non ci siamo ancora
riusciti...vorrà dire che ci impegneremo di
più.” Nirvana, Melvins,Kyuss, Helmet,
Melvins...sono solo alcune delle vostre
influenze, soprattutto si sente dalla
vostra musica questo omaggiare nello
spirito questi miti, cercate di staccarvi
musicalmente da loro (anche se l'idea
personale si sente tantissimo)? O li
tenete sempre come dei punti di riferi-
mento? “Ascoltiamo tantissima musica da
sempre, generi differenti e soprattutto
“inconciliabili”. In ogni genere , o gruppo o
addirittura brano puoi trovare qualcosa che
ti colpisca e volente o nolente ti influenza.
Siamo ispirati dai Melvins così come da Mi-
les Davis, dai Nirvana come dai King Crim-
son e qui potrei dilungarmi sino a domani.”
“Koan” 2006; “Live @Spazio Musica” 2008 ;
“Krav Maga” 2009, 3 ep autoprodotti
con tanti sacrifici ma mantenuti forse
troppo nell'underground o incompresi
capolavori mantenuti nell'ombra?
“Probabilmente non abbiamo ancora trovato
quel quid in più da poter colpire “la massa”.
Poi naturalmente l'autoproduzione ha i suoi
limiti: soldi e contatti in primis. Se ci ag-
giungi inoltre che solo perché sei
“emergente” non hai la possibilità di suona-
re nemmeno in una birreria... la strada di-
venta ancora più impervia.” Nella vostra
carriera avete aperto il concerto ai Li-
nea 77 al Thunder road di Codevilla che
sensazione vi è rimasta da quella espe-
rienza? “Suonare con alcuni gruppi come i
Linea 77, o gli Zu, o i King Bong, o i Morko-
bot di sicuro t'insegna a capire che non ba-
sta la voglia di suonare ma servono anche
impegno , costanza e dedizione, insomma
“fare sacrifici”, come direbbero i più vec-
chi.” Ok ragazzi grazie della pazienza e
della collaborazione...alla prossima.
“Grazie ancora a tutto lo staff, e in bocca al
lupo per tutto.”
INTERVISTA A CURA DI ANTONIO DI LENA
Pagina 18
CIAO RAGAZZE E BENVENUTE A SUONI
DEL SILENZIO…“Ciao a te…” COME
MAI SONO QUASI 4 ANNI CHE NON
ASCOLTIAMO NULLA DI NUOVO, NO-
NOSTANTE I VOSTRI LIVE CHE PER
FORTUNA CI SONO?! “Bè, perché in que-
sti ultimi anni sono cambiate parecchie
cose...diciamo che una serie di eventi ha un
po' rallentato la nostra attività, e questo ha
riguardato sia i live (che sono ripresi a par-
tire da quest'estate) che la produzione di
nuovo materiale. A pochi mesi dalla pubbli-
cazione di "Male di Luna" abbiamo affronta-
to una grossa crisi a livello personale che ci
ha portate a mettere in discussione, paral-
lelamente ai nostri rapporti personali, an-
che il progetto musicale. Ci sono voluti un
paio di anni per appianare le cose e il risul-
tato non è stato univoco. Da una parte, io
(Tatiana) e Tanya ci siamo ritrovate ed
abbiamo riscoperto il desiderio di continua-
re a condividere la musica e l'avventura ne
La Menade. Dall'altra, Lucia e Cristina, che
nel frattempo avevano intrapreso nuovi
progetti, hanno manifestato un cambia-
mento di priorità e di obiettivi. E' stato un
periodo difficile.. c'è voluto del tempo per
ufficializzare la loro decisione di uscire dalla
band: non è facile lasciarsi alle spalle tanti
anni di lavoro e di sogni condivisi. Ma
tant'è. Passato il tempo fisiologico per dige-
rire la loro decisione, io e Tanya abbiamo
deciso di rimetterci in gioco: abbiamo ini-
ziato a cercare e provare altre musiciste,
finché ci siamo imbattute nelle nostre nuo-
ve Menadi: Chiara Milita, bassista e Federi-
ca Bernabei, batterista. Abbiamo rimesso
su una
scaletta
p e r
ripren-
dere a
suonare
dal vivo
e inizia-
to a
d e d i -
c a r c i
a l l a
compo-
sizione
di nuo-
ve can-
z o n i . ”
C'è IN
C A N -
TIERE
QUAL-
COSA DI NUOVO? “Sì, l'intenzione è di
realizzare a breve un nuovo album. Abbia-
mo già parecchie idee su cui lavorare ed un
brano quasi ultimato, in fase di missaggio.
Pensavamo di renderlo disponibile entro
poco tempo, anche se non so ancora esat-
tamente in che modo...insomma, stiamo
lavorando e sentiamo forte la necessità di
produrre qualcosa che sia in linea con quel
che siamo oggi.” QUANTO SIETE CAM-
BIATE DA "CONFLITTI E SOGNI" PER
ARRIVARE A "MALE DI LUNA"? "E' stata
una continua, e perlopiù inconsapevole,
evoluzione...il tempo, le esperienze, le per-
sone che incontri e con cui lavori, tutte
queste cose ti segnano e ti lasciano dentro
piccole tracce che spesso si manifestano
solo dopo tempo. Senz'altro quanto fatto
per "Conflitti e Sogni", l'esperienza in studio
con David
Lenci (Red
H o u s e
R e c o r -
d i n g s ) ,
l ' i n t ensa
a t t i v i t à
live che ne
è segui-
ta...tutto
ha contri-
buito a
farci cre-
scere e
maturare
c o m e
band, ci
ha fatto
acquisire maggiore consapevolezza delle
nostre capacità e ci ha portato gradualmen-
te alla ideazione e realizzazione di "Male di
Luna". Mentre in "Conflitti e Sogni" ci sia-
mo fatte "guidare" maggiormente dall'espe-
rienza altrui, essendo alla nostra prima
produzione ed essendo tutte senza dubbio
più "acerbe", in un certo senso, in "Male di
Luna" ci siamo esposte in prima persona,
curandone e seguendone ogni singolo
aspetto, dalla pre-produzione al missaggio.
E infatti ritengo che esso rappresenti una
fotografia reale di quello che eravamo al
tempo (2007) e la sintesi perfetta del no-
stro modo, di allora, di comunicare." AIU-
TA PIU’ UN CD DISTRIBUITO BENE O
UN LIVE FATTO CON TANTA PASSIO-
NE? "Un cd ben distribuito è molto utile
sempre che il nome del gruppo riesca a
circolare e, nel nostro paese, altro modo
non c'è che darsi molto da fare con i con-
certi. Se dal vivo riesci a dimostrare quel
che vali, se riesci a stupire il pubblico ed a
conquistarlo, allora quel pubblico magari
andrà anche a cercare il tuo disco nei nego-
zi e, a quel punto, sarebbe ottimo che lì
trovasse il tuo cd! Ad ogni modo, mentre ad
una non-(buona) distribuzione si può in
qualche modo tentare di ovviare con altri
espedienti (diffusione on line, vendita ai
concerti, etc), quando a mancare è la pre-
senza sul palco e la capacità di comunicare,
nascono i veri problemi… Abbiamo sempre
sostenuto con forza l'importanza dell'attivi-
tà live e, infatti, il concerto e il contatto con
il pubblico, restano per noi il momento più
importante, quello che prediligiamo ed in
cui riusciamo a comunicare tutta la grinta e
le emozioni racchiuse nella musica e nei
testi delle nostre canzoni."
Pagina 19
AIUTA ESSERE UNA BAND TUTTA AL
FEMMINILE OPPURE IL BEN PENSARE
MASCHILISTA CI METTE DEL SUO?
"Questa è la domanda che ci perseguita da
sempre… La nostra personalissima espe-
rienza ci ha convinte del fatto che essere
una band femminile può, inizialmente, stuz-
zicare la curiosità della gente e creare una
sorta di "fenomeno" che attira un discreto
pubblico agli appuntamenti live. Ma abbia-
mo anche notato che questa curiosità si
accompagna spessissimo a dei pregiudizi
reali, dettati dalla (sotto?)cultura o dall'abi-
tudine, che poi ti porti dietro a lungo e che
richiedono tanta capacità di sopportazione,
da un lato, ma anche una grande forza di
volontà dall'altro. Insomma, devi necessa-
riamente farci i conti ed affinare la fiducia
in te stesso, nei tuoi mezzi e nel tuo pro-
getto. Noi non abbiamo mai temuto i pre-
giudizi e ne abbiamo sentite di tutti i colori:
ciò nonostante, abbiamo sempre ferma-
mente creduto che i pregiudizi, assieme alle
critiche, ti offrano in fondo la possibilità di
metterti alla prova. E poi, fatica a parte, si
prova un gran gusto a lottare per abbatter-
li, dimostrando con i fatti il proprio reale
valore." COSA VI ASPETTATE DALLA
SCENA UNDERGROUND ITALIANA? LA
MENADE POTRA’ DIRE ANCORA LA
SUA? “E' difficile aspettarsi qualcosa e, allo
stesso tempo, non credo che ci si debba
necessariamente aspettare qualcosa. Il
nostro unico obiettivo è continuare a suo-
nare la nostra musica perché è il solo modo
che abbiamo per esprimere le nostre emo-
zioni. Lo faremo, anzi, continueremo a far-
lo, nell'unico modo che sappiamo: suonan-
do e sudando, sfogando nella nostra musica
le nostre idee, le nostre delusioni e le no-
stre visioni.” A QUALI BAND VI ISPIRA-
TE? A tante e a nessuna in particolare.
Ognuna di noi ha il suo background musica-
le che si porta dietro e che influenza il suo
personale modo di apportare il proprio con-
tributo all'interno della nostra musica. Ci
sentiamo essenzialmente libere di attingere
a tutto ciò che ci emoziona, ad ogni sonori-
tà che tocca le nostre viscere...senza sche-
mi, senza pregiudizi e senza un obiettivo
particolare. La libertà, di espressione, e il
piacere di sperimentarci ogni volta...forse
queste sono le vere e uniche fonti della
nostra ispirazione. GRAZIE DEL TEMPO
CHE CI AVETE DEDICATO… "Grazie a voi
per la piacevole chiacchierata..."UN SALU-
TO AGLI AMICI DI SUONI DEL SILEN-
ZIO..."Un saluto a voi con l'augurio che la
musica accompagni sempre ogni istante
della vostra vita..."
INTERVISTA A CURA DI ANTONIO DI LE-
NA
Pagina 20
Hai il grande merito di…? Sicuramente di
essere estremamente determinata e cocciu-
ta: quando mi metto in testa un obiettivo
riesco sempre a raggiungerlo e questo cre-
do che sia un enorme vantaggio nell'affron-
tare le cose, qualunque sia l'ambito in que-
stione. Applicato alla musica il discorso
rende ancora meglio: quando studio e fac-
cio gli esercizi che mi dà il mio maestro ci
metto anima e corpo e non mollo mai da-
vanti alla prima difficoltà… questo mi ha
aiutata moltissimo ad andare avanti e a
superare alcuni dei limiti tecnici che avevo
fino a poco tempo fa… sono sicura che sia
un atteggiamento estremamente positivo
per continuare a crescere sul proprio stru-
mento. Per suonare bene la batteria
devi saper più sopportare o persegui-
tare un’esibizione nella sua complessi-
tà musicale? La figura del batterista si
dice che sia la più figa, perché secondo
te? Secondo me non esiste una formula
esatta per riuscire a "suonare bene la bat-
teria"… l'importante è riuscire a tirare fuori
quello che si ha dentro, cercando di farlo
arrivare a chi ti ascolta: questo credo sia il
traguardo più bello per un batterista, ma in
generale per un musicista. Il cuore che
metti in ciò che suoni è la cosa che fa dav-
vero la differenza! Credo anche che avere
una buona dose di tecnica permetta di rag-
giungere più facilmente tale obiettivo, an-
che se la tecnica a mio avviso deve essere
più un mezzo per comunicare al meglio
emozioni e stati d'animo che un obiettivo
da perseguire, l'esasperazione in tal senso
può anche rovinare una bella canzone.
Onestamente non penso che la figura del
batterista sia necessariamente la più figa…
dipende sempre da chi è seduto dietro alle
pelli e dall'atteggiamento che ha nel suona-
re. Molte persone però sono del parere che
i batteristi riescano a trasmettere un fasci-
no maggiore degli altri strumentisti..non
saprei, è una cosa parecchio soggettiva!
Probabilmente anche vedere drummers che
roteano le bacchette o che mentre suonano
stili estremi fanno headbanging aiuta a
rimanere incantati! Alla batteria s’è rag-
giunta la parità dei sessi, o c’è sempre
stata e non ce ne siamo mai accorti?
Mmmm… questo è un discorso molto com-
plicato. Non credo che ci sia una vera e
propria parità dei sessi in ambito musicale,
soprattutto parlando di uno strumento co-
me la batteria. La maggior parte della gen-
te (anche di chi suona purtroppo) lo collega
automaticamente al sesso maschile e quasi
tutti rimangono stupiti quando vedono una
donna con le bacchette in mano. Certo,
questa può anche essere una reazione nor-
male a qualcosa a cui non si è abituati a
vedere spesso (a differenza di situazioni
esistenti all'estero, dove esistono molte più
batteriste professioniste che in Italia)…
certo è che sentire discorsi del tipo "le don-
ne non possono suonare generi come il
rock o il metal perché non sono capaci" mi
fa letteralmente andare fuori di testa! Molti
credono che siano tipi di musica nei quali la
differenza la fa un bicipite scolpito… beh, si
sbagliano! Avere una buona dose di tecnica
aiuta ad imprimere la giusta forza con il
minimo sforzo, quindi non bisogna essere
dei culturisti e tantomeno essere necessa-
riamente uomini per suonare questa musi-
ca! Recentemente ho partecipato ad un
contest americano riservato a sole batteri-
ste di sesso femminile e… c'era da rimanere
a bocca aperta!! Ho visto ragazze (anche
molto giovani) fare cose assurde, cose che
probabilmente nemmeno molti maschietti
riuscirebbero a fare! Quindi è tutto relati-
vo… poi è vero che esistono anche molte
ragazze che si presentano sul palco con un
look particolarmente accattivante, forse
anche troppo per un concerto… se poi non
sono in grado di suonare è logico che con-
tribuiscano a dar adito al pensiero "quella
fa concerti solo perché si mette tutta sco-
sciata…ma va beh, è una donna che t'a-
spetti?"… ecco, questo non aiuta certo a
combattere i pregiudizi esistenti. E’ un
danno per l’autenticità della batteria
l’avanzare degli effetti moderni? Batte-
ria e modernità possono andare di pari pas-
so… se la seconda non sovrasta completa-
mente la prima. Certo è che con la diffusio-
ne delle nuove tecnologie praticamente
chiunque può fare a meno di un batterista
per registrarsi le proprie cose, basta avere
un pc e qualche programma tipo Logic o
Pro Tools. Di per sé non è una brutta cosa
questa, se un chitarrista non trova qualcu-
no che renda al meglio i propri pezzi può
comunque fare da sé senza dover rinuncia-
re a registrare le canzoni che ha composto.
Ci sono però anche band che pur avendo un
batterista in carne ed ossa si affidano an-
che troppo alla tecnologia in fase "studio" e
magari sul cd senti delle cose mostruose
che però dal vivo non riscontri… il live è
sempre la prova del nove, lì non si scappa:
se non fai quello che è sul cd la gente se ne
accorge subito. Un altro aspetto di questo
discorso poi riguarda i suoni: molti generi
odierni (soprattutto in ambito metal) predi-
ligono la triggerazione completa dei fusti
(cassa, tom e timpano, spesso anche del
rullante) appiattendo molto il suono com-
plessivo della batteria e azzerando le dina-
miche. Sicuramente si tratta di generi suo-
nati con alcune "costanti" stilistiche che
vengono esaltate maggiormente in questo
modo… però personalmente un suono trop-
po finto non mi fa impazzire. Non sono con-
traria a prescindere all'uso dei trigger, in-
tendiamoci eh! Credo infatti che una buona
dose del suono naturale dei fusti abbinata
sapientemente all'uso di tale gingillo possa
dare ottimi risultati, solo che in commercio
ci sono batterie che suonano da paura gra-
zie al legno con cui sono costruite e sareb-
be un peccato trascurare di default questo
aspetto! Sei una di quelli che predilige
portare lo strumento da casa per poi
montarlo sul palco prendendo tutto il
tempo che vuoi, accarezzandone i det-
tagli pubblicamente…? Onestamente la
batteria è lo strumento più sfigato in questo
senso: spesso e volentieri devi fare le cose
velocemente montando il prima possibile lo
strumento e procedendo poi così più rapi-
damente alla microfonatura e al sound-
check. Di base riesco sempre ad arrivare in
perfetto orario al locale in modo da evitare
queste corse, purtroppo se ti capita un im-
previsto e trovi traffico in autostrada devi
recuperare velocizzando i preparativi. Se
però hai affianco persone che sanno dove
mettere le mani e ti aiutano riesci a gestire
meglio queste situazioni.
Pagina 21
Da chi o cosa ti vorresti ritenere davvero indipendente? Dal
dovermi sottomettere completamente ai cliché che impone il genere
che sto suonando: una cosa che non ho mai accettato e che ha in-
fluenzato alcune scelte passate è stata proprio questa. Ho sempre
cercato di avere un margine di libertà in ciò che faccio (soprattutto
all'interno di gruppi che propongono pezzi originali) ricercando il giu-
sto compromesso tra ciò che rientra nel mio stile e ciò che la gente si
aspetta dalla canzone che sta ascoltando. Uno dei miei batteristi pre-
feriti è Dirk Verbeuren (Soilwork): lui pur avendo una grande attitudi-
ne estrema (forte uso dei blast beat, degli incastri e dei tappeti di
doppio pedale a velocità molto elevate) ha anche un forte background
fusion… e la cosa si sente nei pezzi!! Le parti di batteria di questo
gruppo non sono convenzionali, anzi!! Ci sono cose che ti spiazzano il
più delle volte perché non te le aspetti… però se noti bene valorizzano
moltissimo i pezzi e danno una marcia in più alla band intera perché
contribuiscono a differenziarla da molte altre che propongono lo stes-
so genere. Questo riassume perfettamente il concetto che ho detto
all'inizio della domanda. Il batterista giocoforza ha la stessa di-
mestichezza con le percussioni manuali (tamburi, tamburelli,
bonghi ecc) ? No no… sono strumenti completamente diversi. Io ad
esempio non ho mai provato a suonare le percussioni ma penso che
avrei molte difficoltà nell'approcciarle pur suonando la batteria da 8
anni. Ci sono dietro tecniche completamente diverse e ogni strumento
è bello proprio per questo! Credo sia un po' come suonare la chitarra e
passare al basso, la logica forse è la stessa ma devi cambiare comun-
que certi aspetti. Oltre che Tullio De Piscopo, chi ha pubblicato
lavori, sessioni musicali di sola batteria che hanno lasciato un
segno nella storia? Se sì, ne puoi citare alcuni ai lettori di
“Suoni Del Silenzio”, provando a farli appassionare? Credo che
Joe Morello abbia fatto uno dei metodi di batteria più diffusi e studiati
di sempre… onestamente non saprei quali altri indicare però ce ne
sono sicuramente tanti e per tutti i gusti…mi ispira molto il recente
metodo "Metal Drumming" di Raphael Saini (batterista sardo). Mi in-
curiosisce molto e non vedo l'ora di acquistarlo, soprattutto perché il genere spiegato è quello che ho sempre suonato. Sono dell'idea
che però studiare un metodo senza avere una persona in carne e ossa che ti spieghi i dubbi che incontri man mano crei parecchi pro-
blemi e complichi un po' le cose. L'ideale è studiare con qualcuno che sa il fatto suo e che ti segue passo dopo passo.
INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO'
Pagina 22
-CIAO RAGAZZI E BENVENUTI A SUO-
NI DEL SILENZIO… “Un saluto a tutto lo
staff e a tutti i lettori”. TOP DEMO PER LA
RIVISTA METAL MANIAC, NIENTE MA-
LE… “Beh si niente male davvero, un’o-
biettivo che é arrivato senza il minimo
preavviso e senza nessuna aspettativa.
Dopo anni che leggi una rivista con stima e
rispetto per tutti coloro che ci lavorano su
é una gran bella soddisfazione poter vede-
re la tua faccia, il tuo gruppo e il tuo cd
stampati sopra affiancati da una bella scrit-
ta rossa che recita “MANIAC DEMO” .” -
TIRATEMI LE SOMME DI QUESTI 5 AN-
NI DI ATTIVITA' MUSICALE.. “Guarda,
tirare le somme é un’operazione difficilissi-
ma quando hai fatto di tutto e di più, tra
split e cambi di lineup e di genere é stato
un periodo davvero travagliato un po' per
tutti. Comunque sono stati 5 anni necessari
per maturare un po' ognuno di noi come
musicista. A livello tecnico e compositivo
abbiamo fatto passi davvero notevoli e
continuiamo ancora a farne.
Comunque dai, sono stati anni
di soddisfazioni alla fin fine,
l’aver prodotto 2 cd, l’aver suo-
nato anche al fianco a tanti
gruppi fantastici e l’aver vinto
un concorso regionale sono sta-
te le tappe salienti di questi 5
anni che non hanno fatto altro
che gratificarci per il duro lavoro
svolto da ognuno di noi.” DAL
ROCK ALL'INDUSTRIAL PER
POI PASSARE AL DEATH ME-
TAL A COSA DOBBIAMO
QUESTA METAMORFOSI?
“Quando si é ragazzini si é facilmente in-
fluenzabili, senti un gruppo e lo consideri il
tuo preferito e due mesi dopo sei punto e a
capo con un altro. In più i cambi abbastan-
za repentini dei membri della band non
hanno certo aiutato a trovare una stabilità
da questo punto di vista. In più é stato un
processo mosso sempre dalla voglia di
sperimentare, di cercare di salire ad un
livello successivo. Questo unito alla voglia
di migliorarsi ci ha aiutati a raggiungere li
connubbio perfetto per noi.” -RAGAZZI LA
PUGLIA NOSTRO MALGRADO REGALI
DELLE FIGURE MUSICALI DA BUSI-
NESS, è ANCHE UNA TERRA DOVE CI
SONO CENTINAIA DI TALENTI RAC-
CHIUSI IN CANTINA VOI COSA PENSA-
TE DI QUESTO? “Eh...la dura verità...Qui
da oni ci sono band che meriterebbero più
di ciò che ottengono ma l’italia é forse il
luogo più sfavorevole allo svilutto di un
certo tipo di cultura e l’ennesima dimostra-
zione sono i recenti avvenimenti che ri-
guardano il Sikelian Hell metal festival. Per
fare una band metal in italia devi avere più
palle che cervello. E’ ovvio che vedendo ciò
che succede da queste parti le etichette
estere non hanno una grande stima dell’i-
talia e di conseguenza non puntano su
gruppi nostrani nonostante avremmo molto
da dire; forse molto più rispetto a regioni
estere che oramai hanno dato il meglio di
se con le prime leve e, apparte qualche
notevole band recente, non fanno altro che
tirare fuori il classico MORE OF THE SAME.
La speranza che ci sia una rivalsa della
cultura musicale del belpaese ovviamente
rimane.”- PROGRAMMI FUTURI PER I
P E R F E C T B R E E D ?
“Attualmente non abbiamo le idee chiaris-
sime, ma posso dirti che stiamo compo-
nendo per un prossimo lavoro in studio e
stiamo cercando date in giro per poter pro-
muoverci a dovere.” -MY SPACE VI AIU-
TA COME BAND O RISCHIA DI ESSERE
UN SITO CONFUSIONALE VISTO I MI-
GLIAIA DI GRUPPI MUSICALI CHE CI
SONO? “Beh, entrambe le cose. I difetti
sono un prezzo da pagare per una visibilità
a livello mondiale. Internet in generale é
una manna e una maledizione allo stesso
tempo visto il suo bacino di utenza il grup-
po emergente é felicissimo di usarlo, ma la
band sotto contratto che trova in free do-
wnload tutte le sue fatiche musicali,
beh...capisco che gli girino un po le palle.”
-GRAZIE RAGAZZI PER IL TEMPO CHE
CI AVETE CONCESSO ALLA PROSSIMA..
“Grazie a voi per lo spazio e in bocca al
lupo per tutto. Stay metal!”
INTERVISTA A CURA DI Antonio Di Lena
Quando vi sentite bene ragazzi? Quando nel quotidiano sorpassate qualcuno, ve ne infi-
schiate altamente di costui? Quando facciamo rock e tutti i pensieri di vita quotidiana diventa-
no nulla! Se è stato sorpassato ce ne infischiamo...pensiamo a chi ci sta davanti e lo puntia-
mo...perché c'è sempre qualcuno davanti! Ma è proprio necessario fare un bilancio di quan-
to si spende? E' meglio non farlo mai....se no ci si deprime! Rispettate filosofie e idee origi-
nali nel comporre? Solo idee originali...le minestre riscaldate non ci piacciono! Gli eroi di oggi
sono quelli che perdono le battaglie giudiziarie? Non esistono eroi… Da cosa dipende la
possibilità di continuare a fare musica? Dalla voglia di suonare e basta...non per lavoro ma
per VOGLIA DI FARE ARTE. Oramai la gente s'è accontentata di crescere in termini minori?
Mi fate un esempio pratico di quest'ultimi? Tutti i poveri lavoratori! L'obiettivo è arrivare a
fine mese...non realizzare sogni! Mai subito minacce sulla propria pelle? Non ancora…La
realtà supera sempre la finzione? Speriamo proprio di no...se la realtà vince siamo tutti fottu-
ti! Cercateli pure su MySpace...! Intervista a cura di Vincenzo Calò
Pagina 23
In che consiste
la tua preroga-
tiva artistica?
Nel cercare di
riuscire a fonde-
re musica e te-
sto in modo tale
che l’una sia
l ’ e s p r e s s i o ne
i n s c i n d i b i l e
dell’altro. Cioè la
fusione profonda
ed emozionale
delle due parti.
Anche nella
musica italiana
c’è bisogno di
r o t t a m a r e ?
Sicuramente sì,
ma non esiste
un giudizio unico perché ogni persona ha i suoi gusti, che vanno
rispettati. Con quale strumento pensi che si possa arrivare a
“dirle di tutti i colori”? Con gli strumenti che creano i colori
dell’amore della sincerità e del rispetto delle proprie e delle altrui
idee. Valori che, in questa società ormai decadente, se venissero
usati, si potrebbe dirne e farne di tutti i colori. Chi decide davve-
ro che un lavoro discografico è buono, nei tuoi pezzi ti senti
di avere totalmente ragione…? Chi decide davvero? Questo è
uno dei tanti misteri del mondo discografico. Quando scrivo una
canzone, non penso ad avere ragione di qualcosa ma cerco soltan-
to di esprimere i miei sentimenti e stati d’animo. L’ultima volta
che hai fatto la fila, ce la racconti…? Non esiste per me un’ul-
tima volta che ho fatto la fila, perché è un rito che si ripete ogni
giorno della mia vita, da quando ho deciso di essere un musicista:
è l’ispirazione che mi spinge a cercare di scrivere una canzone,
che esprima le mie emozioni più profonde che possano essere
condivise ed arrivare direttamente al cuore di chi la ascolterà. Le
persone serie ti devono per forza fissare negli occhi? Se ti
riferisci quando devono dare un giudizio artistico allora sì. Ma una
persona può anche dire “Ti amo” con gli occhi abbassati ed arros-
sire per la paura di un rifiuto. A che serve un malessere esi-
stenziale? Noi artisti abbiamo la fortuna di rendere catartico un
malessere esistenziale trasformandolo, attraverso il dolore che ci
procura una forza che ci permette di fare uscire allo scoperto, con
il nostro lavoro, i sentimenti più nascosti. Nella cronaca dei sen-
timenti c’è qualcosa che ti annoia? La cronaca dei sentimenti
può prendere strade a volte inaspettate, sconosciute, imprevedibi-
li, per questo se i sentimenti vengono vissuti profondamente non
c’è niente nella sua cronaca che possa annoiarmi.
Intervista a cura di Vincenzo Calò
M.GAZZE’ “Max Gazzè”.
ANALISI DEI TESTI
Portando a essere quello che dobbiamo, ossia delle guide al corteggiamento, non riusciamo a
stare zitti un momento, e cadiamo volontariamente in molteplici fini, nella certezza di realizzare
trasparenze d’Infinito per rivisitare l’imperfezione delle cose in continua evoluzione se prese
come beni quotidiani, per categorie standard e in termini di risparmio energetico. Nella condizio-
ne di sopportarci cerchiamo un evento interessante da scartare alla base per rappresentare del
misticismo in pratica, dall’aspetto logicamente supposto. Nella funzione di protezione l’Amore si
appropria di un modus operandi con la parola sull’onda di un quesito che soffre l’estinzione cli-
matica scaricabile il bisogno, oggettivo e fuori discussione, di gestire la società in Terra, nella
prassi di quello che succede muovendoci sul serio, specialmente…ed è così che diamo l’assalto
devastante all’Anima dai toni scuri, degni da mettere a fuoco se capissimo come fare il pieno
d’entusiasmo in scelte obbligate a seconda dei vari prodotti di consumo. Ancorati ad un beneficio di massa, siamo veri in parte modu-
lare, giustappunto per avere un motivo per personalizzare il senso di quiete che dà il là all’approccio orientativo tranne che per molti
disadattati alla parità di contatto prima che di durata di un gesto di cortesia esposto ottemperando ad una crisi di possesso specificata
per residui organici esaminati a livello genera-
le, nascendo e morendo per una data proce-
dura, per avvisare di nascosto su arrivi e par-
tenze lungo una scia di saliva ricreata a segui-
to del notevole ruolo divulgativo che conta
sull’aiuto dei perdenti, quelli che non detengo-
no le regole auree del singolo individuo e si
firmano sulla pelle per un servizio utile alla
Coscienza, per avere chiaro una surroga di
distinguo, disponibili a fare tutto contestual-
mente ad un cambio di garanzia, attrezzati per
ottenere gratuità e combattere in ogni senso.
Vincenzo Calo’
Pagina 24
Secondo voi, chi si assume tutte le responsabilità nel va-
riegato (?) mondo discografico è in realtà un gran paracu-
lo...? Che cos’è il mondo discografico? Non lo conosco il mondo
discografico, in realtà ognuno sceglie la strada che vuole, la stra-
da che può. Devi chiederti qual è il senso del tuo far arte, qual è
la meta. Devi vedere cosa sei disposto a cedere per raggiungere
la meta, altrimenti ti ritrovi con uno che ti dice cosa e come fare
e lo devi pure pagare, oppure ti ritrovi in un mondo che non ti
appartiene. Credo che l’unica visione di quello che vuoi fare con-
sista nell’autoproduzione. Nel momento che scegli come collocar-
ti, ti sei assunto le tue responsabilità. In generale rispetto tutti e
scelgo quello che sento giusto per… cattivo costume! V'è mai
capitato d'essere stati fraintesi artisticamente, magari al
momento d'esibirvi? Ci fraintendiamo abbastanza da soli…
nella vita trovi sempre chi ti ama, chi ti odia e chi “nun te se fila
proprio”. Devo dire che quando portiamo in giro il nostro concept
“In bilico”, una rappresentazione che fonde i nostri pezzi con rea-
ding poetici videoproiezioni e teatro danza, trovo sempre una
grande attenzione e un gran rispetto da parte di chi resta ad
ascoltarci. Poi possiamo piacere o non piacere, ma è un altro paio
di maniche… sicuramente il nostro non è intrattenimento, lo defi-
nirei più un trattamento d’anime per chi ci viene a vedere. La
vostra strumentazione è dotata di una ragione esclusiva-
mente atmosferica? Alla ragione ancora ci dobbiamo arrivare,
questa band nasce con una formazione rock a 2 chitarre, basso e
batteria… dal 2011 stiamo sperimentando grazie ad una serie di
collaborazioni tante possibilità sonore… la scelta dei suoni varia di
concerto in concerto, a seconda della situazione e delle anime in
gioco. Possiamo essere in undici, e fare un viaggio nel suono a
partire dalla prima forma ch’è il canto, e poi passare a tamburi e
tammorre, con l’elettrico, l’elettroacustico o in tre in versione
acustica ed essenziale… tutto questo concorre ad uno spettacolo
sempre vivo e in divenire. Come subentrano dei nuovi ele-
menti d'ispirazione nel vostro caso? Grazie all’universo, la
terra, il sole, la luna, la vita, le stagioni dell’anima, l’andare cicli-
co del mondo, il cammino dell’umanità… Percepite altrove la
voglia d'essere guidati nella comunicazione? Nel senso se
c’è qualche entità che ci guida in quello che facciamo? Può
essere… percepiamo nell’underground un’esigenza e una voglia
comune che andrebbero unite e canalizzate per creare nuovi spa-
zi e nuovi servizi per dar voce agli invisibili e ai non
catalogabili, a proposito di questo mi piace citare Ezio
Noto e il suo “Dedalo Festival”, Fabio Fuzz Fanuzzi di
“Fuzz Studio”, che lavorano in tal senso. E Renè Miri,
da quest’anno direttore artistico del “Rito Della Luce”.
Vi sentite sempre in grado di badare a voi stessi? No,
ma senza incoscienza non scruti nuovi orizzonti… sia-
mo un gruppo che fino ad oggi ha curato tutti gli
aspetti (creazione, produzione e promozione), ci vuo-
le una grande energia mentre lotti per sopravvivere…
il nostro è un progetto nato nel 1993 e viaggia di pari
passo con l’andare delle nostre esistenze. Siamo in
cammino, vedremo cosa ci riserveranno i nuovi incon-
tri. Vi augurate che non venga registrato/a...?
Se ci registrano ci fanno un favore, in rete ci sono un
bel po’ di nostre cose, tutto in creative commons, per
la libera diffusione delle arti. Comunque se mi è pos-
sibile preferisco far uscire le cose nuove prima sui
nostri canali ufficiali… a breve ad esempio ci sarà il nostro ep
“Livello 0”, terzo atto sonoro di questa saga, “In bilico”, per la
quale stiamo lavorando alla produzione finale, che sarà un cofa-
netto dvd contenente un cortometraggio prodotto con Insania
Project, nostri fratelli di cammino, costituito da immagini dai vari
live che abbiamo fatto, quadri di pittori che hanno collaborato
con noi concedendoci di proiettare le loro opere negli spettacoli,
ossia di Cuba (Antonio Umberto Bruno Colosimo) e del maestro
Umberto Verdirosi… ah, poi verrà incluso un libricino con le poe-
sie degli autori presenti in questa rappresentazione, che sono:
Margherita Sagnibene, Claudio Gabola, Mariella Soldo, Martina
Campi , Valentina Gaglione, Umberto Verdirosi e me, oltre ai bra-
ni del viaggio Cattivo Costume…! Dicendo la verità cosa può
succedere oggi, di aver posto le basi ad un diritto di popo-
larità? Si esiste nella propria esperienza, nella propria verità ed
onestà intellettuale, se in questo processo qualcuno si identifica e
si riconosce… ben venga. Poeticamente se fai impazzire la
parola viene meno un dato tipo di armonia? La sana follia,
quella che rompe schemi di oppressione ed omologazione, è l’ar-
monia dell’attimo tuo e del tuo universo. Lavoriamo con gli ar-
chetipi, con i concetti… lavoriamo per far sì che nelle nostre esibi-
zioni la parola si fonda con il suono, con l’immagine e il movi-
mento alla ricerca dell’unità… cerchiamo di rappresentare, per
quello che abbiamo vissuto e viviamo, l’eterno viaggio dell’uomo
per mare e il suo approdo alla terra… nel nostro umile piccolo…!
Esistono vittorie e/o sconfitte in ogni senso? Vincere o per-
dere non ha senso, se segui la tua strada tutto è semplicemente
vita, vissuta e arsa… sono concetti che implicano aspettative, e
qui aspettative non ne abbiamo, se non quella di migliorarci co-
me esseri umani e vivere l’arte nel suo senso più sublime… cura-
tivo ed evolutivo. Cosa significa venire dal nulla? Disegnare la
tua strada, creare il tuo spazio anche se nessuno ti ha dato nulla
e se non sei il figlio di…! Significa caparbietà, avere un’esigenza
interiore alla quale proprio non puoi rinunciare e portarla avanti
finché puoi, cercando di non cadere nella vanità dell’ego… perché
l’intento smuove l’universo. Confermo di essere nel pieno delle
mie facoltà mentali, per quello che si può! Ringrazio, a nome di
tutto il collettivo itinerante di Cattivo Costume, la vostra redazio-
ne per questa intervista. A cura di Vincenzo Calò.
Pagina 25
Come si getta scompiglio nel
Tempo? Sconvolgendolo. Sta a
tutti noi capire come. La tua
coscienza ha mai prodotto dei
mostri? Si, ma rimangono sem-
pre ben nascosti lì perché altri-
menti potrebbero distruggere ciò
che ho e che c'è di buono in me.
Esistono forme espressive
impareggiabili? E' una domanda
a cui non saprei rispondere, sin-
ceramente. Dovresti chiederlo a
qualcun altro, è una questione
che non mi pongo. Qual'è la
prima e l'ultima caratteristica
che trasudi sul palco? Sicura-
mente la sincerità e la voglia di
emozionare ed emozionarmi.
Credo che sia alla base di tutte le
mie esibizioni sia da solista che
con il mio altro progetto, i Silen-
zioInsipido. Del resto, ho iniziato
a scrivere canzoni, ben nove anni
fa a 14 anni, proprio per questi
due bisogni: prima come sempli-
ce passatempo, quasi come gio-
co, poi per il bisogno di emozio-
narmi e per raccontarmi le mie
stesse emozioni e per risentirle,
quasi come spettatore della mia
stessa vita. Quando ti lasci
prendere dalle ondate d'ispi-
razione? Se intendi come mo-
mento della giornata, ti rispondo
che il 90% delle mie canzoni sono
state scritte di notte, perché i
telefoni sono spenti, i citofoni non
suonano, i familiari dormono,
nessuno mi cerca e ho l'atmosfe-
ra giusta per dedicarmi totalmen-
te a me stesso. Se invece intendi
in quali situazioni della vita di
tutti i giorni, non c'è un criterio
preciso: posso scrivere dopo un
litigio o dopo una passeggiata, o
dopo che non sia successo asso-
lutamente nulla . Cos'hai da
limare? Questo me lo dovresti
dire tu! Scherzi a parte, ho 22
anni e so di dover crescere arti-
sticamente ancora tanto. Il cam-
mino per me è ancora lunghissi-
mo: così avrò tempo per scrivere
altre canzoni brutte! Come con-
vinci la società a spogliarsi?
Non convinco nessuno, sarebbe
una partita persa in partenza, e
che forse non mi interesserebbe
nemmeno. Il procedimento, se-
condo me, è inverso: chi ha già
deciso di "spogliarsi" magari tro-
va piacere ad ascoltarmi (o me lo
auguro, perlomeno). Gli altri,
semplicemente, ascoltano o fan-
no altro, e va benissimo così.
Bisogna essere per forza (e
quindi a tutti i costi) realisti?
Anche in questo caso, ti rispondo
in due modi, a secondo di come
vogliamo intendere il realismo.
Se intendiamo il realismo come
l'essere veri e sinceri, allora ti
rispondo che nella musica è indi-
spensabile: un musicista che non
è sincero muore dopo poco. Se
invece lo intendiamo come biso-
gno di raccontare la realtà, allora
il realismo non è poi così impor-
tante: potrei scrivere una canzo-
ne che racconta il presente dove
tutti ci vogliamo bene, siamo tutti
belli, carini e simpatici e nessuno
griderebbe allo scandalo.
Vincenzo Calò
Pagina 26
Quando la musica si lega al cinema, c'è
un'Arte che perde di smalto e l'altra
che invece ne guadagna? A volte può
accadere, ma nel caso dei cult movie di
Quentin Tarantino, direi che ne guadagna-
no entrambe abbondantemente. Basti pen-
sare alla scena ne "Le Iene" in cui
Mr.Blonde taglia l'orecchio al poliziotto sulle
note di "e"una sequenza cinematografica
impossibile da scindere in immagini-
musica: è un insieme esplosivo ed è diven-
tata un classico del nostro show. Og-
gigiorno ci possiamo mettere nel-
le condizioni di fare spettacolo
all'improvviso? Sicuramente non è il
nostro caso dato che cerchiamo di
curare lo show in ogni minimo detta-
glio. Lavoriamo molto durante le pro-
ve per poterci concedere delle
"divagazioni" durante i live ed il risul-
tato è buono....a volte!!!! E' giusto
descrivere le tragedie sociali iro-
nicamente? Evviva l'ironia, non ba-
sta mai. Il mondo va avanti in ogni
caso, tocca a noi decidere come vi-
verle. Credete che la musica mo-
derna sia così lineare e parallela
ad un modo schematico di ven-
dersi al punto tale che ogni con-
cezione emotiva viene meno? No
assolutamente! Ormai i canali di ven-
dita sono molto vari e l'Artista si può
permettere di uscire un bel po’ dagli
schemi preconfezionati e comunicare
emotivamente "senza filtri", diretta-
mente all'ascoltatore. Certo, bisogna
avere qualcosa da dire...(forse è que-
sto il punto). Vi siete mai sentiti
strumentalizzati da qualcuno, per un
determinato contesto? Preferite il gior-
no o la notte? A volte, purtroppo capita.
La musica, come altre forme d'arte, soprat-
tutto negli ultimi anni non gode di partico-
lari attenzioni, anzi. Ovviamente chi opera
in questi settori ne subisce le conseguenze.
La notte ci piace un sacco!!! Il vostro re-
pertorio va costantemente monitorato
e curato per un progetto che amplifichi
ulteriormente lo spirito della band, o
avete raggiunto quello che desiderava-
te e continuate solo ad omaggiare il
vostro immaginario? Siamo in continuo
movimento, ci piace cambiare anche quello
che fino a qualche mese prima considera-
vamo intoccabile. In quattro anni di attività
abbiamo modificato/aggiunto/eliminato
parti dello show molte volte e nonostante
tutto, non ci sembra mai abbastanza!!!!
Mai avuto a che fare con un mito del
vostro tempo, di persona? Bè, c'è il ma-
cellaio della rosticceria equina dove spesso
ci riuniamo per pianificare i "colpi" che fa
degli arrosti eccellenti. Davvero un mi-
to… Il pubblico come e quanto contri-
buisce nelle vostre esibizioni? Il pubbli-
co ha un peso enorme per la buona riuscita
dello show;in ogni nostro live c'è sempre
qualcuno che viene preso "gentilmente"
dalla platea, per interpretare la parte del
poliziotto, nella scena del taglio dell'orec-
chio, diventando parte integrante dello
spettacolo. Abbiamo tre tipologie di pubbli-
co fondamentalmente: Quelli che sulle note
di "Never Can Tell" pensano al twist della
coppia Thurman/Travolta in "Pulp Fiction";
Quelli che sulle note di "Never Can Tell"
pensano allo spot dei pavesini di qualche
tempo fa; Quelli che sanno chi è Chuck
Berry. Nel 99% dei casi va a finire che bal-
lano insieme e noi insieme a loro in un me-
ga twist collettivo ed è la cosa che ci fa più
piacere in assoluto!!!!
INTERVISTA A CURA DI VINCENZO CALO'
Pagina 27
All’ingenuità
Mangia piano i tuoi poteri
ad un impatto zero e in un laboratorio aperto
alle influenze degli oggetti negati
all’ingenuità.
Contengo favori di una memoria che sorride stancamente
che mi abbassa alle vie di mezzo
tra lame superflue, per invitarci
all’avvicinamento delle fredde trasparenze
quelle che non augurano le loro origini.
Distese di forza di volontà prometti
mentre giro il mondo coi suoi segreti
che danno soddisfazione alle nostre qualità ubriacanti
sotto uno strato di salute spaesata.
La felicità è una bella nuvola che riecheggia
quando non ti sembra doverosa e mi presento
ad un orgoglio sul quale s’investe senza che si realizzi
tra le nudità del piacere cieco ma intelligente
alla vista del Sole colorato di bianco, messo in ammollo
negli occhi, assieme alle ossa che si succedono
succhiate dalla Natura, in un angolo di terra.
Dimmi dei tuoi mutamenti
nell’idea di far riposare delle distanze
perché non voglio spegnere il nostro Destino.
VINCENZO CALO'
Abbiamo una voce che non si curva, che affolla i nostri affetti per metterli an-
che a tacere, legandoci le mani, nessuno ce la dà sul serio a fissare dei soste-
gni. Però siamo ancora in tempo a procurarci le cose necessarie per vederci
buoni in ogni gesto contestabile da poteri assoluti che stanno per crollare,
mentre un piccolo demone esulta in grande accogliendo fallimenti in mobilita-
zioni popolari…
La sintesi di un messaggio liturgico
Non è conforme ai comportamenti del pensiero
Pagine di diario caratterizzate dall’irritazione
Per ricavarci la capacità di amare…
Vieni a purificare questa sofferenza
In un fastidio che ho finalmente riconosciuto
Fra sole e pioggia
Fino alla sera di oggi.
Sottovalutiamo le diffusioni di un virus
Per rinsaldare rapporti già buoni
Per una sorta di testamento spirituale
Lettere consegnate ma mai rese note.
Sono qui, con una mia vecchia conoscenza
A combinare impegni
Per meritarsi una bella sculacciata
Dall’atmosfera che possiamo vincere.
Sotto il naso passa la perfezione
E potrei fingere di non conoscerti
Per dover riflettere
E restituirci assicurati
Da cose disdicevoli che ci denudano
Da facce che non ti resistono
Tra il dispiacere ed una consumazione.
E se Dio non fosse sé stesso?
Interpretiamo l’umano comportamento
Come provocazioni dure e disonorevoli
I precetti non s’incontrano davvero
E cammino per altre vie
Per afferrare la Vita
Con labbra sincere.
Non avermela a male
Se c’è una bestia che ti guarda
Se nei pantaloni non c’è nessuno che faccia qualcosa di speciale…
Verrà ai nostri funerali
Perché alle interruzioni ti ritrovi uccisa
Da chiamate anonime.
Finisce sulla carta quel minimo di buon senso
Che ti tira fuori le forze
Per sentirti libera
Su terreni delicati
Tra i pensieri che si son fatti alti e insostenibili
Di aspettare che il PC si carichi
Per sferrare la superiorità sui popoli
Nell’osservanza rigorosa di queste norme
Nei racconti di un’aspra polemica
Con le mani lavate
Con il cuore, progetto di salvezza
Ad accreditare le notizie
A tornare un valore tradizionale
Sui combattimenti arrestati, destinati
Agli spostamenti del caldo
Sulla criticità delle mie condizioni
In una freccia che puoi scagliare
Ai bambini di una guerra fra scommesse indulgenti.
Lascia fare a noi
Che l’Oriente ci porta temporali
Alla speranza di ripeterci
Che supereremo i ritardi
Di questi appuntamenti amichevoli
Per revocare misure estreme.
Il pieno si fa prima di cominciare
Non sei stata chiamata a consegnarti
A votare tutte queste opposizioni.
VINCENZO CALO' (poemetto tratto dall'opera edita "C'è da giurare che siamo
veri...")
A beautiful mind
Dichiarando la paura di superare qualsiasi paura si ricom-
pone la possessività dei sensi di colpa per dei coinvolgi-
menti reali, che s’interrompono ragionando tra sé e sé.
Una sorta di protezione sintomatica danneggia quell’inge-
nuità che farebbe comodo improvvisamente. Le congratu-
lazioni si accettano se in mezzo a tanta sincerità da razio-
nalizzare sposi il segreto di un male curabile brandendo
deja-vù da grandi lavoratori di una benedizione mai acci-
dentale. Puoi immaginare gli stati d’animo di Russell
Crowe durante uno spettacolo di orgoglio e superbia che si
riprende per una soluzione che difende il soggetto del film
dalla livellatura storica resa drastica per far parte di un’i-
dentità culturale esaudibile col genio matematico, concre-
tizzato tramite piani sequenza di uno sforzo notevole, la
cui gestione corrente fa capo ad una premura deliziosa,
che verrà meno una volta cristallizzato lo stato attivo del
fallimento dell’uomo in quanto tale, che accetta confronti e
critiche senza adottare misure, delegittimato da un’abilità
vocazionale, tesa allo sviluppo di progetti e idee pervenuti
per richieste di approdo non sponsorizzate ideologicamen-
te. La guerra fredda è un avvenimento singolare che pro-
cede sulla scia di una responsabilità senza più luce, che si
consuma attraverso semplici aggiornamenti sull’impegno
che non stai a segnalare, tralasciando la pressione di una
riconoscenza sensazionale solo in ambito professionale. La
deduzione del dolore mentale evidenzia una messinscena
rifilabile come opera divorata da un principio di vecchiaia
che decidi di confessarlo in maniera del tutto logica, rive-
dendo in ogni passaggio di Vita un paladino della Giustizia
che vince la sua sventura. I fantasmi chiave sono armati di
spionaggio, pronunciati verso un’esperienza nervosa che si
taglia a fette, ad ingannare la tenerezza del racconto uma-
no che si afferma da subito, come se ben pochi lo mettes-
sero in conto per dettagliare una drammaticità perfetta, da
commedianti. Al centro dell’attenzione pullula una perso-
nalità che non sa il fatto suo, ma che implica il coraggio
delle opinioni, degli sfottò, dei buoni sentimenti, per la-
sciare un segno sul mondo che gira, da comprovare.
Vincenzo Calò
Pagina 28
P I N K F L O Y D .
“The Wall Immer-
sion Edit”.(EMI).
La bellezza di sei cd
+DVD , il sogno dei fan
dei Pink Floyd si realiz-
za del tutto, contiene
pezzi dei demo e le speciali versioni di Thin
Ice e Goodbye Blue Sky , senza effetti sulle
voci, capolavori di una band mito nel rock
storico. Antonio Di Lena VOTO 8/10
SALVATORE IAIA.
“Libera Espressio-
ne” (Demo). Oggigior-
no la difficoltà di muo-
versi sul piano della
tutela dei diritti è desti-
nata a grosse imprese
sotto il profilo dell'ordi-
ne pubblico, all'ordine del giorno. Per un
maggior allargamento della nostra facoltà di
rispondere su come invertire la rotta si deve
tornare ad essere solari, con le competenze
arricchite di ciò ch'è rimasto vivo: il permes-
so di soggiornare in un diretto coinvolgi-
mento, per orientarsi in materia di forma-
zione e lavorare sui giovani, come se fosse-
ro marce da ingranare culturalmen-
te.Salvatore Iaia, in preda ad un'arsura lati-
no-americana, assiste a dei pregiudizi intra-
montabili, vorace acusticamente, sotto l'a-
spetto interpretativo, con un delirio all'origi-
ne d'armonizzare al momento giusto, per far
scattare la molla del peccato d'ingenuità, in
questo caso di barcollare sulla linea dell'o-
rizzonte ch'è facile arrotolarla a spirale,
mentre i fumi della malinconia s'incentivano
per cacciare il timore di non raccontare le
vicissitudini dei suoi desideri, come faceva
De Andrè, che si faceva male per voler be-
ne, e inserire l'indipendenza logica tipica di
Rino Gaetano, per colorare un pianto libra-
torio (non è un errore di battitura, volevo
scrivere proprio "libratorio"), per non bana-
l i z z a r l o . I n t e r e s s a n t i s s i m o …
Vincenzo Calò /VOTO: 8+ /10
SUSHY “Faccio Quello Ke Voglio” (We
C a n R e c o r d s / U n i v e r s a l )
Se c'è bisogno di un tormentone da infilare
in campagne promozionali per prodotti di
largo consumo pubblico richiedetelo a
sushy.Lei canta "faccio quello ke vo-
glio"...non sembra,è
chiaro che si sta facen-
do assorbire da esigen-
ze discografiche che
sfrecciano senza lan-
c ia re un r i co r -
do.Indubbiamente è
portatissima al microfono,ma temo che non
trasmetta appieno quel senso di ribellio-
ne,rimarcato volentieri con uno stile che
esalta invece la sua immagine esterna. I
messaggi (a forma di sms) si fanno prosciu-
gare,incattiviti debolmente con toni leggeri
da chi punta al profitto piuttosto che enfa-
tizzare certi difetti umani per migliorarsi
ulteriolmente andando oltre i canoni d'im-
patto predisposti.Fa quindi tenerez-
za,ingurgita una verve rockettara ma si
trucca tamponandosi la coscienza con il r&b
e il funk,come se avesse paura di svanire
nell'acquario delle illusioni. L'interpretazione
è compressata dal raggiungimento stracotto
di un obiettivo, e si lascia divorare crudel-
mente dalla banalità di gesti che minano il
rapporto di coppia,come dalla sensualità
moderna che eleva l'individuo fino a render-
lo impalpabile in un fluire stressante di fi-
ghettoneria. Aprendo questa dimensione,il
chiacchiericcio prende a pulsare nelle tem-
pie e sogni d'essere vincente.
Vincenzo Calò VOTO 7-/10
NATALIE IMBRU-
GLIA “Left of the
Middle” (BMG) Il
cuore della realtà di
questa artista austra-
liana batte in un an-
golo remoto della sua
stanza, e lei ci rientra
nel calcio che gli dà, per destini avversi da
rivedere subito in sfida, in buona sostanza,
dal tutto del niente. Ascoltandola ti sciogli,
non puoi fare a meno della sua intrapren-
denza con cui prova a sfondare tra i nervi il
loro spendibile. Nelle sbavature del giorno,
cercando giustizia troviamo i suoi sensi,
immagini combinate dal disincanto con forze
smarrite da un motivo per conoscersi, a
seguito di un periodo di magra (natalie im-
bruglia, essendo anche un'attrice, soffriva di
"disoccupazione"). Il tratto umano
(riassunto con quel giro armonico all'inizio di
"torn") è meta ambita per gli avvoltoi, ma la
voce splende comunque, strattonata dalla
fragilità di una ragazza come tante, sui suoi
oceani ghiacciati, pacifici, su cui sei sempre
pronto a festeggiare il terrore d'amare qual-
cuno/a per poi dire che non ce la facciamo e
cedere nuovamente il cuore, ricominciare da
vie lontane, le zone meno a rischio, a richie-
dere assurdità per il resto del mondo che
non conta più niente e che passa tra le
gambe, a caccia di un'idea tirata al sole e
finita negli occhi di natalie, che tolgono il
respiro, riconducibili nei diritti di una perso-
na, per ricostruire la normalità nei punti che
indichiamo, su agonie discontinue grazie alle
ballate di questo album, uno dei più raffinati
lavori pop-rock di fine anni '90, di fresca
ampiezza sonora, che ha fatto presa senza
e c c e s s i v e p r e t e s e .
VOTO: 9-/10 Vincenzo Calò
C A R A C H A N -
GREN.“Where The
Corpses Sink Fore-
vere”(Season Of
Mist/Audioglobe).
Gli olandesi Carach
Angren tornano con
un capolavoro che si
potrebbe benissimo definire un “musical
dark”, con tinte teatrali black tra Satyricon e
sinfonie orchestrali . Nulla viene dato al
caso e le minime parti musicali vengono
attribuite alle tracce con maestria e sapien-
za, ottimo disco per un film d’avventura
magari del genere “assetati di sangue”….
Antonio Di Lena VOTO: 8.5/10
P U N K R E A S .
“Noblesse Oblige”.
( E d e l ) .
Come giocatori di golf
tornano alla ribalta i
Punkreas , già in pas-
sato ci avevano rega-
lato non capolavori
ma pezzi orecchiabili. Tutto qui, oggi invece
presi dalla crisi s’infighettano tutti e cercano
di racimolare qualche spicciolo vendendo
questo cd di bassissima fattura. Poche idee
e un punk che di punk non ha neanche il
nome . Rimandati…
Antonio Di Lena VOTO 5/10
Pagina 29
VERDENA. "Solo un
Grande Sasso" .
(Universal). Inabissa-
to, quasi ad assistere
alle funzioni organiche,
con una calma apparen-
te che ricopre la dolcez-
za di un'evasione, rinunci all'inizio a farti
largo nella testa. Gli eroi paiono arresi ai
vuoti che l'amore, nudo e crudo, colma esa-
gerando, barcollando sui fili del caos esi-
stenziale sussurrato con tempi musicali det-
tati da un'energia intravista ad implorare
qualcosa di nuovo. E' qui che il "regressive"
spunta e sospinge la band in su, verso la
gola secca dell'ignoto. L'inacidirsi di una
meta obbligatoria stacca ogni quesito dai
buoni intenti, e danneggia la scintilla di un
tu per tu che muta in suono ingombrante. I
Verdena vogliono perdersi nel cielo per sca-
tenare temporali, gettare rumori sulla terra
identificata in una sofferenza risaltata da un
intreccio di chitarre elettriche ripulito dalla
batteria e poi fumato da parole che centra-
no il bersaglio. L'unico bagliore incande-
scente langue nell'immensità di un risenti-
mento che non conosce ridimensionamenti.
Alla coda della propria importanza, sul far
della morte di un battito di cuore, il delirio
rende limpida l'angoscia e produce amara,
intrattenibile ricchezza d'istinto che si con-
centra nello specifico dell'essere, indifeso,
deciso a fuggire urlando al Destino, caval-
cando attriti invasi da cenni di superiorità, a
costo di distruggere quello che si era creato
in coppia. Ma il ricordo, ancor fresco, irrom-
pe a stabilire contorsioni mentali. Ripararle
è un'impresa che non ci riguarda, è dura.
Vincenzo Calò VOTO: 8/10
FABER, AMICO
F R A G I L E …
GENOVA 12
MARZO 2000
“Tributo a Fabri-
zio De Andrè”
Siamo al punto
nodale in materia
di censura, avendo stavolta un chiaro moti-
vo per incenerirla, l’impegno a rafforzare
una figura di cantastorie già di suo strato-
sferica, paradossalmente richiusa in tutto
quello che c’è da rifare. Notare la cura e
l’attenzione per la catalogatura delle inter-
pretazioni, come se dessero speranza allo
spettatore di riversarsi in pace, in un flusso
di artisti uniti dal sacro vincolo dell’amicizia
(anche s’esigo da più di una decina d’anni a
questa parte la giustificazione per l’assenza
di De Gregori). Davvero impossibile non
riconoscere la circostanza eccezionalmente
commemorativa, non vederla portare ad-
dosso un carico di poesia civile in doppio cd/
live elevato al valore, insostituibile, di posi-
tiva territorialità, per vincere in casa propria
le paure del sopravvissuto che tra vino,
amore e anarchia crede fervidamente di
custodire un dramma come un tesoro, ela-
sticizzato dalla sorte ingerita per sognare il
momento a portata di mano, come se cre-
pare e creare un centro di continua tradu-
zione dell’Infinito volessero dire la stessa
cosa. Sulla base orchestrale, l’evento coniu-
ga quasi per gioco il Tempo e l’Anima, fe-
steggiando per la Vita come se donassi al
pubblico uno strumento per comprendersi
(“Ho visto Nina volare” nella versione di
Zucchero n’è l’esempio), col metro di giudi-
zio applicato ad una sperimentazione per-
cettiva fuori dal comune, d’irraggiungibile
nenia dacché aperta alla consacrazione po-
polare, atteso l’Oltre dalla ridondanza di un
accordo di chitarra classica. Qui ti appassio-
ni al platonico fottersi, al susseguirsi della
morte di una bestia in calore, in fondo al
sacco della spazzatura, preferendo di perdo-
nare pur sempre il Domani che però è già
andato perso svuotandoti di contro per il “se
così fosse, se così si decidesse” (vibrante è
dir poco sull’apporto di V.Rossi), in un lam-
po di favore, ma critico con la maggioranza
che non considera alcuna libertà come rifor-
ma epocale. Ampio risalto dunque al gusto
di vedersi arrabbiati, sputtanato dall’analisi
continua di fenomeni socio/culturali atte-
nuati pensando da colpo basso alla sentenza
che arriva comunque, legata a interessi
personali rispettabili se chiedi un talento
nell’arrivare in fondo, fino a emarginarti, al
cuore della notte, per fare i conti con la
pubblica amministrazione dormendo in un
cimitero all’ora di punta, a forza di sbeffeg-
giare l’allegria episodica nell’aria con un
rock vivace ma non troppo, da creatura
prestabile al clamore della materia
quand’essa è intoccabile, attaccabile. De
Andrè viene musicato camminando sulle
corde tese di un’assenza climatica suggella-
ta dallo smistamento delle partiture su una
voce che non offre colpi di scena, anticipan-
te la realtà incastonata tra noia e meravi-
glia, per annunci di brevità, in forma priva
di strategia, quasi costretto a mandare af-
fanculo il principio della correzione compor-
tamentale che invita a osservare sulla base
di quanto si ascolta per la costituzione ad
hoc della personalità. Risulta incredibile
l’attività diplomatica sospesa in nessun po-
tere di pregiudizio, in ricordi non detti da sé
a evidenziare un’immediatezza suggestiva-
mente rapace per l’abitudine di coinvolgere
pecore all’ammasso, all’autenticità impianti-
stica del palco che induce alla messa in gi-
nocchio…sarà piuttosto il potere della retori-
ca ad alleviare la pressione della natura
delle cose sulla rivendicazione delle conven-
zioni, in una concordia di successi che rita-
glia gesti complessi, quelli che si danno per
scontato, non vedendo dove stai e quale
legge rappresenti nella nuda occasione d’in-
contrarsi che annulla le distanze caratteriali,
giacché le anomalie di un rilascio di diritto
hanno l’effetto scisso dalla causa che va
avanti perché non inventato di sana pianta.
Semmai ci sarebbero le parole da memoriz-
zare obbligatoriamente (che figuraccia quel-
la di Celentano!), in lacrime di Battiato ca-
lanti a interrompere le rivisitazioni tutt’altro
che generiche del merito di sciogliersi in una
dichiarazione di fede, d’uguaglianza stupefa-
cente, talmente bella da illudersi tra selezio-
ne, acculturamento e preparazione in nome
di un’idea di autocontrollo che viene meno
per culo e non per sfiga, come degno am-
p l e s s o n e l l ’ o p i n i o n e p u b b l i c a .
Vincenzo Calò VOTO: 8,5/10
G N U U U T T 7 7
“ D e m o n e
2007” (Demo)
Innanzitutto bisogne-
rebbe capire se
Gnuuutt vista la
provenienza geogra-
fica di questo gruppo (Bari ndr.) voglia dire
ingoiare, vista anche la copertina che propo-
ne una sfregiata fanciulla che appunto ciuc-
cia (forse una pistola). Comunque, dubbi a
parte, questo Demone 2007 neanche il de-
monio lo vorrebbe ricevere per la ricorrenza
festosa dei suoi 666 anni. Orripilanti e di-
sgustosi suoni che sconfinano con il limiti
massimi dell’ascoltabile. “Suoni” dea-
th’n’rool cantati con una disgustosa voce
roca dal singer King of Terror in italiano
(potrebbe essere anche groenlandese, non
importa) e lo schifo ti riempie le budella.
Certo è un demo, ma se io fossi il genitore
di uno dei componenti dopo aver ascoltato
questo obbrobrio li manderei a tagliare vi-
gna nelle tenute di Al Bano! Disgustosa feli-
cità! VOTO 1/10 Antonio Di Lena
FORETASTE . “Alone
Whit People Around
E.P.”(Boredom). Il
duo francese estrapola
il suo secondo singolo
dall’album Love on
Demand, è giusto che
per far sprecare alla
casa discografica un po' di soldi s’inventi
questo E.P. omonimo con tre versioni della
stesa traccia. Un synth pop d'ascoltare in
viaggio di notte ma attenzione a non pren-
d e r e s o n n o .
Antonio Di Lena VOTO 4/10
Pagina 30
LENNY KRAVITZ. “5” . (Virgin Re-
cords). Col fracasso vocale smussato dal
sentirsi irraggiun-
gibili, su una base
meravigliosamente
schitarrevole puoi
connotare un’inter-
pretazione pop
trangugiante cenni
di ok nella libertà che suggella il vento della
passione. Il funky, beneaugurante, tralascia
stermini d’impressione soporifera all’ameri-
canata tendenza di avercela con chi non sa
calibrare la mira verso il cielo. Nella prima
parte è come se James Brown sfrecciasse
in macchina a irradiare l’autore prima, e il
suo capacitarsi sulle constatazioni amiche-
voli poi. Languida fusion di appropriati con-
vincimenti scavalca ogni sorta d’altruismo,
per destare trasgressione in sguardi che
dicono tutto e il contrario, al vuoto privo
d’angolature ottuse, cercate senza darlo a
vedere per il compito di risollevarsi dal pal-
pito sonorizzante la bellezza dell’attrito
istantaneo, che scorre sulla pelle di caccia-
tori e prede in azione seppur perennemente
sconvolte da figure di riferimento (che nel
caso di Lenny Kravitz è sua madre, attrice
di sit-com esportate in Italia con successo…
mi ritornano ora in mente i spassosissimi
Jefferson!). Nel complesso è un omaggio
alla Vita data, colta e spremuta sull’oriz-
zonte raggomitolato, a dimostrare di tenere
duro nei movimenti lenti da smargiasso,
atmosferico incontrista. Non puoi fare a
meno di riprendere a evincere la vastità
antifona del rocker, che si oscura con la
foga dell’uomo che non deve chiedere mai,
per effetto melodico, strisciante sull’imma-
gine bella che composta dal principio uma-
nitario, e poi catturabile dalla verve elettro-
nica che persuade invece spaesata indipen-
denza. Lenny scrive, canta, suona e produ-
ce come a celebrare la sua forza d’animo
che non sembra trovare paragoni oggettivi,
attorno a lui v’è un piacere percussionevole
che, invece di frugargli dentro, eleva sma-
nia di protagonismo. I pezzi, facilmente
staccabili l’uno dall’altro, ti rapinano lette-
ralmente, alla strenua di versi utopici in
lamina d’acciaio, di parole ripetute nell’oc-
casione di tracciare un punto di vista a fa-
vore del delirio scombussolante l’organismo
servizievole quanto un lusso che magari
non avevi richiesto, per cui devi ringraziare
l’intoccabile malinconia…la conseguenza è
che ascoltandoli ogni parte del corpo va per
conto suo. Soul e jazz restituiscono spesso-
re all’album verso la fine, alla riproduzione
dei sensi ambiti pacatamente, in cui spicca-
no stavolta tastiere che si offrono volentieri
a mani aperte come ad amplificare il pro-
trarsi di un contatto esterno, ma pur sem-
pre autobiografico. L’ostacolo va inteso
come distanza da percorrere per non dare
soddisfazione a chi combatte sporco per
attenuare un senso di colpa. Col potere di
assegnarci a dovere, in un mondo carente
di supereroi pare che non ci si comporti nel
migliore dei modi, e che si perda gusto a
rettificare la realtà. Forse s’è figli di un pre-
giudizio, e spariremo a ruota per un bene
personale, con la mente serenamente ba-
sata sulla superiorità sessuale, non essen-
doci altro da comporre. I cambi di rotta
vengono eseguiti tra l’apertura e l’avvia-
mento di un motore, come se non volessi
tornare indietro mai più, a comprendere
l’imbarazzo totalitario, in uno spazio esclu-
sivamente pubblicitario. I quesiti su even-
tuali programmi cuociono la carne, non
parlano di caramelle, ma la svolta non arri-
va se metti in giro grossolanamente un’esi-
stenza. Sognando come tutti scherzi nella
libertà dei poteri conferiti, nella possibilità
concreta di procacciarsi caratteri senza un
mandato, che va gestita da professionista,
come uomo di guardia, col segnalatore
automatico di posizione non guasto. Sì, se
battezzassi ogni cosa al suo tempo merite-
resti beatitudine, la stanchezza del senti-
mento più imprevedibile in un colpo di fru-
sta, ma le cose si fanno a modo proprio, e
invii messaggi per sperare poi di essere
richiamato a mordere come un essere uma-
no in una specie di gioco d’ombre, aperto
come lo sono gli occhi nel corso di una sor-
presa innocua, di una festa d’intenti che
raggiunge il culmine per mezzo di una sem-
plice arrabbiatura, non avendo secondi fini
o, peggio ancora, la voglia di assistere a
delle scelte illogiche nell’immobilità parziale
di un grande tema di discussione che sa, al
tatto, di sbarre di prigione. Condivisibili in
parte, non possiamo salvarci appieno dai
fallimenti epocali, mai chiariti in primo pia-
no, facendo un ottimo, indefesso lavoro, e
così veniamo presi a male parole nella sta-
gione delle fortune, messi in castigo, in un
deposito di armi leggere memorabile come
il relax che serve per esagerare a salutarci
a vicenda. Vincenzo Calò VOTO 9/10
NECROPHAGIST “Epitaph” (Relapse
Records/Self ) I Necrophagist sono una
band tedesca di technical brutal death
metal capitanata dal geniale chitarrista –
cantante Muhammed Suiçmez , che, con
questo disco ci regala un misto di brutalità
e melodia fuori dal comune. Brutali-
tà,tecnica,melodia ecco gli ingredienti di
questo album. Fin dalla prima traccia,
“Stabwound”, si viene colpiti dalla violenza
sonora proposta dai Necrophagist:traccia
t r a s c i n a n -
te,devastante,riffs fe-
nomenali e mai banali
che sfociano in assoli di
chitarra ultra tecnici e
melodici.Segue la fan-
tastica “The Stillborn
One”che alterna tempi cadenzati a sfuriate
tipicamente brutal con riferimenti a Per
E l i sa d i Ludwig Van Beetho-
ven.Successivamente tocca a Ignominious
And Pale forse il pezzo più debole dell’al-
bum che non brilla di luce propria.”Seguono
le stupende“Diminished ToBe”, “Epitaph”e
“Only Ash Remains”;quest’ultima spettaco-
lare arricchita da uno passaggio di Romeo e
Giulietta di Prokofiev(inserito alla fi-
ne).Chiudono l’album “Seven”e “Symbiotic
In Theory” pezzi distruttivi,travolgenti. In
definitiva Epitaph è un album genia-
le:ottima produzione,ottimi pezzi ma, può
risultare di difficile ascolto perché i pezzi
risultano molto intricati e le strutture sem-
brano assomigliarsi le une all’altre ma è
solo un’impressione dopo alcuni ascolti
infatti non potrete fare a meno di ascoltar-
lo. VOTO 8/10 Gabriele Casale
STING “If i
Ever Lose
my Faith in
Y o u ” ( A & M
R e c o r d s )
P a l a d i n o
de l l ' amore ,
alle prese con
le tempeste
provocate dalla sua passione, che armoniz-
za la sua lei per risiederci nei pensieri...E
poi naufrago in umplugged, a fargli compa-
gnia è la sua voce, ricamata e calda, che
richiama l'attenzione maledetta per intra-
prendere una voglia di possesso, cingendo-
si di musica serafica, con le luci soffuse e
facili da immaginare mentre immalinconi-
scono il sound, per graffiare il vissuto dei
presenti all'esibizione, sollecitato dai tocchi
d'artista di una band invisibile dietro di lui,
avente quel senso d'avventura ubriacante
nei toni del soul come nell'ampiezza del
jazz, con in mezzo una candela inneggiante
al b lues. Una botta e v ia…
VOTO8-/10 Vincenzo Calò
Pagina 31
V I N I C I O C A P O S S E -
LA"L'Indispensabile"(Warner Music) Impres-
sionano le sue
cavità vocali riem-
pite dall’umiltà nel
predisporsi alla
malinconia poi
giocabile con un’in-
terpretazione per
nulla preventivata,
di una originalità
surreale, che spre-
me la musica,
artigianale, nota per nota. Lui delira da Dio, a
tratti fa pure una certa paura, scioglibile dal
divino fiato che anima trombette, trombe e trom-
boni, mentre le corde armoniche s’intrecciano per
un immaginario in festa. Basso e contrabbasso
sono d’appoggio per una retroattiva introspezio-
ne del paesaggio in movimento, così capita che
effluvi di terra d’Oriente s’insinuino tra i colori
della primeggiante America latina, in una defini-
zione orchestrale che ti fa venire il buon umore,
che ammalia la danzareccia fede nel Prossimo. Le
viscere dell’ascoltatore vengono profumate dalle
leggende del buon vivere, dagl’impulsi di un
amore civile completato dalla romantica solitudi-
ne di Vinicio, di un groove macchiato da gocce di
vino miste al sudore del tipico tanghero, offusca-
to dalla vaporosa espansione di popolari, impro-
fanabili usanze. E che dire del cantato, deruttato
in una parola che non conosce soste, se sei por-
tato alla poesia del piano tastato dalle incursioni
di un tempo che fu, dipinto dall’autore prendendo
spunto dal suo avere un’aria allegra ma morente
per sempre in un tu per tu allentato dal silenzio
delle percussioni come dalle sinfonie ansanti.
L’insieme è posseduto da una capacità d’osserva-
zione che mira all’alba che attende il tramonto e
viceversa, trascinata nel buio più bestiale, di quei
vicoli cittadini dimenticati dal moderno consumi-
smo, illuminato da versamenti di swing. Il risul-
tato è uno splendido giramento di testa che non
puoi bloccare, perché almeno Vinicio Capossela
va lasciato stare a sorridere al terrore del Doma-
ni, al cielo puntellato di stelle, da un sogno uma-
no. E’ una greatest hits che alimenti centrandone
il trasporto, equilibrato. Ci si esibisce in misura
imponente ma con un peso esiguo, a imbastire il
complesso rapporto diretto con la responsabilità
di ciò che accade, di fronte ad una implicita pres-
sione sanguigna, idee in caduta libera su di una
specie di campo neutro, che fan disperare cia-
scun sentimento tra arrivi e partenze, in forma
vaga e ottimistica, con fermezza inesorabile,
scavalcabile solamente da ciò che si vive volendo
procedere con una certa energia, in colpi di fru-
sta e sotto tempeste di orgoglio, a far lievitare
una spiegazione provinciale senz’aver preteso
l’invito ufficiale per sortire l’effetto speciale che
cerchiamo, con la vera sofferenza del soldato
steso in verticale, dinanzi agli amori di un popolo
sotto l’impeto struggente degl’ideali, della natura
che balza agli occhi dando credito alla spirale
della volontà, come ad assorbire l’appariscenza,
lo squilibrio tra la realtà giuridica e quella di
fatto, pratiche già archiviate che ammollano la
tensione per una ragione di principio dalle nor-
mali speranze, per uno spirito eversivo che cam-
bia il corso di storie singole nell’applicazione della
logica all’ostentazione della fragilità per parlare
ancora più chiaro, abbandonati alla sostanza in
compromettente riserva. Si sta più o meno allo
scoperto, con lo scambio di troppe parole a con-
fermare le nostre necessità di ferro scaldato sulle
asperità della vivacità, a generare esistenza per
poter sembrare curiosi poi ricontattando decisioni
immortali nelle firme reali sui grandi quesiti di un
re che mai si confronta con la gravità degli avve-
nimenti. Ci forniamo di una svolta radicale inda-
gando su come si mangia e beve nei voli del
silenzio, quelli che non sono in programma nelle
guide turistiche, nei fatti rivoluzionari con prota-
gonisti i padroni del dramma morale, come sui
vecchi disegni dell’assenza o per atteggiamenti
ambigui. La simpatia per il rispetto che proviamo
per i raggi del Sole regge il nostro fuoco sacro,
che diverrà una stella nelle mani di un istante per
coordinare azioni di rivalsa come scegliere i tem-
pi di congettura tra le figure di spicco logistico
che intervengono in modo amichevole rappresen-
tando forze efficienti radunate da una parte, a
nutrire fiducia per gli accordi di base riportati
dagl’incarichi civili, in base agli ordini predisposti
dando un’occhiata in giro invece che la mano con
ogni mezzo, col coraggio di confessarsi ai proces-
si di scissione dall’organismo, in fenomeni pro-
fondamente anarchici che impediscono, conte-
nendolo, il disordine creato dal materialismo,
dalla violenza delle cose, di una banda di tipi
sospetti, usata sulle soluzioni minime, naturali.
Voto: 9/10 VINCENZO CALO'
AA.VV. “Roma 2009 / Primo Maggio Li-
ve”(Alice Records) Nella scatola della com-
prensione ci sono
denunce per un’epoca
non gestita con equili-
brio, di autori e musi-
cisti in grado di parla-
re oggettivamente
puntando i loro stru-
menti di lavoro
sul l ’autenticazione
fatta di pelle e ossa per costruire un’esperienza
seriale, un suggello di libertà non proprio ele-
mentare se non si rivedono nella canzone delle
condizioni generali. Il punto d’incontro, d’argo-
mentare, rientra in un coraggio incorreggibile se
si sta chiusi nella solitudine della Giustizia a sco-
modare il Governo dalle sue vittorie elettorali,
partendo dalla sostanza prima che dall’apparen-
za, a fare sempre meglio, per un virtuosismo da
rendere forse più avveniristico, e sapere così il
contrario di tutto, di una vita da sognare per
continuare a procedere speditamente, tra le
affermazioni che si scambiano di posto rimbal-
zando… sprazzi di verità nel divenire parte inte-
grante del panorama. Prendersi di fatto è come
navigare in dei fiumi in piena, volendo invocarsi,
pronti ad appoggiarsi nella domanda politica
dall’entusiasmo che deve tornare automatico per
sentire l’importanza di ciò che succede, anche
della verifica dell’assurdità di una ragione ideolo-
gica, sotto un sistema di potere contestabile per
natura succedendo di microfono in microfono,
una tradizione da reintrodurre con professionalità
altrimenti la scena, quel megapalco prevaricherà
sempre sulle critiche indispensabili… ma i dati
sono di chi li vuole, per un giudizio ch’eccede a
razziare il relitto del lavoro senza la possibilità di
avere davvero una maggioranza sulle leggi at-
tuali, di detenere la dimensione di una valutazio-
ne primaria circa le idee da sostenere, seleziona-
bili al Sole ereditando il Passato in maniera ordi-
nata, esenti dall’illegalità. Sotto un mito ombra le
esibizioni non sono mai sottocontrollo, ma con la
diretta tv si cavano i meandri del durante, quella
società visibilmente occupata a manovrare la
ricerca di un evento che sviluppi l’intelligenza e
non solo del sarcasmo nel corpo di una giornata.
La definizione, tra certi interessi e la disponibilità
a ricrearli viene approvata nella presenza di una
condivisione non campata in aria, di vicende
umane condannate ad uno stato di diffamazione
alata e nemmeno tanto competente al luogo
preciso per mostrarsi conflittuali, con ulteriori
ipotesi d’accusa (giudiziosa!). La scelta dei pezzi
live da parte di ogni singolo artista culmina con
la speranza di creare borse di studio per i figli dei
caduti sul lavoro, frutto della voglia di dare attri-
buibile ad una nuova etichetta indipendente all’o-
rizzonte, l’Alice Records, distribuita grazie alla
complicità del quotidiano “Il Messaggero”. Si
comincia col prodotto musicale del Blasco
che accontenta esclusivamente i suoi fan,
detronizzabile per mezzo del talismano
prog, tenuto in pugno dalla Pfm per essere
lanciato in aria, all’indimenticabile De An-
drè. Poi spazio alla diversificazione dell’in-
tuito artistico di Caparezza come alla co-
municazione impersonata da Edoardo Ben-
nato tra il vecchio e il nuovo, tra due fra-
telli, prima dell’allegra, boccaccesca malin-
conia elaborata dai Bandabardò magari con
quell’incontrollabile respiro che risuona
poeticamente grazie ai Nomadi, a precede-
re la veste raffinata dei Blue Noise che
ricopre la chitarra calamitevole del grande
Robben Ford, distinta dal tambureggiante
canto di Cisco che richiama la folla subito
raccolta dagli Afterhours con una chitarra
che stavolta rapina la melodia a conferma-
re i suoi bagliori tramite l’interpretazione,
di Marina Rei tra le percussioni grunge,
dell’anima al femminile, sputata al moder-
no smussabile con la sensibilità a tutto
spiano di Roberto Angelini, o travolgibile
dal rock in vortice intimistico dei Motel
Connection, con sonorità disciolte nel blues
calorosamente dai sorprendenti Bsbe, vin-
citori dell’edizione 2009 di “Primo Maggio
tutto l’anno”.
TRACKS: VASCO ROSSI il mondo che vorrei, PFM
volta la carta, CAPAREZZA la grande opera,
EDOARDO BENNATO rinnegato, BANDABARDO’ il
mistico, I NOMADI lo specchio ti riflette, BLUE
NOISE & ROBBEN FORD storyville, CISCO i cen-
to passi, AFTERHOURS ballata per la mia piccola
iena, MARINA REI donna che parla in fretta,
ROBERTO ANGELINI tempo e pace, MOTEL CON-
NECTION cypress hill, BSBE fanno meglio.
Voto: 7,5/10
Vincenzo Calò
Pagina 32
OFFLAGA DISCO PAX.
“ B a c h e l i t e ” .
( S a n t e r i a /
Audioglobe). All’inizio,
dolci accordi di chitarra
classica ti fanno imma-
ginare chissà quale elucubrazione senti-
mentale, poi retrocedi in un amplesso equo-
solidale che non c’è mai stato, un’assenza
incentivata da illusioni portate alla ribalta,
completa di personaggi del mondo della
cultura, dello sport o dello spettacolo con-
vinti, dall’inizio alla fine (che non è ancora
stata sancita finché si esibirà questa band),
che una fede politica non vale l’altra. Ce li
vedo bene gli OfflagaDiscoPax ad accompa-
gnare il creatore di Blob, Enrico Ghezzi (e
lui sì ch’è un mito!), nei suoi racconti di
cinema controcorrente su rai3, nel cuore
della notte, con un unico frammento estre-
mizzato d’intelletto armonico e atomico al
contempo, di cui non saprai mai se portava
o no a qualche energica illustrazione, del
Tempo e del caso, da condividere. Quindi,
ip ip urrà alle sconfitte dei propri sogni, a
colmare una realtà che non è la tua, per la
quale forse non vale la pena sopravvivere,
ecco che il sonoro si computerizza con par-
simonia, come se si vagasse nella gestualità
di terroristi appartenenti ad una vena pro-
vinciale inquadrata idealmente, negli anni
’70, che al 2010 non viene intagliata con
curiosità dai più, ma rinsecchita noiosamen-
te. Il sintetizzatore si risveglia di tanto in
tanto come uno zombie che ti fulmina dan-
do una debole pacca sulla spalla, in paesag-
gi e percorsi di un vivere civile in fondo
ingestibile, mixati parlando esclusivamente
alle macerie del comunismo. Sempre più
fieri di una solitudine alimentare riassumibi-
le in una nota musicale che, non evolvendo-
si, rigonfia atmosfere di evasione incidenta-
le, sulla quale si gioca al massimo con se-
condi di violini e sax orgiastici, ma assoluta-
mente non rotti come può sembrare invece
la batteria, di timida ripercussione o nulli
come il rock che ci sarebbe andato benissi-
mo, e che avrebbe fatto rifluire uno scom-
penso emotivo odorante di chiuso. La voce,
di cervellotica rimembranza, s’impegna
nell’istruire invano il germe della modernità,
di certo maggiormente volgare, e stona con
sarcasmo, perciò ne deduco anche in ciò
l’unicità del tono nella non del tutto presa in
giro dei principi di una libertà pasoliniana,
sfruttata con una campionatura elevata
all’intimo, quasi struggente. Stanchi come
verità nascoste, indossiamo corone di pen-
sieri morti. Per ricordare qualcuno che ci
somigli proteggiamo la nostra reputazione,
con un’ansia celebrativa da giustificare ripe-
tutamente, per essere quantomeno apprez-
zati come orgogliosi ricostruttori di un patto
di stabilità. Riconosci gli uomini buoni quan-
do questi hanno cose importanti da dire,
con bocche impastate di malinconia e dispe-
razione, in posa per un quadro infinito. Per
un ascolto felice di niente d’insolito non si
deve sentire mai puzza di bruciato. Ci si
viene incontro, in amicizia, credendo al pro-
gresso, tra i suoi verdetti di diversa grada-
zione. Nel chiedere tolleranza zero man-
chiamo spesso in senso lavorativo, perciò
quella reputazione da proteggere la dà in
barba alla Ragione che risiede in case mo-
deste, comportandosi come un essere uma-
no a ricoprire il venerabile, senz’aver mai
capito com’è la situazione dei servizi pubbli-
ci, inventando inconsciamente problemi di
contrapposizione, la caricatura di qualsiasi
immagine, con la forza di permeare autenti-
cità riformatrice attraverso delle debolezze
strutturali, giocando politicamente con un
processo creativo. Intravedi la luce con una
straordinaria forza d’animo, tra le fughe
potenti di una ingrandita, vulnerabile inno-
cenza e i fragili ritorni di una fame di sogni,
vigilata sopportando il cammino della pro-
pria presenza sul tempo per sballarsi, per
avere un aspetto fantastico, col nome scrit-
to addosso per non perdere le occasioni di
rivincita, invece che vagare senza una ma-
lattia nei famigerati carceri di una leggenda
ideologica, come le transazioni di un aggra-
vio pesante qual è l’identificazione degli
omicidi di una inesatta mente.
VOTO: 7+/10 VINCENZO CALO'
RISONANZE FOLK
“Per il Sonno, per l'Ip-
nosi o per il Vi-
no” (Autoproduzione)
Strumentale allegria
dilaga, annullando i limiti
seccanti del perbenismo,
con un sapore retrò ad infiammare il siste-
ma nervoso fino a renderlo sorte bruciata
per dei capricci popolari. Le tradizioni mar-
tellanti sulla dignità, stando al messaggio
che si vuol comunicare o imporre se dipendi
o meno dalla memoria sconfitta dai tempi
moderni, sono però facile preda delle tra-
versie ideologiche. S'inneggia al sentimen-
talismo dell'emigrante destinato alla pover-
tà del suo ruolo liquidabile con la voce del
silenzio. Il linguaggio della quotidianità fa il
suo gioco orchestrale, enfatizza i difetti di
un risveglio, e il sorriso si colora d'intimità
per essere stracciato dal sovrano di turno.
La ribellione, a parole, viene cancellata e
resta una cornice per dei vuoti violenti co-
me l'indifferenza, a forma di spirale. Il suc-
co musicale non è per niente dolce, se be-
vuto in un sol sorso da chi non lo sa gusta-
re. Vincenzo Calò VOTO: 7+/10
SACRA SINDROME
“V.I.P (Veleno in Pillo-
le)” (Demo) Il classici-
smo mentale può portare
alla depressione del gio-
vane, furioso tra sostanze
tossiche non vedendo l’ora di rifugiarsi negli
affetti ristretti alla certezza che possano
cessare da un momento all’altro. Questi
promettenti rapper t’invitano indirettamente
a muoverti, perché il tempo scorre inesora-
bile e non riesce a cogliere le esigenze di
tutti … Delusi dalla morbosità scaricata da
un fine prettamente materiale che non ci
dovrebbe riguardare, parole srotolate inci-
tano a non contenere una Passione da
sconfinarla fino ad incontrare nuova curiosi-
tà incoraggiati dall’emotività, coscienti che
non sappiamo volare. Lavoro eretto su una
base che si sa come intensificarla. Accurato,
appoggiato da una credibilità che va presa
sul serio uscendo dall’ambito del gioco, al
contrario del genere musicale che viene
esercitato. Vincenzo Calò VOTO 7-/10
LA STRANGE. “Queen
of Disguise”. (SPV/
Audioglobe). Compli-
menti alla mantovana La
Strange one-girl band
che mette sù dieci tracce
decise di puro hard rock.
La voce è molto più decisa di Amy Lee o
addirittura Skin e i paragoni sonori sono
Guns N’Roses e Aerosmith, forse magari
per una volta dall’ Italia non esce la solita
cantante costruita su immagine femminile
manipolata dal mondo sempre più maschili-
sta che vende per copertine tutte tette e
culo. Brava, decisa e coerente.
Antonio Di Lena VOTO:8/10
B E R E F T .
“Leichenhaus”. (The
End). Debutto dalle
tematiche pesantissime
per i Bereft, che narra-
no due episodi nella
trama del lutto. La pri-
ma è: le camere mor-
tuarie dell’800 europeo, dove si facevano
sostare i defunti per alcuni giorni onde evi-
tare ulteriori presenze di vita, la seconda
fase, non meno “allegra”, narra dell’abban-
dono in Tibet di cadaveri nei luoghi sacri,
lasciandoli alle intemperie e agli animali,
favorendo il ciclo della vita. Album di doom
funereo con una voce da orco da far rabbri-
vidire un intero cimitero di assassini.
Antonio Di Lena VOTO:7/10
Pagina 33
ANTONIO DI LENA.
“Miele Vampiro EP”.
(Fat Sound Records/
SuonidelSilenzioRe-
c o r d s ) .
Accomodiamoci pure
tra queste tre tracce
per assistere all’elogio sulla Diversità, sacri-
lega secondo il buoncostume, da cui spun-
tano cenni di umana superiorità, per intima-
re delle muse a snervare il bene dei senti-
menti dal malessere sociale generante il
dolore per la Vita impossibile da castigare,
in fondo comune, in un volo oscurantista a
smuovere cieli insanguinati a seguito d’idea-
li arresisi alla circolazione nelle vene di un
individuo che nessuno pare sia intenzionato
a raccogliere da sfaccendato persecutore
della sua crudezza, della sua nudità assorta
in un senso di orientamento fugace, che
scalda la voce del cantautore, densa di ca-
ratteriale estremità, dettata come tempo
armonico ad un batterista sorprendente,
tale Matteo Spinelli, sicuro del suo quieto,
ingenuo evadere a tratti addirittura spadro-
neggiante sulle chitarre elettriche al punto
tale da renderle ancora più orecchiabili,
sciolte per un grunge arrangiato con la ma-
sticazione di effetti sonori in quanto espan-
sivi per una richiudibile dimensione, con un
fare poco più simpatico e lucido rispetto ai
precedenti lavori, merito dell’etichetta brin-
disina Fat Sound Records. Tinti di una fun-
zione magnetico/criminale, ci rifugiamo nel-
le conquiste di un attimo, con in pugno la
rosa dei venti che ha perso i petali nel lavo-
rio di una tematica d’approccio, tra vincitori
e perdenti. Sottoforma di fiabe incande-
scenti ci rassegniamo al rispetto generico,
vegliando sull’immoralità corrispondente ad
accettazioni promozionali, ma esistere nel
proprio essere è una speranza di grande
futuro che si estrae da un sistema assente,
e chissà se adatto per raccontarci a vicenda
di come pecchiamo d’ intensità.
VOTO 7/10 Vincenzo Calo’
HIG ON FIRE.
“De Vermis Myste-
r i i s ” .
(Eone). Matt Pike,
(leader, voce e chitarra
dei Hig On Fire), sicu-
ramente fatto da allu-
cinogeni crede che
Gesù Cristo abbia avuto un fratello gemello
che sia andato in croce per lui, detto ciò ha
lavorato sodo su questa storiella che è la
trama di “De Vermis Mysteriis”, un sound
stoner grind con voce possente e profonda,
chitarra spara fuoco , basso da paura e bat-
teria lancia bombe. Vi consiglio di dare un
ascolto all’album, altrimenti non compren-
derete mai la follia degli Hig On Fire.
Antonio Di Lena VOTO 6.5/10
THEATRE DES VAMPIRES. “Moonlight
Waltz Tour 2011”.
(Dreamcell11/Aural
Music/Audioglobe).
Con grande piacere tor-
nano in DVD i romani
Theatre des Vampires.
Questo lavoro anticipa il
film “Cult of Lamia” che
vede protagonista la
front woman Sonya Scarlet, il live è quello
di Mosca dello scorso anno dove si vedono
in primis le doti teatrali della band sempre a
testa alta nel proporre pezzi horror/gothic.
Antonio Di Lena VOTO:6/10
OFFLAGA DISCO PAX. “Gioco di Socie-
tà”. (Venus). Da
Cavriago (Reggio Emilia),
si dove c’è la famosissi-
ma piazza Lenin, nuovo
attesissimo lavoro per i
“compagni” Offlaga Disco
Pax. Suoni elettronici
“raccontati” e non cantati come ormai la
formazione emiliana ci ha abituati da mol-
tissimo tempo. La loro originalità è sempre
in questo sound che narra fiabe moderne,
un limite che amalgama musica, passione e
lotte. Non è un album per pochi intimi ma
un capolavoro (ennesimo) per tanti rivolu-
zionari. Antonio Di Lena VOTO:8.5/10
T U C H U L C H A .
“ R e f l e c t i o n o f G o d ” .
( A u t o p r o d u z i o n e ) .
Ottimo...sprecato...devastante, sono questi
gli aggettivi che si addico di più a questa
band. Tuchulca è il nome di una divinità
Etrusca e la band in questione suona divina-
mente poco più di venti
minuti di un death me-
tal che ricorda molto i
Six Feet Under. Deva-
stanti suoni entrano
nella mente che l'ep si
lascia ascoltare con
facile rabbia e determinazione. Peccato che i
nostri cinque siano autoprodotti, un cd del
genere sul mercato potrebbe solo far bene
nonostante il periodo no della vendita di
materiale musicale, ma il metal non è ven-
dita, il metal è passione, rabbia, ragione di
vita. Mi auguro in futuro di ritrovare la band
con qualche contratto discografico o perchè
no in un bel tour a recensire il loro show,
questi spaccano alla grande, teneteli d'oc-
chio. VOTO 8/10 Antonio Di Lena
PROGETTO ORB. “Cera
di Ef…”. (Demo). L’in-
genuità, vogliosa di pec-
cati, abbraccia un canta-
storie. La metabolizzazio-
ne giunge al tardi, nel
tepore emanato dalla tristezza. La serenità
soffre di mania di persecuzione, una nenia
glaciale per quant’è immenso a tratti il sen-
timento qualunquista, la ricompone, con la
limpidezza profusa da noie altrettanto intro-
spettive. L’estasi minuscola provocata
dall’apparire, ti costringe ad invocare illusio-
ni tambureggianti per un periodo accomo-
dante di cui sei autore trasparente che sva-
nirà quando sarà davvero impossibile so-
gnare. L’inizio dei pezzi dà respiro ampio ad
una creatività bisognosa di ricerche musicali
talmente possenti da sciogliere l’odio per
delimitazioni socio/economiche. Il progetto
va solo incoraggiato, siamo alla partenza di
uno scopo. Vincenzo Calò VOTO 6+/10
T A R J A T U R U N E N .
“Henkäys Ikuisuude-
sta”. (UniversalMusic).
Album di cover eccetto
“Kuin henkäys ikuisuut-
ta”, scritta appunto dalla
Turunen con la collabora-
zione del produttore del cd Esa Nieminen, e
per la talentuosa ex-Nightwish si apre un
nuovo capitolo niente male. Non strappatevi
i capelli perché, sarà che non siamo abituati
a questo genere di cose, ma Tarja canta
canzoni di Natale poco affine alle sonorità
metal. Va lodato solo il fattore canoro della
singer finlandese ma nulla di più. Resoconto
finale: una grossa trovata pubblicitaria di
canti lapponi per un Natale poco metallico.
Antonio Di Lena VOTO 5/10
FUNERA EDO“Curse of
Cain” (Demo) Una cosa ben
precisa è certa, con i gruppi
black metal i demo, cd, ep e
via scorrendo le identificazio-
ni e l’espressione di un giudizio musicale
diventano assai differenti e complesse, per-
ché, come nel caso dei Funera Edo il loro
lavoro, o sarà eccellente e maestoso oppure
verrà buttato nel dimenticatoio musicale che
ognuno di noi possiede in sè. In questo caso
ci troviamo davanti ad un piccolo capolavoro
di black metal che se seguito con ulteriore
cura e spesa economica da parte di qualche
etichetta anche nostrana potrà sicuramente
far innalzare i suoi frutti. Un sound grezzo
graffia all’interno di questo demo proprio
come un gradito e sconfinato suono da fore-
sta nordica. Rabbioso, psicotico e violento,
q u e s t o è “ C u r s e o f C a i n ” .
Antonio Di Lena VOTO 6.5/10
Pagina 34
LITFIBA“ Sogno Ribel-
le” (Warner)Rimbrotti
di un anticonformismo
esercitato pur costretti
poi a tornare indietro,
dandoci dentro con chi-
tarre di uno stimolo roc-
keggiante, tastiere dallo stile anni ’80 e
percussioni d’irremovibile persuasione che
non si confondono fornendo così luce alla
voce grossolana, da scaricabarile, di Piero
Pelù che se la spassa tra le sue prime hit col
suo assistente fidato, Ghigo Renzulli. Brani
riarrangiati in una versione più o meno live,
senza togliersi di dosso sconvolgimenti dire-
zionali, rimanendo quindi selvaggi al punto
di ridere e scherzare su come si finisce ma-
le, in un periodo malinconico a proliferare
per volontà di meteoropatico richiedente
una soluzione esotica immaginata come
positività retrograda ma spiazzante quel
senso di noia urbana posseduta per forza di
volgare sfarzo e in modo irreprensibile, im-
possibile da ritrarre perché in fondo s’è im-
prendibili scacciapensieri che mirano ad una
visione armonica d’ideali, colorata dalla
presenza indissolubile di spiriti maligni, per
una legge impronunciabile dacché seguitata
da servi benedetti nel nome di un’ipocrisia
ricoperta di passioni morte come indiani e
banditi ch’erano fieri di proseguire per stra-
volgimenti, serializzati privi di un carisma
pur avendolo, ma che non credevi fosse
perentorio fino a rendere amara la descri-
zione di una condizione reverenziale nel
disaccordo comune, nel lavoro quotidiano di
tendere alla fine del giorno una smania
classistica di pubblico impiego come di pri-
vata persecuzione. E’ naturale la frenesia
per gesti che ponderano la solitudine cle-
mente, atmosferica, risuonante per chi è
adibito a trattenere una palpitazione tra-
scendentale da cartone animato. Nei mean-
dri di un pensiero incollabile i Litfiba issano
l’asta della perspicacia più controproducen-
te, data la sistematica e materiale riunione
di popoli falcidiati da scopi irriguardosi, con
un rigurgito intenzionale ch’esige ampiezza,
correggibile se si è liberi di espatriare per
lasciare un segno sulla propria pelle, invece
d’essere imprigionati in animali addomesti-
cati, fino a tacere.Segui una corrente d’aria
non sapendo cosa pensare, come fare un
dono che rappresenti la Terra, per immagi-
nare ciò che si vuole con una prontezza di
riflessi in eterna fase di costruzione, nel
tempo di agitarsi non conoscendo effettiva-
mente la gravità di un problema, di un bene
da chiarire come portatori d’interessi so-
vraesposti per poi ritenersi inopportuni. Dal
generale al particolare nulla osta alla nostra
realizzazione, nemmeno gli eventi da siste-
mare in un unico soggetto di materia insi-
stente sulle incomprensioni. Passo silenzio-
samente davanti a te, con le manifestazioni
di follia dell’uomo che si ripete per non
mancare come l’acqua all’individuazione dei
comportamenti per avere il benché minimo
riscontro positivo sulla parzialità dei dati
prospettici a livello ambientale. La scelta di
utilizzarti in un mercato come combustibile
è indipendente per quanto si cresce tanto
per essere soggetti a manovre di chiusura.
Levati dall’emotività, provoco la tua pressio-
ne, un piacere tanto per rilassarsi in lavori
di distinguo da fare col cervello che non
trova comodità per dichiarazioni di residen-
za rassicuranti, nell’assunzione seria
dell’impegno di beccarsi una pena formal-
mente espressa, considerata ad alta perico-
losità dato l’intervento sui propri diritti che
determina gli elementi per chiedere di valu-
tare un mistero in virtù del progresso inte-
grabile al filo della chimica, sopra il quale
uomini di completamento si arrangiano in-
terloquendo in lingua madre cogli alimenti
sottobanco, abituati dalla criticità del Passa-
to, di un diniego da forzare per poter essere
presi in società come un carico di arrivi e
partenze da gestire senza lasciarsi pregare
più di tanto di presentarsi come numeri alla
ridistribuzione equa del dire, con la sintesi
dell’eccedere, a fare battute secondo un
parere non appassionato alla coerenza di
Pensiero convenuta sul piano tecnico per
documenti da riprodurre nell’invito a star
sotto le leggi della Natura con una strategia
politica, una professione in prestito alterna-
tiva a qualsivoglia punto di riferimento, al
f a t t o d i a p p a r t a r s i .
VOTO: 8/10 Vincenzo Calò
PROGETTO ORB. “Via da me”.(Demo).
Una disperata voglia
di affondare nella
natura pare ingabbia-
ta, e le melodie, pe-
santi come un ricor-
do, trovano rifugio
nella femminilità da
struccare, che non
s'è riusciti a contemplare appieno, che com-
porta l'inevitabile andirivieni di una civiltà
definita dalla fragilità che allontana la con-
cretezza. Il suono dell'acqua nel bel mezzo
del lavoro riassume un racconto frenetico,
dinanzi al quale traspare spettacolare me-
diocrità, e l'interpretazione, stilisticamente
affascinante, perde in tecnica vocale. L'au-
tore ha individuato un bisogno d'aiuto attra-
verso viaggi interiori così complessi che
debilitano l'apparire, insignificante al ritorno
dell'onda del presente. Alla fine, lo spirito
"degregoriano" acceca l'originalità, e si ha la
sensazione che ci sarebbe molto altro da
dire se cullati dalla sensibilità in perenne
strattonamento a seguito di un intrigo com-
posto dall'umanità (per essere distrutto?).
Vincenzo Calò VOTO:6+/10
ANTINOMY“Origin Of All Pain”(Demo)
Problemi nell’Antinomy family, perché ap-
pena finito il demo, la singer Johana è stata
allontanata dalla band. In
attesa di nuovi eventi ri-
guardanti la line-up del
gruppo dedichiamoci a
questo lavoro. Il demo di
ben nove tracce è un mi-
sto tra metal, gothic, death e addirittura
industrial. La pecca del lavoro è quella di
mischiare troppa sperimentazione sonora
che porta il suono del demo ad essere sto-
nato. Magari sono io che non capisco il me-
tallico mondo degli Antinomy o sono loro
che sono mooolto più avanti di me…Forse !
Su www.myspace.com/antinomyband si
possono ascoltare quattro tracce del demo.
Antonio Di Lena VOTO 3/10
TRIVO. “Emoterapia”. (Grezzissimo
Productions).Ancora una volta lei, la terra
(forse) perfetta per creare musica: la Pu-
glia, sì, questo Trivo arri-
va appunto da lì (Foggia
per l’esattezza) e ci rega-
la un demo interamente
autoprodotto e ben cura-
to. Diciassette tracce che
hanno del folle, che sem-
brano a tratti musiche scritte per film auto-
prodotti o per cortometraggi alternativi gi-
rati, perché no, proprio nel Tavoliere. Titoli
interessanti sin dall’intro, “Traccia 1-artista
sconosciuto” che uscirà sicuramente in tutte
le autoradio d’Italia a tutti quegli emergenti
che fanno ascoltare la propria opera ad un
amico o a qualche possibile interessato del
lavoro. Trivo ci mette di tutto in questo la-
voro: scarabocchi batticuoranti, rumori ra-
nocchiosi, corde vocali non educate, chitarre
scordate, bassi troppo alti, pianole infantili,
synth genuini, loop stomachevoli, batterie
di cartone, percussioni abominevoli, foto
antiestetiche, video malfatti, matite spunta-
te, inchiostri indecorosi, acrilici depressivi,
tempere immorali, musiche scialbe, testi
superficiali, arrangiamenti orripilanti ... Tut-
ta questa è pura passione. Sinceramente
apprezzo tantissimo questo artista perché
dimostra che il suo ingegno può prendere
vita, può divenire grande, basta solo farlo
conoscere e capirlo, e ancora una volta fa
onore alla scena alternativa italiana, male-
dettamente incompresa, nascosta e dal
fascino che non è per tutti. Autoproduzione
che non potete farvi sfuggire.
VOTO 9/10 Antonio Di Lena
Pagina 35
KNYGHT “Bet Every-
thing” (Anko Musik).
Cosa fanno i lanci giova-
nili promozionali sul mer-
cato?! Questo Ep regi-
strato a Ottobre 2008
presso gli Anko Music Studio di Monaco di
Baviera (Germania) da H.Hinze non è altro
che la miccia che farà esplodere o la voglia
di fare successo oppure l’idea di dare molta
immagine e poche idee musicali. Un glam-
rock alla Bon Jovi & co. Una presentazione
quasi alla Tokio Hotel nazionale per far sì
che questi ragazzi facciano soldi e succes-
so. Sono sicuro che se la band avesse ini-
ziato il suo tragitto in maniera meno esplo-
siva sarebbe stata più credibile, le influenze
si sentono ma sembrano che vengano pilo-
tate dalle idee di qualcuno e non da Tommy
e compagni. Non è cattiveria, qui non si
parla della bravura o meno della band, ma
mi gioco le palle che gli Knyght possono
fare di più senza essere supervisionati da
qualche Dio minore della scena musicale.
Con il passare del tempo spero di ascoltare
questo gruppo con qualcosa di nuovo e più
personale, sperando che i ragazzi lascino
alle spalle i propri miti e mettano su qual-
co sa a l l a Knygh t ve r amen te .
VOTO:5/10 Antonio Di Lena
MAX GAZZE’ “Ognuno
fa Quello che gli Pa-
re?” (Virgin). Spasmi
incentivati di una filosofia
abitudinaria, presi per
misure longitudinali da
una complessità che accenna inizialmente
alla new wave, riempita per rallegrarsi ma
non troppo alla ricerca di un gergo accatti-
vante fintanto che si può sperimentare,
comprovata nell’autore in questione, a ri-
cordare il miglior Battiato. Appena ti ritieni
preda di una sinfonia ecco il bonario in-
ghiottimento da parte del pop/rock trasci-
nante la trascuratezza di chi si sente inap-
propriato e non gli resta altro che ironizzare
sulla condizione umana, col respiro amplifi-
cabile in fasi alternative dall’esagerazione
che risiede nei suoni della natura lodata
dagl’impiegati dello stress moderno, di per
sé noiosi e indifferenti modelli di una sur-
reale angoscia a ricadere sulle percussioni,
e asciugabile dall’altruismo acustico a tor-
mentare il pensiero rivolto all’altezzosità di
archi non del tutto infondati. Poi irrompe
l’armonica, col suo folk nel ripiegare sull’at-
trito sentimentale (tema assorto in ogni
traccia pressoché), ma il vortice musicale è
talmente radicale che rende loquaci luoghi
e spazi all’approssimarsi del vuoto esisten-
ziale riproducibile con un’arpa al dir poco
virtuale che scandisce il ritmo delle riconci-
liazioni tra l’uomo e l’invenzione che lo sop-
primerà, dato il genio raccolto nella descri-
zione di un regno incantato col clavicemba-
lo e le trombe, qual è la volgarità meccani-
ca del provinciale ad attutire la compagna
di una Vita, che scompare nella lentezza
degli accorgimenti ammollata da una crisi
di coppia, mentre all’ombra di un’inquietu-
dine v’è l’ossessa incapacità di non demor-
dere, maliziosa in una fusione di accordi
vicina all’elettro/metal, col materialismo
vessato alla fine da una struggente compo-
sizione neo-classica. Pensando a fallire nel
rispetto dell’ambiente si viene chiamati in
causa lentamente, a comporre poesie su un
cuore variegato, abituati a gestirlo come a
prenderci al massimo la mano in vite perse
in termine umano, per dispute lunghe, ca-
villose, ad invecchiare il settore edilizio. Ci
abbattiamo con destini nuovi per valere
indicazioni eterne, il ritrovamento di stru-
menti intensi su una responsabilità più de-
bole e rimarcata, se rifletti tra le tecnologie
più affermate, che punteggiano l’assolutez-
za riconvertibile in verità inconfrontabili.
L’ansia di possederci ritocca la sostanza dei
mutamenti radicali, appariamo sensibili per
un segnale d’incoraggiamento a risanare
situazioni precarie, selezionate per qualità e
offerta, d’adottare per esigenze future che
già producono energia, idee, d’accogliere
con entusiasmo, di un completo monitorag-
gio operante in un unico senso arbitrario,
con la possibilità di espandersi da prevede-
re nella media delle aspettative comuni che
non fa decollare alcun investimento, costi-
tuire fondamentali cicli di ribellione per
chiedere poi più semplicità senza provocare
sporcizia. Porgiamo le scuse per una man-
canza di fiducia avvertendo l’istinto animale
come già scaricato sugli altri, a moderniz-
zare la libertà di approvare un effetto spe-
ciale per sperare in una svolta, anche se si
fa fatica ad arricchirla, impegnati a tempo-
reggiare in attività di rappresentanza, cor-
reggendo leggi di programmazione, esage-
rando in maniera intelligente nel condivide-
re cose utopiche col gioco della parola in
pianure pervase dall’aria buona.
VOTO: 8,5/10 VINCENZO CALO’
STORMCROW. “Disposition To Tyran-
ny”. (The Summit
Records). Direttamen-
te da Milano del puro
Alpine Black Metal (ah
cosa fa l’afa delle gran-
di città…!), dieci tracce
di puro black scandinavo con violenti pas-
saggi musicali oltre la normalità, registra-
zione impeccabile, risultato formidabile, tra
Mayhem e Satyricon. Da non perdere.
RUKIA. “Midnight
Runner”. (Demo).
L’underground non si
ferma mai, dalla Polo-
nia arrivano i Rukia
band che con la nuova
line-up passeggiano
interessanti sull'utilizzo dei programming.
Influenze molto swedish e power heavy
rendono la band da tenere sott’occhio. Con-
tatti: www.myspace.com/rukial
S I L E N T C A R -
R I O N . “ A n d r a s ” .
(Demo). Scaia, ovvero
Silent Carrion, produce
questo demo, il secon-
do della sua carriera
che ha un suono che
vorrebbe riecheggiare nei Sunn O))) o gli
Earth, ma la registrazione troppo ripetitiva
non aiuterà sicuramente le major a tenere
il lavoro in considerazione. Contatti: car-
R A G I N G A G E .
“Waiting For Death
Alive”. (Demo). La
band barese debutta con
cinque tracce che non
sono altro che un mix
tra death e trash, non
fanno un granché, forse il demo è stato
registrato in maniera affrettata, la tecnica
scarseggia e la sola voce di Fil non basta a
tenere una band che già in partenza ha
iniziato a sprofondare. Calma ragazzi e
tanta pazienza, magari la prossima volta
impegnatevi mettendoci l’anima.
MùM.“Early Birds”.(Morr
Music).Musica elettronica
con sonorità acustiche, di-
rettamente dall’Islanda
settanta minuti di tracce
provenienti dal triennio
1998-2000 dove i Mùm praticamente non
avevano ancora effettuato il loro debutto
discografico e registravano scheletri elet-
tronici, adatto solo ai fan dei Mùm, magari i
più sfegatati sapranno apprezzare qualcosa
in settanta minuti.
BEST COAST.“The Only Pla-
ce”.(Wichita). Voglia di mu-
sica da spiaggia, ma che non
sia latino americano! Ecco a
voi il surf-garage-pop dei Best Coast, fusio-
ne del polistrumentista Bobb Bruno e Be-
thany Cosentino ex Pouchaunted. Canzon-
cine d'ascoltare in cuffia, sì perché dopo
neanche mezzo album diventano monotoni,
ah, ci fosse sempre il Gods Of Metal...
Pagina 36
AA.VV.Pink Room
Vol.1(Pink Room)
Compilation tracciata
con dovizia di particola-
ri che riprendi da te,
per una stabilità stru-
mentale accattivante.
Bandito il perbenismo, autori alternativi
vengono rappresentati dai loro inni alla glo-
riapiù varia e spesso vana, da sobbarcature
di agonie studiate con passione, senza dete-
starle e tentando di avvicinare idoli repressi
dai tempi musicalmente moderni che ci tra-
scinano privi di oralità, a costo di rischiare
l’apatia quando si esce fuori dalla libertà di
mostrarsi, sotto arcobaleni acustici rimossi
con un rock illuminato da reflussi elettronici,
trattenuto dal progressive coi suoi lampi
emotivi e buon custode di chimere armoni-
che che a sua volta celano anche un accen-
no al reggae. Negl’intervalli ti puoi far coc-
colare da dolceamari melodie tirate fino al
limite dell’intelletto dell’ascoltatore, e ten-
tennamenti sonori per quel tanto che basta
a soddisfare la migrazione dei pensieri ver-
so posti lontanissimi seppur terreni…Nella
certezza d’essere qualcosa di nuovo s’è
uomini di mondo, imperanti sulle difficoltà
più odiose, portati in pubblico ad appagare
Anime, continuando ad assistere ai delitti
morali che svuotano le parole, condizionano
la mediocrità, e così una sensazione d’angu-
stia viene moltiplicata all’eccesso, mutando-
ci in distanze. Nell’accettazione umana si
piange la quotidianità, con un trucco pesan-
te a snaturare i gesti, che si rovina. Le illu-
sioni invece non si ostentano più, come se
vincolati alle esigenze del conformismo.
Ogni ragione va intesa velocemente buttan-
do l’occhio alla fine di un confronto fra rego-
le irrigidite, nonostante la possibilità ancora
persistente di porgere una o più domande,
di proporci un ruolo, esposizioni in chiaro
per metterci nei panni di un individuo, per
una ricchezza sfaccettata di prodotti corri-
spondenti alla sperimentazione, indipenden-
temente dal materialismo che incassi. Tra le
componenti di una determinante è come se
fluissero liberamente solo le constatazioni
economiche. La gente comune canta non
sapendo cos’è la musica, per sperare di
rincuorarsi. Ci dedichiamo alle nostre storie
senza lanciare un’idea nell’aria, colti da una
mancanza di risorse per rendere istintivo il
movimento della comunicazione al massimo
della Vita, per rimanere sempre freschi e
dire con semplicità di esistere con voci d’al-
ternare stappando dell’ottima, liquidata
sostanza. Dall’assoluta fedeltà dei testi si
suona per niente, per tutta una Vita nei
segni del comando che ci ritaglia il Tempo
per una rotta riduttiva tra i drammi del cuo-
re, di una normalità da ospitare testimo-
niando per conto di uno spettacolo trash,
che stregano la verità quando fa male,
quando si va a comprare tematiche per ra-
gazzi che si sono consumati a forza di scuo-
tere la testa per sentirsi bene con lo Spirito,
con l’espressività da mirare in attimi d’ine-
sattezza, in cui l’inadeguatezza ti fonda-
mentalizza. Sarebbe giunta l’ora delle no-
stre sentenze, relegate alla massima
espressione dell’intimo, ai banchi di riscos-
sione, come ricordi impotenti a guardare
diverse indipendenze per questioni che non
hanno a che fare con la visibilità, bensì con
il ritrovarsi dentro un insegnamento ad eroi
e delinquenti che ti permettono di sfamare
e dissetare peccati, in una fase che stiamo
attraversando, che oserei definire
“eliminatoria”, essendo colpiti da fatti che
compromettono la limpidezza carismatica,
per ragioni da capire ma che stressano, con
quella enorme fiducia che si richiede, ma
che in fondo manca nel dna. La tassa sulla
fuga è salata, implica rifacimenti collettivi,
ma pur vestendoci di voglie utilizzate come
degustazioni affettive si rimane inchiodati
dinanzi agli amori che proviamo, si tenta di
risparmiare, e questo comporta il divieto di
tutelarsi, e successivamente la rabbia, lo
scioglimento del potenziale profitto etico, il
passaggio tra epoche in fondo involute, che
non danno brio alle promozioni come alle
bocciature agli esami di educazione civica.
Vincenzo Calò VOTO: 8/10
L E V A N I A .
“ P a r a s y n t h e s i s ” .
(Demo). Che peccato che
sia soltanto un demo, si
perché i Levania guidati
dalla loro singer Ligeia
sono pronti a fare il grande salto nel gothic
a livello europeo, e forse finalmente anche
in italia avremmo i nostri beneamati Night-
wish (magari vecchio stampo), giusto per
citarne una delle tante band che spopolano
ormai con il gothic che accarezza anche
suoni più death e a tratti sinfonici.
NEBRUS. “From The
B l a c k A s h e s ” .
(Schattenkult Produk-
tionen). Nuovo lavoro per
i Nebrus che ci offrono
sette tracce di black’n’roll
cupo e mortifero, 47 minuti di atrocità con
riff veloci come lamenti attenuati da lenti
sospiri di echi che conducono alla estrema
fine. Contatti: [email protected]
DELIRIA.“Deliria”.(Under Fire Re-
cords ). Per amanti dei primi Death SS
dalla Calabria arriva il doom dei Deliria, che
con testi in italiano e la
ciliegina sulla torta, l’omo-
nima “Deliria”, interamen-
te strumentale. La band si
lascia alle spalle un passa-
to fatto di demo per appro-
dare, con una piccola ma vera etichetta.
SIGNS PREYER. “Signs
Preyer”. (Demo). Gli
orvietani Signs Preyer
giungono a noi con un
demo di nove tracce defi-
nite da loro stoner/sludge,
ma la band a tratti si lascia sdolcinare con
armonie che rendono vive le prospettive
dell’hard rock seguite dal vocalist Ghode
Wielandt che cerca in tutti i modi di dirigere
l’orchestra. Contatti: www.myspace.com/
signspreyer
MALE MISANDRIA.
“E.DIN”. (Demo). In
mezz’ora di disco i Male
Misandria suonano venti-
cinque velocissime tracce
di puro grind, registrazione
professionale, voce impeccabile e sound mai
banale e violento fanno dei Male Misandria
una band che è pronta al salto di qualità,
speriamo ora che le major di competenza
investino su di loro. Contatti:
m m m a r t i r @ g m a i l . c o m
Www.malemisandria.bandcamp.com/album/
e-din Antonio Di Lena VOTO 7/10
EKLIPSE.“A Night
In Strings”.(Soul
Food).Certo che i
Nightwish non poteva-
no scegliere band
peggiore da affiancar-
si all’unica data italia-
na quest’anno, un
quartetto di tedeschine tutte cosce fuori e
immagine che sa tanto di gara di burlesque
ad Arcore piuttosto che band metal. Metal
poi è una parola eccessiva, si perché queste
“candide” fanciulle le “Serebro del Dark”
vorrebbero essere l’alternativa femminile
degli Apocalyptica, invece con somma tri-
stezza il quartetto di archi che fa cover di
Lady Gaga, si avete letto bene Lady Gaga
fanno cagare come una cena politica con
sottofondo Gigi D’Alessio che fa cover della
Pausini, rendo l’idea??? Non lasciatevi fotte-
re dalle “buone” recensioni degli altri
“recensori” su questa band, si lasciano tutti
prendere la mano dall’immagine femminile,
che tristezza, ennesima band che punta sul
come apparire e non sul sound.
Antonio Di Lena VOTO 2/10
Pagina 37
C A R M E N C O N S O L I
"L’eccezione" (Polùdor/Universal) Fin
dall’inizio ti puoi
lasciar percuotere
dalla torva mega-
lomania di un’ine-
briatura paesaggi-
stica irremovibile
nell’entroterra sici-
liano e quindi
nell’autorevolezza
della cantantessa, con la meteorologia nar-
rabile l’umore che serve, schiarito, per col-
tivare un equilibrio psicofisico nel fremito di
stagioni spalmabili su una natura al femmi-
nile. Il sonoro lo si focalizza con lo strumen-
to della malinconia, per amalgamarlo poi
con quella voce di carezzevole impostazione
finché non si ritrae in amara acutezza, ch’è
tipica di Carmen, mai così densa di una
sorte espressa che sapevi d’affrontare dap-
prima ancora, che rilega storie di sotterfugi
rivendicatori attanagliati dal pregiudizio
maniacale e sempre più catalogatore di
malavoglie, sulla miseria sancita dalle finte
assoluzioni del provincialismo. Di colpo
emerge un pop mai convenevole, dacché
prestatosi eternamente ad armonie classi-
che di lussureggiante espansione alternate
a giravolte acustiche, sterzante a ridosso
del precipizio per cui il rock sembra roba
per pochi intimi, a lungo andare. Struggen-
te è l’anzianità in un fotogramma sentimen-
tale, temporeggiante se l’osservanza che la
investe è resa gratuitamente di nascosto,
per poi sedarsi in un singulto metal che
spolvera i capricci da filastrocca di un bam-
bino e tornare velocemente in ginocchio a
pregare che le fragilità per portare avanti la
dignità figurativa si mirino a vicenda in un
sogno in movimento, come a sconvolgere il
sacro richiamo alla virtù, non paritaria, dei
forti. Curioso è invece quel senso di beat
orchestrato nel marasma del genio assoluti-
stico che comporta, alla fine di un’interezza
solvibile di pezzi, la creatività reminiscente
al flauto, a elevare un silenzio di scoramenti
termodinamici fino all’evasione linguistica,
profetica dato l’obiettivo di avere successo
sulla scena internazionale. Il senso di spa-
rire in ogni traccia persuasiva assume il
dolore per un disastro ideologico, inequivo-
cabilmente certo d’essere univoco, solo a
passare il limite della decenza, ossia realiz-
zare l’intento di tutelarci, concentrati in uno
sguardo che non parla alla speranza di
competere per dare una buona considera-
zione attorno alla cerchia dei familiari più
stretti e avvistare così una notizia che defi-
nisca fantasticamente un tratto d’impreciso
plauso alla logica premeditata a lungo e
goduta in breve. Convincenti come i fatti
accaduti, tentiamo la sostituzione di una
persona con un’arma per congestionare,
con la rabbia che monta per le idee che
escono dalla bocca come a vomitare nei
luoghi indicati sorridendo con fierezza,
amando, in una Vita smentita come la fa-
me, la trasparenza dell’infinito di un inter-
rogativo confermato appieno e con sadismo
per avere l’aspetto di qualcosa che si mate-
rializzi, di sofisticato in senso diabolico, nel
momento in cui bisogna ballare sul Tempo
insorto facendo nulla di caratteriale al caso,
a nome proprio, per le scelte scomponibili
del Creato all’origine di un tradimento de-
pressivo che muta gl’inchini in odio furtivo.
Un bacio al veleno è giusto, più naturale del
mondo avente una profondità da comprova-
re in una manovra spettacolare, in un oriz-
zonte d’allentare. Sembra che siamo venuti
a terra per morire di un crepacuore definito
fantastico in una ricerca titanica sulla sem-
plicità che fa scattare quel segnale d’allar-
me se portati a violarci, elaborando civiltà
in forma di possesso, la difficoltà di aggiun-
gersi all’introspettiva. I discorsi di perdono
tra gli scheletri nell’armadio provocano gli
affidamenti a terzi di una società inviata a
scavare pietra su pietra nell’ansia di riunirsi
in lodi all’integrità morale, irrefrenabili in
una mente normale come la vergogna per
degli ormoni feriti da un servizio agghiac-
ciante e superiore alla chiave che ti porti
addosso, facendo in modo di tornare a ca-
sa. Vincenzo Calò VOTO: 8,5/10
L A P I S N I G E R .
"Fuckin' God Cult".
(Slava Satan Re-
cords). Roma capitale
d'Italia, Roma caput
mundi, Roma terra del
black metal nazionale,
non proprio globale
ma possiamo ben dire che da Roma arriva
un dei gruppi black nostrani migliori in cir-
colazione. "Fuckin' God Cult" è un album
feroce che ci proietta a ricordarci quando a
metà degli anni novanta la scena black nor-
vegese esprimeva il miglior suono e ispira-
va molti oscuri musicisti. Oggi sono rari i
gruppi che seguono il sound scandinavo ma
qualche irriducibile si trova sempre, quindi
perché girare in lungo e in largo quando a
Roma a pochi passi da qualunque posto tu
in Italia vivi ti da alla luce una band come i
Lapis Niger. Pezzi cattivi e aggressivi sono il
biglietto da visita della band capitolina cui
componenti con orgoglio difendono la loro
romanità, infatti Il Lapis Niger è un sito
archeologico romano in cui si ipotizza possa
esser stata eretta la tomba di Romolo e
quindi vi siano presenti i resti. Assassino
del fratello Remo nonché fondatore, legisla-
tore e sacerdote, dai tempi della storia, tale
mito trascina con sé un velo di malvagità e
ferocia. Molto vicini ai Gorgoroth di
"Antichrist"i Lapis Niger pubblicano un lavo-
ro dai riff semplici, spesso lanciato a velo-
cità di blast, privi d'ogni armonia compositi-
va, tutto viene intervallato da momenti
arpeggiati e distorti, che contribuiscono con
fermezza a ricreare atmosfere cupe , mal-
vagie ossessive e prettamente oscure. Qindi
posso per certo confermare che il lavoro di
Zrohell (voce e chitarra, Quirinus (basso) e
Triarius (batteria) è di notevole fatturato e
merita il podio che giustamente li spetta sui
gradini del la musica nazionale.
VOTO 7.5/10 Antonio Di Lena
TARJA TURUNEN “My Winter
Storm” (Universal) Spettacolare, unico,
commovente da non crederci ma soprattut-
to da non perdere! Come i Guano Apes sen-
za Sandra
Nasic così i
Nightwish
senza Tarja
Turunen, è
inutile sta-
re dietro a
fare storie
e storielle
di gossip
prettamen-
te musicale... Tarja era l’anima dei Night-
wish senza nulla togliere agli altri compo-
nenti del gruppo, talentuosi ed originali nel
genere, ma la Turunen ha consacrato con
questo cd la sua superiorità artistica e crea-
tiva, basta ascoltare alcuni riff di chitarra e
qualche giro di basso più duro per capire
che questo album è un premio a tanti anni
di liderismo nightwishiano senza preceden-
ti. Non vogliamo ora paragonarla solo con il
suo ex-gruppo ma credetemi, “My Winter
Storm” è una carica di intro e canzoni be-
stialmente belle. Da segnalare il bonus DVD
che a parte una ricca galleria fotografica
contiene tre versioni differenti una dall’altra
del singolo “I Walk Alone” e una splendida
intervista-racconto all’artista per quanto
riguarda il cd. Il più del lavoro è indubbia-
mente l’adrenalinica “Ciaràn’s Well”. Molte
riviste a livello internazionale hanno consa-
crato questo cd come top-album e chi sono
io per non fare questo? Ora speriamo solo
di rivederla in campo la prossima volta con
un album che dia continuità a quanto fatto
fin’ora, alla faccia della nuova cantante dei
Nightwish.
VOTO 10/10
Antonio Di Lena
Pagina 38
FAUST "From
Glory To Infini-
ty" (Paragon
Records) Ancora
Italia ancora un
prodotto nostrano
ma questa volta
sotto etichetta
Paragon Records
con tanto di merchandising (pensate ci sono
anche le mutande nere con la scritta Faust)
a dimostrazione che se davvero c'è il Dio
del Metal non si dimentica sempre di noi. I
Faust sono una band milanese fondata nel
lontano 1992 dal leader Aleister Demon e
funestata da numerosissimi cambi di line-
up. Nel 1993 esce il loro primo demo in
cassetta , a cui fanno seguito 8 anni di si-
lenzio discografico, interrotto poi nel 2001
dall'Ep "...And Finally Faust", dopo il quale
passano altri 8 anni senza che si senta più il
nome della band. Nel settembre del 2009,
quindi, avviene il tanto sperato salto di qua-
lità con "From Glory To Infinity", primo full
length del gruppo in cui è rimasto, rispetto
alla formazione degli esordi, il solo Aleister,
cui fa compagnia Ghiulz Borroni (axe killer
dei Bulldozer) ed una nutrita schiera di ses-
sion men internazionali dalla caratura di
prim'ordine. Nel cd compaiono i nomi ro-
boanti e mai ingombranti di Steve Di Gior-
gio (Sadus, Death, Testament, Iced Earth,
Sebastian Bach, per citarne solo alcuni) al
basso, Darek "Daray" Brzozowski (Dimmu
Borgir, Vader e Black River) alla batteria e
Luca Princiotta (Blaze, Doro e Clairvoyants)
alla chitarra. Sicuramente l'alta professiona-
lità di questi personaggi è solo un punto di
vantaggio nonché di forza, la quale ne gua-
dagna l'intero album sotto l'aspetto esecuti-
vo, grazie ad una prova assolutamente pri-
va di errori ed altamente compatta. Anche
il songwriting è svolto con cura massimale
lasciando il giusto spazio a tutti i musicisti
per poter permetter loro di esprimersi gra-
zie al proprio strumento. Una volta partiti
con l'ascolto dei brani di "From Glory To
Infinity" è palese che, oltre alla classica
matrice Death Metal (dove la band si ispira
ai Deicide ) i Faust vengano influenzati
dalla scuola più progressiva del genere,
sfidando la costruzione delle canzoni che,
talvolta, sfiora punte assolutamente ecce-
zionali. Mi riferisco a canzoni di notevole
spessore come "Servants Of Morality" e
"Carnal Beatitude", veri e propri cantichi
del Death Metal. Ma c'è anche molta melo-
dia, all'interno del debut-album dei Faust,
melodia che fa da padrona nella traccia
conclusiva "A Religion-Free World's Dream",
brano strumentale in odore dei Death di
"The Sound Of Perseverance". Inno al bel
paese in chiave death questo "From Glory
To Infinity" è un ottimo biglietto da visita
per i Faust ma solo per chi non li conosce
ancora… VOTO 8/10Antonio Di Lena
ROCKRASH “No p lace to h i -
de” (Autoproduzione) Con la fatica di
riconoscerci rias-
sumibile in melo-
dia tormentabile la
band sostiene em-
patia di carattere
i n t e r p r e t a t i v o .
T e s t u a l m e n t e ,
comprendere im-
mediatamente ciò
che accade è opportuno per tornare sempre
più utili, con una denominazione d’origine.
Abbindolati da prospettive surreali, ci si
definisce d’un tratto disumani per chiamarsi
l’un l’altro non sapendo come stare, a pre-
servare delle necessità solo quando lo si
vuole, non disconoscendo un’atmosfera da
rivelare in tutto e per tutto. La voce, di
femmineo e irriducibile inoltro alla pelle,
permea il cantato in inglese nel rispetto
dell’idea di come si va a finire, da segnare a
sua volta col piacere di provocare vite ritira-
te manipolandosi in ogni modo, da sfidare
per delle rivincite invece che limitarsi a fug-
gire, in odore di live e con la retrospettiva
crescente. La batteria, attendibile nei lega-
menti strumentali, riconverte una situazione
emotiva per rivendicare posizioni e fare così
incetta di materia d’ispirazione senza signi-
ficare azzeramenti tra gli arpeggi bene inte-
si. Per un puntofermo di angoscia e paura
elettrizzante si esita a sognare delle perso-
nali mostre di continuità, ma, creando un
sound amministrabile, plausibile in formato
pausa, ci si lavora con dedizione, al fine di
diventare un qualcuno per autogiudicarsi e
affrontare imprese più grandi di noi, a sve-
lare le identità, le tentazioni a portata di
mano. La ricetta magica per fare esplodere
la testa sta tutta nel potere di “dare” tra
rumori di licenziamento, di sensi che man-
cano all’appello, da trascinare dalle fiamme
dell’istinto impressionando col coraggio di
descrivere l’idea del buongusto a rallentare
le patologie del Male per lasciare tempo alla
Ragione, una cosa che ti porti per tutto un
Essere, nel seme della vanità esistente per
dipendenze normali, per un giusto processo
di revisione dell’asprezza immaginata per
chitarre incrociate a fare il bello e il cattivo
tempo, nei vari trasporti d’orgoglio. Il metal
per le dovute applicazioni passionali non ha
la fortuna però d’incorniciarsi per i virtuosi-
smi tipici del rock’n roll, e si dimora spesso
in frequenza tonale. VOTO 7.5/10
Vincenzo Calò
M E L A T T I
“Quando le ore e
i minuti sono
Uguali” (Delta
Top). Per salire di
un punto esclama-
tivo ci si deve raf-
forzare in piena
comunicazione, con
armonie riprese doverosamente ad Arte per
la copertina, che sbaragliano qualsivoglia
impedimento di natura pop. Nei testi, bril-
lanti per la dedica, trascinanti quando si
ricorda un giornalista sensibile come pochi,
Giuseppe D’Avanzo, permangono sospesi gli
arrangiamenti depurati cogli archi (by Mar-
co Morandi) e l’elettronica, avvertendo così
convenzioni in un chiaro segnale di sollievo.
Questa band appaga a tratti come i Tiro-
mancino, cogli arricchimenti ispiratori da
depositare lentamente in un silenzio senti-
mentale, assordante, che si riaprirà d’ora in
avanti in modo stabile. Matti giusto per
stare bene, ci diamo lezioni di magia con un
tatto da riempire per una clausola di supre-
mazia applicabile grazie a supporter e colla-
boratori guardinghi sull’Ep, come Christian
Wright (curatore dei progetti di Muse e Kea-
ne), David Rhodes (il chitarrista fidato di
Peter Gabriel) e Daniela Di Mase
(talentuosissima pittrice e grafica), quelli
che sono in grado di sintonizzare il senso di
trasporto al rinnovo dell’Universo duro co-
me i colori in una raccolta degli stati di fer-
mo… perché la morale sulle fiabe non può
significare sempre un passo indietro.
VOTO 9/10 Vincenzo Calò
STORM CORROSION. “Storm Corro-
sion”. (Roadrunner/Warner).Il produt-
tore dei Porcupine Tree e il leader degli
Opeth, già in col-
laborazione du-
rante le registra-
z i o n i d i
“Blackwater Park”
nel 2001 per gli
Opeth appunto,
uniscono il loro
fiuto denaresco
per gettare sul
mercato un album vantato come capolavoro
del dark-wave , a tratti acustici e a tratti
ambient, a me non convince anzi non con-
vincono quasi mai queste strane unioni…
Antonio Di Lena VOTO 5.5/10
Pagina 39
TIMORIA"EL TOPO
G R A N D H O -
TEL"(UNIVERSAL)
Qua si gioca sul pes-
simismo dimensiona-
le con un talento,
che non si crede di
avere, per suscitare
emozioni, filtrare analisi di uno sballo mai
adagiato sulla pelle. Classica restaurazione
di un principio di ribellione, di un sogno.
Godi facendo parte del ribrezzo provato
dagli altolocati, dal vicinato che non ti co-
nosce, prevenuto ma comunicante, per
l’univoca forma di un’agonia decentralizza-
ta, in merito alla pesantezza della solitudi-
ne da spartire ufficialmente. Ci sono pezzi
abbandonati ad un pathos elevato all’enne-
sima potenza, non compatti, forse per non
apparire intellettuali e antipatici di conse-
guenza, riprodotti da un malessere da revi-
sionare, che genera isterismo curato ad
arte, attraverso un rock alternativo, che
non guarda in faccia a nessuno, che rasse-
rena la disperazione per un’emarginazione
in fondo necessaria per riscoprirsi, per non
passare inosservati, con delle chitarre elet-
triche meravigliosamente balorde, che si
aggrappano alla coda di una voce parlante,
avente degli acuti stiracchiati nella frenesia
della melodia che si vuole espandere, pos-
seduta da una vena poetica, incalcolabile
se i Timoria la dovessero sputtanare, fino a
riempire l’atmosfera lentamente, di una
libertà di significati, che se non la reggi più
sei costretto ad appellarti al conformismo
più popolare, tombale. Le riflessioni si ri-
lassano in un sentimento inghiottito come
se nulla fosse epocale, per l’idea di far ru-
more suicidandosi, smussata fuggendo nel
mondo coi suoi brevi cenni d’intesa, con-
vinti di non avere lasciato un segno di spe-
ranza alla gente che non la smette di ca-
garti sopra strizzando l’occhio. Eppure c’è il
fiato per sfidare l’aria di un nuovo giorno,
ad animare il sax ed emesso pure nei flau-
ti, per fingere d’essere forte, quando inve-
ce non vorresti accorgerti di stare sospeso
in caduta libera. L’eccesso di spontaneità
però si avvicina al ridicolo, l’identificazione
in tal caso è dura, addensata per giunta
dalla notturna predisposizione all’assurdità
della Vita, stavolta attraverso un’erotica
singletudine, con un sound senza fronzoli a
scrostare l’udito per lo stantuffare alle per-
cussioni, ad un ritmo inviolabile che poi
viene bloccato per l’americanità del vagare,
di dura esportazione, immaginando di te-
nere testa a dei monumenti che rispondono
al nome di Bob Dylan o di Jim Morrison.
Lasciata sfogare la band, l’album comincia
ad ingrossarsi di una leggerezza armonica
gravante sui contenuti, a rendere quasi
scadente la deduzione, che da culturale
retrocede in culturistica, con collaborazioni
pop per un presumibile adattamento radio-
fonico, ma è una pecca che puoi riuscire a
constatare solo se ti ostini a memorizzare il
complesso d’intenti borghesemente, dall’al-
to verso il basso. Alla fine del mondo, dor-
mi, prigioniero di un dovere che ti leva i
pensieri dalla testa. Ti richiudi nelle verità
degli operatori in attesa, col coraggio di
esporre delle idee parlando in maniera ec-
cessivamente chiara, con la capacità d’im-
porsi per ritenersi tranquilli nelle alleanze
fatte con chiunque abbia da dire qualcosa
sulle iatture, sulle nostre speranze, al tran-
sito di più cadaveri ripresentati in fase
esponenziale, a impoverire la generosità
con le sue storie di assurdità temporanea,
di un bene privato, oltre le nostre invalidi-
tà, di un impeto drammatico, battezzatrici
di nuove voci convenzionali, non propense
alle analisi batteriologiche in riguardo ai
simboli storici della purezza, non sapendo
da dove si debba cominciare, cogli occhi
accecati dalla polvere alzatasi dalle cancel-
late osservazioni di una pressione sangui-
gna abbassatasi a calpestare le fragilità
nell’effettuare precisazioni senza annoiare,
su come riprodurre il fiato per non darla
mai vinta ai vermi nello stomaco o sulle
radici spoglie, in un astensioni stico modo
di confortarsi. Torniamo a casa non facen-
docela ad alimentarci, a curare il proprio
orticello con le mani immesse nelle porcate
che si vanno a benedire, come animali do-
mestici spiaccicati sulle strade, dopo aver
pagato dell’acqua, il suo consumo regolare
come gli affetti per constatare le responsa-
bilità, tristemente pattuite per aspirare il
gas fuoriuscito dal disappunto appreso con
la difficoltà di definire un’offerta per non
risultare letteralmente dimenticati tra l’in-
ventiva e la sensibilità coi costumi addos-
so, replicati volendo un tempo per sé, per
arrestare la rottura di palle nella condivi-
sione di qualche interessi, nelle favole di un
errore, e andare più lenti, per una colonna
vertebrale dalle inclinazioni impopolari, coi
fastidi più ricorrenti del solo dolore esisten-
ziale, quello che semplifica gl’innamora-
menti, i percorsi introdotti all’interno della
gestione fisica, tra le pause pubblicitarie
per promuovere divieti di sosta come opere
di goliardia avvicinanti la massa terrestre
con una forza di attrazione poco impegnati-
va, a spezzare l’immobilità, il variare delle
mode, della comunicazione per star bene al
controllo del contatore energetico, per sen-
tire forte il tuo buongiorno a valorizzare
prodotti sicuri, ad attrezzare gl’impedimen-
ti per rimediare una sovranità che rappre-
senti l’attenzione sui processi emotivi che
sporcano la pelle, l’età che non interviene
per trovare una soluzione alternativa
agl’insani divertimenti, la musicalità di un
sentimento nelle fasi d’irritazione, associa-
ta ad un notevole giovamento, all’iniezione
di altro sangue, ovvero la venuta in visita
del segnale fisico di confine tra due anime
moltiplicate per gli sforzi civili nel prenota-
re un pensiero cortese, come le sberle fic-
canti di una violenza minore, impraticabile.
Voto: 8,5/10 VINCENZO CALO'
S T I L L F E A R " B e l i e v e O r
Not" (UkDivision/Depressure Records)
Ci giunge in redazione questo cd dei Tori-
nesi Still Fear, devo dire che, leggendo la
biografia di questo gruppo, dal 2000 ad
oggi certo che avete fatto dei passi da gi-
gante. Questo "Believe Or Not" non scher-
za affatto, sì perché i tre :Dario"DD" (Voce
&Basso), Matteo "Matt Rooster" (Chitarra
&Cori) e Samuele "Sam" (Batteria) hanno
prodotto un piccolo capolavoro, dieci pezzi
mai banali e
curati con
tecnica e
tanta passio-
ne. Il cd,
r e g i s t r a t o
presso lo
studio Zeta
Factory di
Zola Predosa
(Bo), è stato arrangiato, registrato e mi-
xato con la supervisione di Leo Magnolfi.
Solo due considerazioni: la prima, nella
traccia numero uno sembra di ascoltare la
versione new-wave di Polly dei Nirvana in
alcuni arrangiamenti. La cosa che però mi
lascia scioccato (fatemi sapere anche voi
ragazzi) è quella che mentre ascolto la
traccia dal titolo "I Know" il ritornello fa
riecheggiare in me un pezzo di Ricky Martin
dal titolo "Livin la vida Loca", non riesco a
spiegarmelo ma va bene così perché in
tecnica, grinta (in questo cd ce n’è tantissi-
ma) e passione il gruppo sforna un piccolo
grande gioiello. Da non perdere, consigliato
ai fans di Kiss, Accept e Wasp, perché non
bisogna ascoltare solo i gruppi che sono
lanciatissimi, spesso chi si trova nella sce-
na alternativa merita molto di più e vi assi-
curo che gli Still Fear meritano davvero
t a n t o i n p i ù . O t t i m i .
Antonio Di Lena VOTO:8.5/10
Pagina 40
FURYU“Ciò che l’Ani-
m a n o n d i -
ce” (Selvarossa Re-
cords ) L’effetto
(visivo) fa rima con
perfetto improvvisa-
mente con una finezza
grafico/concettuale figlia della sperimenta-
zione profusa come incipit del metal preso
dalle sonorità puntellate un po’ di funk,
partorienti diversità in poetico aplomb (se
spremi le meningi rievochi tratti marlene-
kuntziani), sopra il tono strumentale, smus-
sabile con la tecnica negli arrangiamenti,
che si distende mediante scuotimento prog.
Una band fortemente ma pure fintamente
nuova, dati i componenti che masticano
musica da sé, piacevolmente e non con la
solita rabbia tipica del rock. Sul Tempo che
intermedia tra le necessità da liberare come
schiacciate mosche bianche si comprende
come far funzionare l’Ego per impegnarlo in
un tornaconto preferenziale. Al proliferare
dell’attesa di uno spasmo singolare, il senso
dell’identità consiste nell’automatismo di
fatti stabiliti tra le conseguenze della con-
dotta civile a reintegrare i segreti del vero
peccato, di quel cielo che frigge nella misu-
ra del probabile. Il rivedersi in pendenza,
con la prevedibile circolazione sanguigna,
disseminerebbe pochezza d’intenti. Su
specchi insaponati si costituiscono i progetti
per meravigliare in un posto isolato, vacan-
te. In un sintomo di potere, d’appagante
valenza, gli appuntamenti a ritroso tra sor-
dità e iniziativa si disdicono provocando
così percorsi di studio all’altezza della tra-
sparenza… col trasporto essenziale ci si
r i t r o v a d i n a n z i a l l ’ a g i a t e z z a .
Voto: 9 /10 Vincenzo Calò
CLAN BASTARDO.
“Clan Bastardo”.(This
Is Core Music). Quat-
tordici tracce che corrono
come un euro star folle e
senza controllo, un punk
che sa di follia oltre i limiti con suoni più
live demo che cd, ma ciò non toglie nulla ai
campani Clan Bastardo. Pezzi che narrano
di una vita vissuta e sentita in pieno, feste,
trasferte, scontri, nervi, disagi e rabbia.
Pezzi cantati in italiano tutto per rendere
più fruibile l’ascolto. Antonio Di Lena VO-
TO:7/10
IL CANE. “Risparmio
E n e r g e t i c o ” .
( Matteite/ Venus).
Matteo Dainese ( Mea-
thed, Ulan Bator), speri-
menta ancora una volta la
sua scelta artistica, album pieno di collabo-
razioni, dai Zen Circus agli Amari, ma tutto
non rende l’album imperdibile, sarà forse
l’incomprensione moderna o una pessima
distribuzione/pubblicazione, ok una suffi-
cienza non è per forza di cose un ottimo
risultato, spesso nasconde pecche ben più
g r a v i .
Antonio Di Lena VOTO:6/10
FOCUS INDULGES. “Hic Sunt Leones”.
(Doomymood).Il prog italiano anni 70
influenza e domina l’es-
senza di questo piccolo
gioiello tutto made in Ita-
ly. Il trio composto da
Carlo Castellani (basso,
organo e pianoforte),
Edoardo Natalini (voce e batteria) e Federi-
co Rocchi (chitarre) ripercorre sound di un
prog heavy che sa di rock blues e di tanta
religione “ sabbathiana” tanto per non per-
d e r e l ’ a n n o d i r i f e r i m e n t o .
Antonio Di Lena VOTO: 8/10
B A R O N E S S . “ Y e l l o w G r e e n ” .
(Relapse/Audioglobe)
Gli statunitensi dopo il
“Red Album” e il “Blue
Album” per rimanere in
tema di colorificio non si
sforzano di originalità e
p r e s en tano que s to
“Yellow Green”. Distorsioni intervallate da
quiete che suona più come musica new
wave sfigurata dalla ritmica assente e
dall’elettronica, un ermetismo musicale a
cui andrebbe aggiunta una guida per com-
p r e n d e r n e l ’ e s s e n z a .
Antonio Di Lena VOTO 6.5/10
AR CANU M INFE-
RI.“Ars Hermetica”.
(Black Orgon). Black
metal diretto e forse non
sperimentato abbastan-
za. Band che viene da
Catania ma con compo-
nenti anche tedeschi e in nove tracce si ha
l’impressione più di ascoltare un demo e
non un cd dall’underground. Da notare la
copertina disegnata a mano che sa più di
demo-tape anni ottanta, genialata che però
non basta.
LINKIN PARK “Living Things” (Warner)
Sono passati quasi tre-
dici anni dall’uscita di
Hybrid Theory, e since-
ramente ero convinto
che con quell’album il
nu metal dei Linkin Park
sarebbe rimasto sem-
pre lo stesso, invece caduti nella trappola
del music business gli americani in questio-
ne hanno prodotto delle boiate atroci, uno
fra tutti il cd con J-Z. Ora tornano con que-
sto Living Things ma nulla sembra essere
cambiato, per quanto si sforzino a farci
capire che vogliono sembrare incazzati,
fatemi un favore cari Linkin Park se incon-
trate qualcuno che tredici anni fa ha aqui-
stato Hybrid Theory statele alla larga, po-
trebbe essere lui quello incazzato davvero.
Antonio Di Lena VOTO 3/10
LE CARTE “100” (LaRivolta/Zimbalam)
Se vi piacciono Afterhours e Ministri, si
band con la voce graffiante a tinte pop
rock, be fate un pensie-
rino per questi Le Carte.
La band attiva dal 2007
si presenta con una for-
mazione tipo se voglia-
mo usare un gerco calci-
stico, batteria, chitarra e
basso ovviamente in attacco ci mettiamo la
voce. Un album con diversi potenziali singo-
li racchiusi da giri armonici che arrivano
subito all’ascoltatore. In bocca a lupo. An-
tonio Di Lena VOTO 6/10
L A N A D E L R A Y “ B o r n t o
Die”(Interscope) Preceduto dal singolo
“Video Games”, l’album di
debutto della statunitense
Lizzy Grant in arte Lana
del Ray (suona meglio
infatti) in tutti i sensi del
omonimo debutto disco-
grafico del 2010. Suoni dark-pop sono la
migliore miscela che si amalgama con un
cantato malizioso e costante, il vero picco
d e l l ’ a l b u m è N a t i o n a l A n a -
t h e m . . . c o m p l i m e n t i .
Antonio Di Lena VOTO 7/10
CRANBERRIES.“Roses”.(CookingVinyl).
“Siamo tornati perché eravamo stanchi di
vedere i nostri figli,
cercare i nostri concer-
ti su You Tube”, enne-
sima rivelazione che
sa di truffa quella rila-
sciata da Dolores
O’Riordan per giustifi-
care il ritorno sulla
scena musicale dei Cranberries, disco poco
rock con sfumature che hanno una vittoria
che suona pop, troppo. In fondo non pote-
vamo aspettarci altro da una delle band che
fa giro nel circuito multimilionario delle ma-
jor che pur di vendere ruotano sempre e
solo sui soliti “artisti”, ci manca tantissimo
i l t e m p o d i Z o m b i e .
VOTO 5.5/10 Antonio Di Lena
Pagina 41
FRANKIE HI NRG-MC "La Morte dei
Miracoli" (VLV/BMG) La confidenza è
carente d’onestà, nella
parola, elasticizzata con
maestria dall’autore, si
rifugiano incredibili ma-
lintenzionati per conqui-
stare la reputazione, ma
appena le luci del giorno
si spengono uccidono la fiducia ricamata in
difficoltà, per il tempo che la strada è in
discesa e ti senti libero, non capendo che
invece lo stai prendendo in quel posto da
dittature dolci come un sorriso. L’etica pre-
dicata bene, bigheloneggia allontanandosi
per dispetto all’essere umano che non av-
verte il pericolo di rompersi le scatole. Gli
effetti sonori investono una trasgressione
filosofica, dimodoché la visuale degli inter-
preti riprenda ad illuminare altri deboli ani-
mali smarriti in sensazioni trascendentali.
Nel disgusto vago i caratteri si staccano e
l’indipendenza che dovrebbe spronarti per
ritrovare l’esatta direzione o perlomeno
scoprire che non c’è, ti riconduce al centro
urbano per inventartene una con quelle
fondamentali nozioni risciacquate con dovi-
zia di particolari in tensione giovanile (qui
sta il bello!). La fregatura impressa da que-
st’epoca che non smette di fecondare nuove
vanità, splende all’atto di cancellare le veri-
tà per modellarti come il sistema comanda:
cose inutili, incomunicabili, ma positive
quando il cuore batte e chiedi scusa per
uscire dalla logica del prevalicare, a dubi-
tarne. L’album è una prova d’orgoglio in
univoca espressione adrenalinica, se non
fosse urticante ci rinunceresti. VOTO
(8+/10) Vincenzo Calò
TIROMANCINO “La Descrizione di un
Attimo” (Virgin) È strano come, nei per-
corsi individuali, tu non
riesca a schioderti da
stati d’animo indefiniti, e
si elabori purezza per
unire prerogative sussur-
rate da persone che non
t’immaginavi contassero
enormemente e perversioni in un istinto
ingannevole a cui corrispondere per non
stare male e disegnare rimorsi o peggio
ancora rancori. L’amore addensa dei pianti-
ni (guai a trattenerli) quando non sai come
muoverti e urli alle storie remote non stret-
te perché le vivevi, ti pareva d’essere culla-
to da ciò che provavi, perché eri felice e lo
spazio attorno accentuava i colori. In men
che non si dica hai davanti significati da
mischiare, sei forte e vuoi riempire silenzi
viaggiando dentro le cause di una depres-
sione. Zampaglione e i suoi scudieri canta-
no all’ Infinito, provocando il dolce risuono
degli eventi, trasmettendo quel pallore
nell’assistere agl’inspiegabili fenomeni natu-
rali, ridimensionandosi con una sensibilità
stritolante viscere ora profumate, per en-
trare nei segreti e incattivirli maggiormen-
te. La trasparenza e stata bandita, riassume
la sostanza in musica pigra con toni sen-
suali senza chiedere nulla. Al termine , non
vedi l’ora d’implorare una dose massiccia di
linfa al prossimo sfigato che lo sguardo più
reale inquadrerà . Che Battisti li benedica.
VOTO 9/10 Vincenzo Calò
COLDPLAY “Viva la Vida” (EMI) L’an-
nuncio dell’ultimo
avvento di questa
band è sensaziona-
le, strumenti musi-
cali che si rincorrono
in lungo e largo a
ricreare uno spasmo
t r i d i m e n s i o n a l e
(almeno lo s’immagina tale), in preda ad
una passione stratosferica, provata da pul-
sazioni atmosferiche suggestive e aventi le
ore contate sui dettami moderni cancellati
con lugubre ironia, alternata al suono or-
chestrale dell’imprescindibile sorte che ci
costringe a recuperare l’oggettività andata
persa perché non apprezzata fino in fondo
dai benpensanti, con le loro certezze tra-
montate convertitesi in ballate terrene, di
un rock fatto all’aria aperta (in Violet Hill ce
n’è per tutti), meditata dove ha accesso
l’amore per la ragione, profanata dalla de-
solazione con un pop architettonico. La de-
nuncia fa riferimento alla risoluzione dei
problemi processuali mettendoci in condi-
zione di vincere solo lontani da casa, per
saper essere convincenti, per cercare di
respirare. Per un’esistenza normale si pro-
pone oramai un patto col diavolo, conosciu-
to da tanto tempo, e si sceglie di dire qual-
cosa di speciale con una lettera scritta per il
presente, che deve farci capire al più presto
che non siamo sbagliati, ma caratterizzati
da pretese più o meno arrogate, concretiz-
zati nella persecuzione, targati, firmati e
profumati da pene civili che continuano ad
accumularsi nell’interesse generale. Si ri-
nuncia a prendere la parola sulle prospetti-
ve future, per comprendere strategie su
fronti opposti e tornare a vivere pacifica-
mente, con la serenità indispensabile, senza
candidarsi come bella notizia, ma bevendo
la morte da negazioni ingannevoli, in una
riunione di assonnati, tra sostenitori e ami-
ci, per risvegliarsi amaramente, senza l’or-
goglio di una cultura etica. Conversando, si
rivendicano logiche di puro mercato e ba-
sta, una messa in moto invece avviene lot-
tando per quello che si crede, aiutandosi a
costruire una casa per non essere lasciati
nel dimenticatoio, inopinabile, al contrario
della libertà, del suo classico significato.
Vincenzo Calò Voto: 9-/10
S U S P I R I U M .
“ S o u l l e s s ” .
(Autoproduzione)
Nero, nero il cd nero il
sospiro che ci accompa-
gna in questa opera.
Questa non è musica,
ma pura poesia “nera”, stupenda autopro-
duzione del solo Project Suspirium che ci
regala cinque tracce di un black-metal pos-
sente e a tratti omicida, la nevrosi attac-
cherà qualsiasi ascoltatore, l’odore di morte
è già nell’aria e la poetica certo non manca
a fare da contorno all’addio “eterno”. Otti-
ma registrazione stupendo il disegno inter-
no al cd (chi è l’autore?). Peccato che non
tutte le tracce siano in lingua italiana, vi
consiglio infatti di leggervi il testo della te-
nebrosa “La foresta che Urla nelle Tenebre”.
Un altro talento nostrano ancora racchiuso
aimè nell’ombra, comunque complimenti.
VOTO 8/10 Antonio Di Lena
L E O N A R D C O H E N . “ O l d
Ideas” (Columbia).Uno dei pochi artisti
che amalgamano alla
perfezione l’intreccio
rock e poesia, pensavate
che solo un mito ormai
lontano come Jim Morri-
son potesse tanto? Inve-
ce, c’è tuttora un mito
vivente, qualcosa che non passa di moda
perché la moda non gli è mai passata da-
vanti, diretto e inquieto. Certamente ci so-
no voluti ben otto lunghi anni ma alla fine
queste dieci tracce dimostrano come la mu-
sica se attesa, a volte è più affascinante.
Signori e signore questo è Leonard Cohen.
VOTO 7/10 Antonio Di Lena
Pagina 42
CARMEN CONSOLI "Un Sorso in
Più" (UNIVERSAL) Con un sound decisa-
mente avvolgente, che rimane nella pelle,
covato oltre il presumibile ascolto dell’inti-
mo denso di lezioni di Vita e che decora,
i n t e n s i f i c a n d o
m a g g i o r m e n t e ,
solitudini di tra-
scorsi emotivi che
non si riesce più ad
innalzare, la can-
tantessa si restitui-
sce saggiamente
alle sue dolceama-
re parti mancanti, da cui fuoriescono am-
plessi di aggettivi qualificativi ad ingabbiare
altrettante figure marginali dipinte con note
musicali provenienti dal valore di una terra,
la Sicilia, tramortita da un’inculcata, placi-
da indipendenza che incuriosisce se ne
ricostruisci una voce narrante. Carmen non
puoi strapparla dalle radici, verrebbe meno
l’interpretazione, elettrizzata dal mandolino
o lubrificata con una goccia di bossanova,
in uno stile prettamente aristocratico. Gli
umori delle percussioni la toccano mentre
canta agli occhi ammutoliti del pubblico, a
perdifiato, sancendo femminilità in chiave
rock (caso raro), e con la paura di morire
lasciata libera in uno stato di fermo, nelle
romanzate trasgressioni dalla bocca aperta
e svuotata dai ritardi della caparbietà, di
assumere colori a seconda di una grazia
con la quale s’impara a studiare le teorie
sull’amore, cancellate dagli sconvolgimenti
della psiche nel corpo umano che non sorti-
sce nessuna età, bensì orizzonti lontani. Da
"L'eccezione" si diffonde un inalterabile
aroma classico, per non parlare del riusci-
tissimo trapianto da un genere musicale
all'altro di "Can't get you out of my head"
della Minogue, dove testo e arrangiamento
vengono ripresi al rallentatore facendo
sembrare che il brano torni inedito. Ti sof-
fermi sui domini passati, sulle pagine di
diario da conservare, per credere di poter
pensare, ideare, aprendoti a nuove comu-
nicazioni con la tipicità di un sano vivere
che sviluppa il Futuro e la qualità ambien-
tale che sbatte in faccia ogni verità, con la
costanza delle sopportazioni impossibili da
individuare. Condannati agli accordi sotto-
banco, ti comporti da amico/a modello al
momento degli omicidi seriali o in un pre-
lievo del sangue. Per approcciarti alle fonti
dirette guardi la Vita con impegno e serie-
tà, parlando in malattia regressiva a dei
giovani incomprensibili ma non rivoltosi.
Nel serbatoio delle immagini, sguardi con-
sumati dagli indumenti che fanno trasparire
si sciolgono per amore di uno sfizio tolto
morsicandosi la possibilità di esistere in
prospettiva. Spostandoti in zona centrale,
con la paura di non andare da nessuna
parte, ingerisci la materia, fai cadere qual-
cosa di strano nel bicchiere d’acqua per far
fruttare un credo e darti poi la caccia
nell’età che avanza per indirizzi classici. Ti
consideri un regno nel regno, forse bello/a,
con tante difficoltà a dipingere la bellezza
delle cose, la base di ogni regolamento per
fare formazione senza sembrare farragino-
si, per rapportarsi alla natura di ogni pro-
dotto che ti precede. I fatti di oggi sono
limitati alle elite, non permettono di dare
cultura con una memoria storica. Con una
metodologia gratuita ci si aggancia ai punti
interrogativi. Si sta sugli utilizzi della pelle
per una molteplicità di proposte convalida-
te dalla scienza che non riesce più a descri-
vere i danni morali distribuiti in pratiche
leali. Ci sono delle esigenze fondamentali,
ad esempio il dovere di essere una sensa-
zione di beatitudine da trascrivere in lingua
propria e d’aggiungere ad una dimensione
tenuta a livello di carattere generale con
una corretta alimentazione, ai benefici
d’ampliare senz’aver presentato concreta-
mente ancora il progetto per disciplinarsi al
limite degl’ideali, mentre quello per metter-
si in evidenza tra insorgenze sentimentali e
magari precoci si diffonde nell’Anima svuo-
tata della sua importanza da inserire in
esperienze di Vita preconfezionate, conclu-
se con una premiazione e nel rispetto di
pochi sorrisi. Si fa per giocare coi baci della
sete, a bordo di una barca di carta, nella
concessione dell'immunità all’immensa e
sottile numerologia che non permette di
osservare la demenza in sede di attività
didattica, nell’esercizio delle prerogative in
periodi diversi, nella sfera della personalità
adeguata ad approfondire le novità che ci
sono, più o meno. Voto: 8,5/10
VINCENZO CALO'
DREAMSCAPE“Revoiced”(Massacre
Records) Tra pressioni esterne e chiusure
interne si posano profezie di un silenzio a
tema, universali, sull’i-
stinto che primeggia
ripresentando fatiche di
libero arbitrio in un ciclo
solenne d’eventi. Al
centro del metal (di
relativa criticità) scintil-
lano nudità di una decadenza dall’aspetto
ch’è l’ideale per voltarsi indietro, all’ovvietà
regnante sulle sue transizioni, che rileva
prestiti d’Orgoglio, riavviabili come abban-
doni spirituali. L’espressione consequenzia-
le irradia i fondamenti del sound assai sfer-
zante, il privilegio di generare peccati con
la forza della sessione strumentale al limi-
te, trasparente. C’è energia che ti spinge
da nessuna parte, strappando il Tempo
dalla selezione dei cadaveri che ci portano
via, come barche nel sangue, nella natura
umana in guerra con se stessa. Il piacere
sta nel sottolinearci ad ogni latitudine od
angolo di Dolore, ci fa credere d’essere
lontani, a condizionare la soluzione in chi-
tarra solida, fra apatie contrastanti, ri-
creando delle identità, gli unguenti per le
dannazioni, come doni di tecnica compositi-
va, da osservare in condizione fisiologica,
con l’autocontrollo del disumano, mentre
questa band tedesca si ricostituisce o si
disattende con opere d’arrangiamento, tipo
abbinare delle voglie in manovre vocali
(significative le livellature tonali di Roland
Stoll) che modificano il modo di gustare la
personalità nel rispetto dei Dream Theater,
presi come acerrimo riferimento. L’unicità
d’intenti si lascia contagiare dal piano re-
condito, tastato per una dinamica intimida-
toria, di disimpegno, di senso d’orienta-
mento, cosicché i segni sulla pelle avranno
un prezzo, una lunghezza di dettaglio ar-
monizzabile di controcanto. Il progressive
si rende contaminato approvando tutto
tranne la fortuna di riprendere vita nervo
per nervo, scoperta per scoperta, col respi-
ro in corso d’astrazione per ribattezzare
apprezzamenti come un gioco per sfinirsi,
d’invito sinistro, riempito di novità regolar-
mente, perché risucchieremo fondi contrari
al Disincanto supremo, strattoneremo cose
intatte ora, quali le capsule di una minaccia
estorsiva, di questo lavoro che riassume le
o r i g i n i d e l g r u p p o .
Voto: 8,5/10 Vincenzo Calò
HERETICAL SOUL “Moonlight Dressed
Landscape” (Demo) Finalmente un de-
mo con i contro c...i,
direttamente da Par-
ma gli Heretical Soul ci
regalano un demo che
subito dopo l’intro ti
schiaffeggia con un
black metal che mar-
tella e distrugge l’a-
scoltatore. Viscerale omaggio alla scuola di
Burzum e Immortal, “Moonlight Dressed
Landscape” si trasforma così in un suono
dalle chitarre dai riff malvagi e accattivanti,
trascina odio e ritmiche schiaccianti. Le tre
tracce (+intro) che formano il demo sono
più che valide, anzi distruttive.
Antonio Di Lena VOTO 7/10
Pagina 43
LENULA "Demo di pre-
sentazione" (Demo).
Eccomi nel club delle de-
cadenze, cosa noto? Buo-
na scelta dei tempi musi-
cali, che permettono ai
testi di riprendere fiato dallo scompenso
psico-formativo di una voce scavata da una
classica metodica nello sviluppare l'elettro-
nica, e non esagero a dire che sembra pos-
seduta dal genio di Vinicio Capossela, rie-
quilibrando le sorti di una sensibilità nel
percepire l'attitudine alla morale talmente
latente che diverte, nell'affluire dell'intera
strumentazione sciolta con audacia, ad un
lavoro il cui andazzo è tenuto saldo dal
suono ampio, nel suo Sali e scendi, della
batteria, mentre quello del piano sbuca tra
il buio e la luce degl'intenti come una lingua
imbevuta di whisky a solleticare l'udito. È
lotta contro il limite imposto dalla monoto-
nia dell'oggettività, basata s'una sperimen-
tazione incorruttibile, che sorprende chi
pensava come me che questi fossero i soliti
sfigati in cerca di vana gloria, invece sanno
il fatto loro e paradossalmente non hanno
l'ansia di dimostrarlo, come se si acconten-
tassero a giocare con delle doti naturali,
dando l'idea di consumarle in un sol botto
di festa malinconica a rievocare addirittura
gli spiriti benigni del blues e del soul, che
però non appaiono, dando modo all'atmo-
sfera d'incagliarsi tra i fumi della beat-
generation. Parole usate con l'arma del
giudizio farebbero male da morire, essendo
sempre in emergenza, vivendo segnati
sempre nel profondo da quello che si tocca,
e per riconoscere uno stato d'animo indi-
pendente devi fare mente locale dando
delle risposte al Destino con calma e senza
problemi. Si rimane poi nell'ombra, a divo-
rare il saluto del vuoto, escluso dalla curio-
sità fatta passare senza rendersi conto della
pochezza della gente che urla nell'orecchio
dell'estraneo di turno, nei panni di una veri-
tà furtiva per farsi confortare, scatenare la
fantasia, la testimonianza nei processi di-
sgustosi al coraggio di dare. Un contesto
ostile all'emotività non ti ripulirebbe lo sto-
maco, servirebbe una lavanda gastrica, e
quei capogiri conseguenti. Perplesso in
quanto uomo, si deve tutto a un Dio che
prova ad essere amorevole, che ha dimen-
ticato la dolcezza nelle disgrazie del venire
a costituirsi. Vincenzo Calò Voto: 8/10
TRAFFIC LIGHTS ORCHESTRA “Verde
Yellow Rouge”. (Autoproduzione)
Con la visuale sempre parziale per caratte-
rizzare un’alternanza di edificazioni melodi-
che e rotture d ’arrangiamento
(assolutamente non di scatole) si decide
quale ritmica impegnare,
l’accesso più gradevole al
deposito delle occasioni
perdute, di rivincita, sen-
za stentare nel qualificare
inventari effettuati acqui-
sendo il riserbo di menti
eccelse, premiate come solitudini a tutti i
livelli. Un significato per ogni progetto di
suono incanta, si lascia addirittura dimenti-
care per il rumore che fa, ma ti rivolgi a dei
professionisti scommettendo sulla definizio-
ne strumentale, nel buio fitto degli accordi,
in scadenza, tra gli eventi calcolati col fiato
sospeso per guerre annunciate da sorti
subite, non studiate alla perfezione perché
lasciati sul posto, con le sirene spiegate, a
comporre l’umanità, ad estrarre corpi vivi
per un impuro caso, dallo stile insegnato
per inseguire il mondo reale, la musica
inaffidabile… stile che trattiene sbadata-
mente l’illusione, vibrante, d’arrivare a tut-
ti, col trasporto di una pena di Morte e la
Natura incresciosa per l’Emotività. In un
immaginario che si espande per merito
puramente artistico, all’interno di un’osser-
vazione gratuita e dunque elettrizzante,
esplodiamo come interpretazioni, comun-
que sovrastabili da ogni singolo brano, di
marce ingranate (con la voce di vinicioca-
posseliana memoria), dopo essere stati
giudicati per le tracce di un divieto, di risor-
se alle quali non s’è attinto, che sono dive-
nute quadri di tolleranza per chiarimenti
ideologici mica tanto necessari. Le percus-
sioni vagheggiando si affrontano da subito,
col pianoforte che scava ma non troppo
nell’intero lavoro, oppure cogli archi che
sanno anch’essi il fatto loro ma non fino
alla follia… in teoria con l’assurdità da in-
tendere facendo strada tra le entità svuota-
te con oggetti di furto, sotto una pioggia di
giocattoli (come a svuotare un sacco che
non compensa però il sound denso d’ascol-
to), e sorrisi recuperati, a pochi passi dal
rock, ritenuto pertanto indie, costretto a
venire garantito per uno sbiadito marchio
storico, senza più un prezzo di stabilimento.
Voto: 8,5/10 Vincenzo Calò
THUNDERBOLT“Demons and Diamonds
“. (Massacre/Self Records) Questo è il
primo lavoro a tutti gli effetti di una band
norvegese che si deve ricordare dell’impor-
tanza della personalità piuttosto che rap-
presentare in copertina una sensuale mi-
naccia per scorticare poi dell’heavy metal
dalla sua stessa storia. Per il resto, sul
sound illuminato solo grazie alla scarsità di
vedute che il genere oggi sciacalla, si coor-
dinano le chitarre fino ad assumere pure
dei riverberi hard, purché proporzionate ai
picchi vocali (by Tony Johannessen) che
non estraniano il cielo del cantato per pezzi
accorti e, ribadisco, poco autentici in gene-
rale… tutto ciò non prima dell’avvento di
melodie imprescindibili, fuori dal tempo,
evaporabili, che il leader tenterà di egua-
gliare grazie allo “strumento” dell’assolo.
Dai testi si denota il desiderio d’istinti nuovi
fuori d’argomenti collaudati, col rischio di
rimanere ininfluenti, a stravedere per i ver-
tici nel chiuso delle polemiche, a ricostruire
storie non ponendo un problema di chiarez-
za nell’impatto con l’ineleganza del combat-
tere sulle differenze tra le fonti di salvezza.
Si pensa a dei legami strategici non imma-
ginando d’affogare in simbologie radicali, in
nome di una fede fin troppe volte svelata
come un’emozione in più, rincorrendo la
pena di vivere per richiamare la forza di
gravità con la voce d’alzare in segno d’equi-
librio, in una mostra reale di penetrazioni,
dove ci si vede inadatti improvvisamente, a
motivare dei piaceri sconvolti per la troppa
credibilità, un incubo per ogni senso
(nessuno sballo) che manda all’avventura,
all’incoscienza nel profetizzare congiure… e
gli oggetti, in scontro frontale, paiono ab-
bandonarsi in un impegno coerente con le
attitudini morali, batoste da totalizzare fra
annunci erotici, drammatici, di sorti da ve-
gliare su crimini completamente ispezionati
con le candele in mano, all’imbrunire della
civiltà come della libertà d’espressione,
incisive all’unisono sulla vana gloria, tra
palchi e passerelle… tormenti da fare inten-
dere senza pregiudizi, per idealizzare prese
d’aria, d’angoscia, e chiedere condizioni
particolari, di ritoccare dei saldi negativi,
fumo negli occhi smisurati per una casualità
generabile in uno sguardo al futuro dipeso
dagl’interlocutori nella forbice di sconto,
incapaci di trovare una responsabilità per i
fallimenti di una monotonia da leccare pri-
ma d’applicarla geneticamente sulle vere
emorragie, quelle attenzioni alla ricerca
incostante di un canale di riflessione, di una
strada per evitare il baratro tendenziale.
Vincenzo Calò Voto: 7+/10
FASTKILL. “Bestial Trashing Bulldo-
z e r ” . ( P u l v e r i s e d R e c o r d s /
Audioglobe). Terzo album in carriera per i
giapponesi Fastkill, poco più di mezzora di
metal trash senza melodia e con molta foga
nel suonare. Cercano di scopiazzare gli
Slayer ma in realtà
l’album si reputa sol-
tanto una mezzora di
pura noia e di mancan-
z e d i i d e e .
Antonio Di Lena VOTO
5/10
Pagina 44
DEMETRA SINE DIE. “Council from
Kaos”. (My Kingdom Music). In veste
dark, l’alternative
prova disperata-
mente a colmare il
vuoto emotivo,
tradotto in metal,
di questa band
genovese all’esor-
dio che, aggrappa-
tasi alla voce coin-
volgente di tal Marco Paddeu, pende in
atmosfere tagliate da una ritmica semitri-
bale per essere poi annientate da un noioso
riff, fino a cadere e rialzarsi malinconica-
mente dalla superficie di accenno progres-
sive. Si percepisce scarso impatto di produ-
zione, a malincuore dato il sound che an-
nuncia la sua fertilità all’amalgama dei pez-
zi. Attraversando i testi si perpetrano risor-
se misere, succhiate per competizioni inevi-
tabili. Ci si ripete per luci fioche, tra ipotesi
di reato ancora da fornire come ricerche di
un abbandono spirituale, cogli accertamenti
sui contatti a indicare una sensibilità nel
vento forte, interpretato come una pena di
Morte, cogli animi dinanzi alle loro vecchie
forme di panico… immagini disattese da
fatti determinati come fuochi fatui, sparsi
tramite prese di possesso incredibili. Ci si
dedica un mezzo termine da trombare in
maniera fisiologica, con facce da spaccare
in un colpo di sballo, fumante all’ascolto del
giusto sempre più latente. Le nostre posi-
zioni s’induriscono, chiuse nei mutamenti
climatici, riviste istintivamente come non
mai, a modellare dei vizi con la pelle sovra-
dimensionata, a sostenere le considerazioni
sulle proprie esperienze… dichiarazioni per
eccellenza, agli occhi che ora si allagano
per un significato in senso stretto, per con-
vocazioni urgenti, fissate sottocosto come
cose da raccontare col fare rassegnato, col
lusso di divenire malati, risposte irragione-
voli per accadere normalmente. Il proibito
campeggia in copertina, femmineo, testi-
moniando sui rimorsi senz’alcun silenzio
analizzabile per contestualizzare un giudizio
sprezzante e chiarirsi come demeriti, rovi-
ne. Voto: 7-/10 Vincenzo Calò
MALNATT "La Voce Dei Morti" (CCP
Records/Audioglobe ). Corre l'anno 1999
e nascono i "Kolon", band thrash metal
con la fisarmonica come strumento sia rit-
mico che solista, nel 2000 la band cambia
nome in "Asgard" per omaggiare i temi
epici che caratterizzano i primi testi, e ini-
zia l'interesse verso il black metal quindi la
metamorfosi. L'uscita del demo "Tetralogia
Vichinga" segna nel 2001 l'inizio di un era
di black metal tutto italiano anzi bolognese,
quindi la band lascia
alle spalle i temi epico-
mitologici e inizia un
serio interesse per la
musica popolare e le
tradizioni locali, tanto
che decide di prendere
un nome in dialetto bolognese (Malnàtt,
appunto). Nel 2002 il gruppo prende co-
scienza che il motivo per il quale vive è
supportare la Supremazia del Maiale, con
ciò che ne consegue a livello sociale, ideo-
logico e culinario. L'originale genere musi-
cale proposto è una sorta di folk black me-
tal cantato in dialetto bolognese e la prima
manifestazione è il full-length album auto-
prodotto "Perle Per Porci".il 2003 è l'anno
cui viene fondata l'etichetta discografica
indipendente "Il Male Production" per so-
stenere la band in attesa di un vero con-
tratto discografico la quale ristampa il full-
lenght "Perle Per Porci". Nel 2004 dopo
l'ennesimo cambio di line-up che porterà
l'allontanamento della fisarmonica, la band
dimostra che può andare avanti anche sen-
za il suo storico strumento e pubblica as-
sieme ai perugini Thodde lo split cd "Necro
Swine Black Metal". Nell'aprile 2005 viene
firmato un contratto discografico con l'au-
striaca CCP Records e a luglio esce il full-
length album "Carmina Pagana". Dopo que-
sta bella e dovuta pappardella biografica si
arriva al capolavoro per eccellenza dei Màl-
natt "La Voce dei Morti". Uscito sia in for-
mato CD ed MP3 il terzo album per CCP
Records non è altro che un concept basato
su chi ha già detto tutto prima di noi e me-
glio di noi cioè i poeti. La poesia viene can-
tata e e si veste di nero per l'occasione
tutto è compiuto ed un idea così originale,
tetra e malefica solo chi crea un movimen-
to a proprio favore poteva averla. Questo
non è un cd ma una vera e propria opera
d'arte del genere, non può mancare nelle
collezioni dei maniaci del genere. Oscuro!
VOTO: 9/10 Antonio Di Lena
C A D A B R A " B l o o d a n d b l a -
des" (AUTOPRODUZIONE) Lavoro stiliz-
zato, calpestabile
dalla stessa convin-
zione nel farlo. Idea
accomodante, dacché
solida e compatta,
ma che andava fram-
mentata per arricchi-
re la sordità della
limpidezza musicale, perciò l’inizio è di pre-
sa insufficiente. Sarà la paura di osare? La
ripetitività del sound (interessante per
estensione di carattere new-wave) andava
colorata con una voce più spontanea e me-
no viscida, che sarebbe chiedere troppo di
sostenerla, come se dipendesse da un ego
pompato con un rock sfumato limitando il
basso e la batteria ad una finta, filmabile
cognizione evasiva. L’effetto, custodito
dunque negli anni ’80, non evolve, tappan-
do oltretutto il surrogato emesso dagli ar-
rangiamenti. L’intrigo è come una cornice
priva d’immagine, dovrebbe presupporre
un’originalità contorta per il gusto, tutto
dell’ascoltatore, di scoprirla…ma dov’è? In
un contesto di tempo stabile, le persone
mutano in figuranti, aspettando per un
attimo la felicità. Si sorride guardando negli
occhi dell’idolatria, ma per poter dare qual-
cosa di veramente incomparabile si devono
sostenere i venti di una generazione, senza
che si approfitti della bontà d’animo tra
solitudini cercate individualmente, riciclan-
do accettazioni di malinconie da toccare
sempre, tra l’oggi e il domani, nel ricordo di
una fede come tante in un’alternanza di
speranze e ricadute. Con lo spettacolo delle
prese in giro, eterni avversari sferrano il
colpo vincente su fibre muscolari ben diste-
se. Un’autostima da porre in verticale pian-
ge così tanto affetto per le scoperte dell’es-
sere umano nella composizione di una car-
ta geografica, di sorrisi che non si portano
p iù a l la r iba l ta t r ionfa lmente.
Voto: 6-/10 Vincenzo Calò
OZZY OSBOURNE “Dont’Blame Me” B/
N-100Mins (Sony Music) Questo video
materiale della Sony Music ( ennesima
trovata pubblicitaria
per $peculare un tan-
tino) ritrae il “non
rimproveratemi” di
Ozzy quando decide di
abbandonare la scena
live. Una sorta di te-
stamento v ideo -
musicale che l’ex
Black Sabbath ha cer-
cato di regalare ai
suoi fans. Certo, dopo
vent’anni di concerti
Ozzy prima o poi doveva cedere, questa è
la dimostrazione però che solo il fisico ripo-
sa ma la $tabilità economica ruota sempre.
Il video è un flash-back della sua vita, dai
successi con i Black Sabbath alle continue
accuse di satanismo e istigazione al suici-
dio. La parte narrativa del leggendario Ozzy
può vantare di collaborazioni come Tommy
Lee, Lemmy, Bon Jovi, Lars Ulrich, Mick
Mars e Joe Elliot, tutti musicisti che hanno
avuto la fortuna di conoscere Ozzy Osbour-
ne più vicino di altri. Che dire, riprese che
sfatano il tabù di un mito.
Pagina 45
TIROMANCINO “In Continuo Movi-
mento” (Virgin Music) Facendosi carico
delle dimensioni spa-
smodiche, in quanto
extraurbane, dell'u-
manità, sulle spalle
nude, questa band
procede per un pop
sapientemente devia-
to da una sofferenza
agognata, introspettiva, che nel suo disu-
so viene giostrato dall'elettronica, effica-
cemente romanticizzato con melodie che ti
lasciano in sospeso, che partoriscono ef-
fetti sonori di cui gli autori n'enfatizzano il
travaglio, per poi tornare a correre con la
fatica incattivita, correre per degli acquisti
di minuzie immateriali in luoghi di fiaba,
come bambini svalutati, strappati per for-
za di cose d'albe che ti trovano imprepara-
to alle traduzioni del cuore, in contatti
rarissimi, a segnare le difficoltà accresciu-
te dagli sconvolgimenti del capitalismo.
Presi a caos avvenuto, mai pronti alle no-
vità, per assorbirsi delle conferme, intuite
e poi subite, sulle nuove generazioni: Uo-
mini in più, fatti da vittorie dubbie, e che
vanno in orbita, o figli in lacrime, nelle
simulazioni del Tempo, che non danno più
il benvenuto alla loro magia per tornare a
divertirsi, per essere sollevati. Si parte da
un mutismo generale per essere ripresi
nelle decisioni infernali con un tono confi-
denziale, in vestiti comodi, girando a piedi
nella bellezza dell'insieme come in segreti
differenti. Tutto parte dall'Amore, su storie
volute come lavori spiegati per chiederci
dei nostri anni, mettersi su una stella spo-
sata alle barzellette, con attori bravissimi,
per completare l'unicità di un premio alle
persone, a quelle che si evolvono nel ri-
spetto del prossimo...del più amato dalla
V i t a .
VOTO: 9-/10 Vincenzo Calò
PINK FLOYD“A collection of Great
Dance Songs” (EMI) Qua ragazzi tira un
vento di rimproveri,
che annulla il con-
formismo. L'elettro-
nica, al suo avvento,
rileva sbalzi di ecci-
tazione, contagia la
valenza dell'essere
vivente espressa da
musicisti sprezzanti del pericolo. Gli assoli
di chitarra vanno percorsi per riscoprire
cos'abbiamo da guadagnare con la forza di
gravità, poiché l'Universo ti seduce guar-
dando dall'alto figuranti all'occorrenza, che
hanno nulla di speciale e scaricano frene-
sia con una sbronza alle pendici di una
voce fumante. Brividi lunghi e malinconia
danzante strattonano lo stomaco, l'acidità
fattela amante mentre gli artifizi risplen-
dono di errori commessi dalla nostra ra-
gione quasi per puro caso...Che invito!
Eppure si può farne a meno, il dissapore
ricade sulle tastiere sfiorate egregiamente,
lo godi elargendo battiti di cuore spremuto
alle percussioni. Un esercito di rivelatori
intanto procede a passo spedito, invade
strutture disintegrate dal disagio nel risie-
d e r c i . L a r g o a i m i t i .
Voto 9,5/10 Vincenzo Calò
THE POLICE“Zenyatta Mondat-
ta” (A&M Records) Un esempio di elasti-
cità spirituale che compensa miliardi d'in-
vocazioni gridate al cielo, di come ci si può
divertire facendo musica, mescolando rock
frizzante con l'anonimato del reggae per
shekerare e riempire di energia il Sole,
bucherellato dagli stati d'animo, che ti
bacia semplicemente sulla fronte quando
sei in balia di una
ritmica che non
passerà mai inos-
servata, coinvol-
gente i retrogradi
che aspettano di
essere innaffiati da
un elisir di lunga
vita. L'acustica
impreziosisce determinando la felicità in
una data circostanza, e poco importa se
alla fine dell'ascolto il senso di beatitudine
si appiana, perché poi sarai così pieno
d'adrenalina che ti verrà di ringiovanire
negli scantinati di un desiderio la nostra
immagine, evitando quel vittimismo ag-
ghiacciante dietro a cui ci ripariamo
dall'appannamento dei tempi. Se ci con-
vincessimo che sta in ciò la chiave del
successo, con la strada sorprendentemen-
te spianata cambieremmo marcia in liber-
tà, e i malanni sparirebbero per far posto
alla necessità di peccare, saltellando sulla
r a z i o n a l i t à .
VOTO10/10 Vincenzo Calò
G.ALLEVI"Evolution" (SONY/BMG)
Quest’artista delizioso,
incantato dalla magia
del suo genio, ricorda
le creature strappate
all’infanzia da una tra-
sgressione che implora
un limite. L’ingrediente
principale per le melodie è il nervo scoper-
to dell’attualità, preda del niente, sfruttata
per fare profitto e consumarsi. Il classico
finalmente non annoia, modernizzato con-
giungendo solfeggio e archi in una danza
ariosa che depura la mente, in una veste
comune, gravida di spostamenti. Giovanni
Allevi riproduce le storie di un momento al
piano, riunisce le diversità di convinzione
spazio-temporale attribuendo alla sensibi-
lità tutta quella libertà che non c’è quando
sei felice o triste, è come se il rumore dei
tuoi passi scattasse una foto al desiderio
fumante di volare verso le note alti, che si
tengono per mano nel bel mezzo dei bra-
ni, con la gola solleticata dal dolceamaro
del complesso orchestrale che strizza l’oc-
chio alla pazzia dell’autore, per una risco-
perta seria e pacifica dei mezzi che abbia-
mo a disposizione per amare l’allegria, i
prelievi di un sangue non più rosso, ma
bianco, al tramonto delle volontà. I suoi
capelli arruffati si avvicinano al pop, come
il volatile al suo nido, con l’ottimismo e i
suoi buchi neri che fanno venire il panico
se ti fermi sul superfluo della vista. In un
contesto di tempo instabile si esauriscono
gli effetti uditivi, s’isola quindi la fragilità
dell’uomo, e rimani nella tua forma a
fiamma alta per infondere l’importanza di
un messaggio divorato, all’aria gustata
sfilando il caldo dal freddo, per far parte di
un fondamento d’immagine e avere sem-
pre ragione, ma poi ti vedi come una co-
stante verifica a materializzare dei rospi in
gola, senza l’entusiasmo nel capire i danni
che provochi alle storie di sempre, quando
siamo in giro per dei perché a descrivere il
cammino di una nube con velature di con-
sistenza, di un totale da superare per con-
dire i bisogni primari in un piatto unico,
con un tocco d’arte, con la consapevolezza
d’essere una persona sotto la soglia dei
ricordi, invece che un semplice stampino
su idee belle come degli applausi sponta-
nei al passato con cui ci si confronta per
raccontare sé stessi, non riuscendo a spie-
gare una sensazione che trasmetta la vo-
glia di esistere in composizioni intrise di
Pace, per dare luogo ad un fenomeno ar-
monico che preservi i colori da una que-
stione di odori abbinata alla fine della Vita
che impazza nel profondo dell’Anima,
nell’acqua del tempo utile per la saggisti-
ca, per mantenere solo il cuore, per ama-
re, sintonizzandoti con la giustizia per quel
margine adatto agli spuntini di stagione,
alle mani di un direttore d’orchestra su
arcobaleni pieni di un Dio flessibile come
un coltello per piccole incisioni alla natura
c h e t a g l i a e c u c e .
Voto: 9,5/10 VINCENZO CALO'
Pagina 46
EAGLES “The Long
Run” (Pandora Pro-
ductions) Anni '70:
Decennio strisciante
sotto l'aspetto delizio-
samente musicale,
sotto un sole pallido
percorrevi le strade
del mondo con una spossatezza leggera
che sempre e solo dopo si rivela finta e
sporca, ti perdevi facilmente nelle viscere
di ogni sentimento e i giri armonici si ascol-
tavano come se aspirassi tutte le droghe
leggere esistenti in un sol colpo. Periodo a
parer mio di grandi batteristi, ritagliavano
esclamazioni cotte a puntino su cui poi
spalmare il sonoro e dare il via alla magia
di melodie che lasciano il segno sulla pelle
già accesa di suo. L'offuscamento delle
ipocrisie non verrà mai accettato, e si ri-
marrà in disparte a pregare ai miti mai
riconosciuti sul serio, avendo molto da dire
per incentivare i vuoti dell'angoscia sociale.
Nella loro classe gli eagles rientravano, e
socchiudendo porte e finestre riprendevano
ad elettrizzare i morsi della fame che veni-
va da noie passeggere di uno spirito che
andava a schiantarsi sui muri vivacizzabili
dal pianto di una generazione, con manife-
sti in bianco e nero. La lentezza, di base in
ogni approccio emotivo, culmina allo strepi-
tare delle sensazioni pluralistiche, quasi
incoscienti di vagare nell'incerto divenire
ecco il pronto ritorno alle funzioni carisma-
tiche. La risoluzione è inevitabile se la mo-
stri attraverso i sussulti provocati da uno
strumento a fiato negli ultimi istanti, all'ul-
t i m a t r a c c i a .
VOTO 9/10Vincenzo Calò
CARMEN CONSOLI . “Elettra”.
(Universal). Carmen, da vissuta botte-
gaia, pare sempre
più pervasa da
pittoresche paren-
tele e di conse-
guenza meno
sondabile, ma
comunque instan-
cabile nel tratte-
nere gli elementi
delle sue origini molestate dal Tempo che
passa, per il quale è indispensabile quell’a-
bilità a inquadrarlo e collocarlo a seconda
delle stagioni dell’Anima prosciugate dal
sacrificio popolare, qui ammorbidito a alli-
sciato con un modo di concepire la musica
tra il tradizionale e il sofisticato, per i rituali
di una perfidia con la quale invece è quasi
divertente stabilire la superiorità di un ses-
so sull’altro in un’immagine di vita quotidia-
na ristretta alla reputazione. Luccica l’in-
granaggio poetico sbattuto tra il dire e il
fare di una voglia d’amare che richiede quel
paio d’ali per allontanarsi dall’incapacità di
ritrovare la sua sorgente divina. A differen-
za degli altri lavori l’ironia è più accentuata,
con la dimestichezza nel sincronizzare la
varietà degli strumenti a corda, facente
leva sulla ritmica, essenziale per l’ispirazio-
ne poi scollegabile dall’intento di focalizzare
come il giusto dal dovuto, e alla fine sfo-
ciante in una seduzione che lascia inerme
almeno un senso d’inadeguatezza da rim-
proverare per destinazioni accolte senza
che ci si appassioni. Le percussioni esage-
rano a non sovrastare l’interpretazione
dell’autrice, agiata in conclusioni invincibili
dacché immateriali, ma agitata dall’azzardo
che non le vivacizza, per poi sciogliersi con
l’apporto maturo dei fiati. Da quest’ultima
osservazione puoi trarre l’indebolimento
delle reminiscenze pop (sarà per questo
che ora lei si affida spesso e volentieri a
Tiziano Ferro?) quando c’è da mostrare la
felicità che vorresti possedere, che attornia
fino a ingoiare i protagonisti e svanire come
sogno a causa della noncuranza della socie-
tà moderna che ha perso di vista gli stereo-
tipi, con l’aspetto mutante in qualcosa
d’impensabile e di eternamente sovversivo.
Ponendo il problema del senso della Vita
s’impediscono caos e vandalismi nel vuoto
in palio fantasticando in eternità sulla veri-
tà non ancora del tutto confessata. Si gi-
ganteggia chiedendo scusa per troppo sco-
ramento riportabile la legge della carità su
arrivi e partenze avvertiti dando sfogo a ciò
che resta dell’orgoglio di sperare ad una
salvezza spirituale. Per farci perdonare de-
gli errori scommettiamo ulteriormente sulla
spontaneità nel promettere lo spegnimento
di un rancore imprendibile in innumerevoli
diritti da rivendicare, imbrogli da contenere
in un gesto di coraggio rumoroso come un
colpo di scena per garantire l’aggiornamen-
to su fenomeni naturali in graduale atte-
nuazione nel segno della Pace venerata in
largo col vociare tortuoso di un mondo in
pugno di ferro, non rimosso in superficie,
dal tempo per monitorare delle patologie,
messaggi in sospeso tra prigioni di sogno,
di amanti abbandonati ad una botta in te-
sta con le tradizioni, da rispettare sobria-
mente, di un puritanesimo segregato nel
Destino dell’emozione partorita sempre
dalla parte opposta alla consuetudine che
riesci a ritrovare se ti raccogli in modestia,
se non ti cali in alcun ruolo per un lancio in
verticale. La soluzione, ch’è vicina se la
pensi da lontano, serve il suo delirio all’e-
nergia intatta nella poesia presunta, tratte-
nuta sul tema dell’accoglienza, durante le
buone feste terrene per pregustare il sapo-
re del crimine rimesso a posto in ammissio-
ne su acque stagnanti che non sai di tocca-
re rispondendo con un sorriso alla cattiva
dentatura che ci dedichiamo in cambi di
p r o p r i e t à e l e t t i v a .
Vincenzo Calò VOTO : 8/10
DAVID BOWIE “Changesbowie” (EMI)
Tessendo disfacimenti per prestare giura-
menti d'amore fuori dal mondo, David Bo-
wie ha avvelenato schemi di osservanza
civile prestampati,
truccato a festa il
mortorio causato dal-
le esemplari espres-
sioni di una mediocri-
tà infallibile agli occhi
dei suoi corruttori,
con una stravaganza
autenticizzata per mezzo di fenomeni di
costume inventati di sana pianta e che so-
no rimasti annidati nel protrarsi di certi
amplessi punkettari. Parlando dell'uomo, ha
avuto grinta da vendere per rimediarsi tra
le generazioni vecchie e nuove montandoci
sopra elaborazioni d'immediato fascino
linguistico. L'interpretazione lo schiavizza
sui palchi della memoria. Fondamentalmen-
te musicali, i brani sprizzano energia che
infine accontenta tutti i disadattati. La vena
cantautorale ritocca la figura armonica che,
da fermo, procede a passo spedito verso la
frammentazione caratteriale del protagoni-
sta, tra l'annientamento in stile country e la
sorpresa tanto sonora quanto moderna.
Stimato per essersi basato sul rock più
classico, Bowie alleggerisce maggiormente
rimembranze atmosferiche trascinando i
clichè che lo puntellano dalle sue origini,
portando all'esaurimento percezioni di
umana costellazione, robotizzando quindi
una voce pluralistica per dei diversivi poco
raccomandabili. Il freno inibitorio è presto
reso come oggetto di scandalo nella glorifi-
cazione del corpo che presti a divinità inter-
cambiabili, rafforzando l'ego senza svelarne
gl'intrallazzi ideologici a coloro che prati-
cheranno illusionismo per sempre.
VOTO9-/10 Vincenzo Calò
Pagina 47
LITFIBA “Sogno Ribelle” (Warner) Rim-
brotti di un anti-
conformismo eser-
citato pur costretti
poi a tornare in-
dietro, dandoci
dentro con chitar-
re di uno stimolo
rockeggiante, ta-
stiere dallo stile
anni ’80 e percussioni d’irremovibile per-
suasione che non si confondono fornendo
così luce alla voce grossolana, da scarica-
barile, di Piero Pelù che se la spassa tra le
sue prime hit col suo assistente fidato, Ghi-
go Renzulli. Brani riarrangiati in una versio-
ne più o meno live, senza togliersi di dosso
sconvolgimenti direzionali, rimanendo quin-
di selvaggi al punto di ridere e scherzare su
come si finisce male, in un periodo malinco-
nico a proliferare per volontà di meteoropa-
tico richiedente una soluzione esotica im-
maginata come positività retrograda ma
spiazzante quel senso di noia urbana pos-
seduta per forza di volgare sfarzo e in mo-
do irreprensibile, impossibile da ritrarre
perché in fondo s’è imprendibili scacciapen-
sieri che mirano ad una visione armonica
d’ideali, colorata dalla presenza indissolubi-
le di spiriti maligni, per una legge impro-
nunciabile dacché seguitata da servi bene-
detti nel nome di un’ipocrisia ricoperta di
passioni morte come indiani e banditi ch’e-
rano fieri di proseguire per stravolgimenti,
serializzati privi di un carisma pur avendo-
lo, ma che non credevi fosse perentorio fino
a rendere amara la descrizione di una con-
dizione reverenziale nel disaccordo comu-
ne, nel lavoro quotidiano di tendere alla
fine del giorno una smania classistica di
pubblico impiego come di privata persecu-
zione. E’ naturale la frenesia per gesti che
ponderano la solitudine clemente, atmosfe-
rica, risuonante per chi è adibito a trattene-
re una palpitazione trascendentale da car-
tone animato. Nei meandri di un pensiero
incollabile i Litfiba issano l’asta della perspi-
cacia più controproducente, data la siste-
matica e materiale riunione di popoli falci-
diati da scopi irriguardosi, con un rigurgito
intenzionale ch’esige ampiezza, correggibile
se si è liberi di espatriare per lasciare un
segno sulla propria pelle, invece d’essere
imprigionati in animali addomesticati, fino a
tacere. Segui una corrente d’aria non sa-
pendo cosa pensare, come fare un dono
che rappresenti la Terra, per immaginare
ciò che si vuole con una prontezza di riflessi
in eterna fase di costruzione, nel tempo di
agitarsi non conoscendo effettivamente la
gravità di un problema, di un bene da chia-
rire come portatori d’interessi sovraesposti
per poi ritenersi inopportuni. Dal generale
al particolare nulla osta alla nostra realizza-
zione, nemmeno gli eventi da sistemare in
un unico soggetto di materia insistente
sulle incomprensioni. Passo silenziosamente
davanti a te, con le manifestazioni di follia
dell’uomo che si ripete per non mancare
come l’acqua all’individuazione dei compor-
tamenti per avere il benché minimo riscon-
tro positivo sulla parzialità dei dati prospet-
tici a livello ambientale. La scelta di utiliz-
zarti in un mercato come combustibile è
indipendente per quanto si cresce tanto per
essere soggetti a manovre di chiusura. Le-
vati dall’emotività, provoco la tua pressio-
ne, un piacere tanto per rilassarsi in lavori
di distinguo da fare col cervello che non
trova comodità per dichiarazioni di residen-
za rassicuranti, nell’assunzione seria
dell’impegno di beccarsi una pena formal-
mente espressa, considerata ad alta perico-
losità dato l’intervento sui propri diritti che
determina gli elementi per chiedere di valu-
tare un mistero in virtù del progresso inte-
grabile al filo della chimica, sopra il quale
uomini di completamento si arrangiano
interloquendo in lingua madre cogli alimenti
sottobanco, abituati dalla criticità del Pas-
sato, di un diniego da forzare per poter
essere presi in società come un carico di
arrivi e partenze da gestire senza lasciarsi
pregare più di tanto di presentarsi come
numeri alla ridistribuzione equa del dire,
con la sintesi dell’eccedere, a fare battute
secondo un parere non appassionato alla
coerenza di Pensiero convenuta sul piano
tecnico per documenti da riprodurre nell’in-
vito a star sotto le leggi della Natura con
una strategia politica, una professione in
prestito alternativa a qualsivoglia punto di
riferimento, al fatto di appartarsi.
voto: 8/10 Vincenzo Calò
Enigma-“MCMXC
a.D” (Produced
by Enigma) Siamo
agli inizi degli anni
'90, e questo è il
caso musicale che
lasciò a bocca aper-
ta e con gli occhi
chiusi chiunque, inebriati dal contrasto di-
venuto imprescindibile ch'emerge tra il sa-
cro riluttante, spalmabile come olio sulla
pelle col canto gregoriano, e il profano ac-
cresciuto e avvalorato puntando sulle onda-
te psichedeliche, dentro una complessità
puramente istintiva, tenuta a bada con
manie di possesso in versione lounge, e di
cui l'uomo e la donna fin dai tempi di Ada-
mo ed Eva si fanno carichi per una Vita
trapassando il suo mistero, annebbiati da
cinque sensi legati tra di loro con l'intensità
della luce che lo spirito diffonde maggior-
mente per mezzo della fede cristiana, pe-
netrante l'ambiguità del prossimo, attana-
gliato dall'inconscio, divorato dalla legge-
rezza comportamentale necessaria per es-
sere accettato da un Dio riconoscibile se
strisciante sui nostri corpi che odorano di
eternità suggestionabile con lo scioglimento
dei peccati commessi proprio per ricordare
d'aver comunicato, e di rassegnazione sen-
sualizzata bevendoli, risaputo in extremis
anche il gusto del funky! Da questa idea s'è
preso spunto per la realizzazione di tutte
quelle compilation che vengono passate
oggi in sottofondo, nei night...In una sola
p a r o l a : M e m o r a b i l e .
VOTO 9/10 Vincenzo Calò
DEPECHE MODE “The Singles 86-98/
cd2” (BMG) L'irruenza di questo comples-
so la rintracci quan-
do fa capolinea sul
grigiore del tuo in-
trospettivo prendere
& lasciare, amplifica
all'ennesima potenza
il legame, che non
hai lucidato, col tuo
carattere, per ma-
sterizzarne delle copie che, climatizzate, si
fondono con l'unicità degli ultimi decenni,
molto artificiosi musicalmente parlando,
maniacali nelle retrovie dimensionali, cali-
brando l'intensità del suono nell'immagina-
rio e immaginifico protrarsi delle tue cele-
brazioni organiche. La trascendenza che ne
consegue sbaraglia le difese immunitarie,
sensualizzando la psiche dell'individuo nelle
fasi intermedie di qualunque dipendenza
oggettiva che provi ad incamerare per pro-
muovere ulteriore magnetismo al fine di
restituirci in contatti fisici. Il lounge trapa-
na, azzera il contatore spazio-temporale
(naturalmente elettronico), ed è come se i
Depeche Mode t'invitassero successo dopo
successo ad amareggiare stimolazioni etico
-sociali, per sorvolare disconnettibilità in
strutture armoniche, dove dimora quel rock
degenerante, e planarci per dominare l'at-
trattiva di un istante da sogno mescolato
con l'eco della realtà, facente parte inte-
grante dell'orizzonte preferibilmente sul far
della sera, spalmandoci sopra un pò di
stress emotivo. Sconvolgente un tempo,
malinconico adesso.
VOTO 9/10 Vincenzo Calò
Pagina 48
DEPECHE MODE "Sounds of the Uni-
verse" (Mute Records Ltd) La comunica-
zione tra il materiale che tocchiamo e il
sovrumano s'è interrot-
ta...o forse no. L'estasi
bloccata dal meccaniz-
zato Infinito impala
arcobaleni di metallo
nella terra, come
spranghe colorate,
unite col filo del con-
tatto umano. Una verve di natura tridimen-
sionale scioglie il movimento, di reale ina-
bissamento, e si punta il dito allora sulle
toponomastiche cogli occhi chiusi per una
dose di benevolenza. Stoicamente incagliati
ad una musicalità disgregante, eretta per
studiare le geometrie della luce che custo-
diamo (per godercela poi tragicamente), i
Depeche Mode lasciano l'Essere e l'Avere in
sospeso per proiettare megalomania sul
pop, in un'atmosfera focalizzata per rievo-
care le distanze tra le diverse vite di un
individuo. I brani sono cesellati per pro-
muovere il veleno dell'angoscia aliena ripro-
dotta in gomma da masticare. Non persiste
la contesa di un potere, ma la definizione di
un sistema di calcoli e teorie che portano al
vuoto dei nostri profitti. L'elettronica con
tutti i suoi pianeti da conquistare raggiunge
l'apice sull'orlo del casuale precipizio, con la
solita intransigenza psichedelica che con-
traddistingue la band nel tira e molla vocale
del suo leader. Scariche di nostalgica eufo-
ria, ricomponibile con chitarre che accenna-
no ad un rock duro, si abbattono su fabbri-
cazioni di stress convulsivo socialmente
parlando, e ne scaturisce l'assimilazione del
moto perpetuo delle cose, con gli effetti che
riecheggiano se ripassi tra i campi visivi di
una stanca condotta epocale, cavalcando
onde magnetiche per il piacere di cambiare
aria. L'estensione della ritmica è rimasta
ancora sensazionale, per una multiforme
intuizione spazio-temporale che viene am-
morbidita con del torbido lounge gravante
su tastiere alternate al mistero del Creato
che riposa tra le stelle baluginanti dell'In-
conscio. Personaggi artificiali in fondo si
accudiscono a vicenda, come vecchi amici.
In una incorporea e lenta Fine la Vita si
riduce in un nulla di fatto, riflettendo sulla
nostra ingenuità. Scherziamo a mentire sul
da farsi, col potere del demonio a sensua-
lizzare il Pensiero. La fiducia che poniamo
in noi abortisce idee di rinnovo, immagini di
un futuro felice nel non vedere l'ora di spa-
ziare nel bene da riprodurre, di fuggire da
una depressione terrena rilevabile affan-
nandoci a prenderci di mira in un'ondata di
caldo, in un processo alle intenzioni che
continua a segnare l'Anima, rilevata me-
diante dei codici alfanumerici per immagi-
nare la nostra Fine, la distanza tra l'utile e il
dilettevole degli elementi naturali da riac-
quisire con la tempistica della fortuna, sotto
l'aspetto puramente sensoriale, in uno sfa-
celo morale che ci fa divenire squilibrati.
Attratti dalle cose che spaventano, tentati
da vana gloria, da referti medici da rivede-
re, ci avvitiamo su noi stessi nella condu-
zione di diverse indagini affinché si vada
per il meglio, ad avere modo di riflettere la
luce del Sole, con la difficoltà di confessare
la messa in croce di esseri spiegati alla
realtà per intraducibili vie da seguire. Per
teletrasportarci verso un'altra dimensione
dovremo scoprire come e perché succedia-
mo all'istinto primordiale di bocciare la li-
bertà d'espressione, avendo previsto la
maturità in polveri denunciabili con un'ar-
gomentazione preesistente che serva a
destabilizzare problemi generici senza esal-
tare il ridicolo, nemici costruttori di un cre-
do, di una storia immune da certi casuali
accadimenti terapeutici, dalle separazioni
indispensabili tra di noi...esseri perlopiù
opportunisti, in cerca di guadagno, per par-
larne personalmente, col freddo nelle abita-
zioni ritratte preparandoci alle urgenze da
schiarire facendo il bello e il cattivo tempo
nel logorare operazioni di dividendo, ridi-
s t r i b u e n d o p a l l e a l b a l z o .
Voto: 9-/10 VINCENZO CALO'
CARMEN CONSOLI "Eva Contro
Eva" (UNIVERSAL) Lavoro che ha so-
spinto al lancio internazionale quest’artista
di misericordioso incanto, contribuendo a
parer mio a fare esplodere il vanto per le
origini fino a ren-
derlo espressivo a
360°. Sembra
proprio che se la
tiri adesso Car-
men, ma ne ha
ben donde. Dati
alla mano, ha re-
gistrato l’ovvio
successo di critica (e non solo) a Parigi,
Londra e sul palco di Città del Capo, al Live
8 (l’evento curato da Bob Geldof), fino alla
consacrazione al Metropolitan di New York,
col tutto esaurito. Il suo vibrato, quasi ad
ansimare, riscalda i colori della memoria,
restituisce lo scemare di paesaggi stretti
d’amanti insonnoliti. Fustigante basso levi-
ga il sudore di pupi siciliani in perenne pro-
cessione, come se costretti a dipendere
dalle tiritele di un pudore ben archiviato da
donne col capo mai chino in pubblico. In
certi tratti ha centrato il vero bersaglio,
l’aria nella sua sensualità, col tesoro profu-
so da gioie raccolte in segreto, tra l’oboe e
il clavicembalo. Violini e violoncelli sono
fedeli al suo genio cantautorale ben spal-
mato su colonne sonore per film girati fis-
sandosi dentro di sé, fino a farsi del male,
con candide flautolenze a sollecitare i so-
vrani dell’ignoto che richiedono la loro au-
tenticità riassaporando la caduta dei com-
promessi terreni, accordando con cautela
l’ego, sputando al moderno che con l’indif-
ferenza si fa scudo. Lei riaccende peccati
femminei con dovizia di accorgimenti, di
carattere perlopiù percussionistico, sten-
dendosi affianco a dei vergini contrabbassi
con l’espansività tribalizzata della sua one-
stà intellettuale e la ridondanza dei contatti
a pelle con un senso del ritmo carico di
armoniosa esasperazione. Decisioni prese
con sofferenza cercano casa, per chiarire
delle storie di un attimo fuggente e dimo-
strare buon senso nel corso di un’emozione,
sulla volontà di leggerti, per non creare
pericolosi precedenti ed avere la sensazione
d’essere stati rinviati a giudizio, nel rispetto
dell’Anima innescante ombre di facezie mo-
rali con un pulpito da ripulire nella linea di
un dovere di trasparenza, fuori dal mondo
capito a livello intuitivo, per godere di sen-
sazioni tra le cose dette senza sentire la
presenza della mente, a impiantare cause
di mancata ricezione della comunicazione
con una furia cristiana che oscura ossessio-
ni di contatto esclusivamente carnale. Fino
a che non impugni delle prove di colpevo-
lezza perdoni tutto, fai il moralista fingendo
di crescere con Amore, per impadronirsi
della Vita e raccontarle episodi di emargina-
zione, resistere nel nome di nascita con le
differenze per considerarci fratelli e sorelle,
e riprendere i soliti discorsi senza testimo-
niare per un po’ d’umanità tra le parole di
un estraneo e i ricordi di carezze incompiu-
te, date ai nervi di un pensiero, per mettere
il punto esclamativo. Tra insidiose vicende
umane menti alle tue origini, in posizione
incontrovertibile, sotto un unico sbiadito
profilo, e sei costretto a fare l’esame del
dna per riconoscere dei genitori naturali e
restare garantisti nella manifestazione delle
opinioni, affinché il Prossimo dia conto di sé
in anticipo sull’attualità da tenere calda,
n e g l i a f f e t t i .
Voto: 9-/10 VINCENZO CALO'
Pagina 49
THE CYON PROJECT"Al legories
[EP]" (Autoproduzione). Ancora una
volta (l'ennesima volta) arriva dal nostro
fottutissimo Stato di ben pensanti il prodot-
to che sicuramente non ti aspetti che cam-
bierà il mondo, ma
che almeno ti faccia
diventare meno
pesanti i pomeriggi
musicali. Invece no
il death made in
Italy ci rifila l'enne-
simo prodotto di una
band che forse è a
galla perché c'è di peggio in circolazione nel
panorama underground globale nonché
nostrano, di qualunque sottospecie esso
sia. Tocca ora ai piemontesi The Cyon Pro-
ject, band formatasi nel 2009, proporsi
sulla scena con l'EP "Allegories", sudore di
un'autoproduzione concretizzatasi presso i
Bro Studios di Alpignano. Un quintetto alla
swedish death metal, quindi rabbia e melo-
dia mischiati di pari passo. Malgrado il
gruppo sia di recentissima formazione, le
sonorità mostrate dai nostri baldi detiene
un certo livello di sincronizzazione, peccato
che il livello sia molto basso. Componenti
che, come esige il genere, sanno benissimo
come affrontare i propri strumenti, avendo
la dovuta tecnica di base ma il sound suona
monotono e ripetitivo come se già si fosse
sentito dal gruppetto che suona ancora in
periferia nel sottoscala della palazzina abu-
siva. Sono titubante sulle possibilità di
chance che questo gruppo ha per farsi largo
nell'affollatissimo panorama del metal mon-
diale, perché dubito che anche se hanno
fatto questa autoproduzione (merito sem-
pre a chi si fa avanti) qualcuno sia in grado
e lucido di mente per poterli sostenere .
Soprattutto in un genere, il death svedese,
che sembra aver oramai sparato tutte le
cartucce a propria disposizione nella caccia
a un buon contratto discografico.
VOTO:5/10 Antonio Di Lena
NAVIGA “Ed è sera…” (Demo). È sem-
pre un problema quando si ha a che fare
con delle band che provengono dalla tua
stessa città, si perché diventi più critico del
solito ma non per rompere le gambe alla
band in questione, ma bensì per dare una
motivazione in più. I Naviga vengono da
Francavilla Fontana (BR) città che negli
anni ha sfornato talenti incompresi di note-
vole livello, una città che non da nessuna
forma di contributo ( non solo economico)
alle band locali. E pure i Naviga ho avuto il
piacere di ascoltarli all’ultimo “Congresso
Rock” e devo dire che confrontando le per-
formance live e quella del demo il live vin-
ce nettamente. Infatti il demo di cinque
tracce suona troppo poco rock, genere che
in versione live ben figura per la giovane
band salentina. Il suono è troppo da canti-
na, anche se i ragazzi si reputano grunge-
band il demo non detiene questa attribuzio-
ne, che escluso il pezzo “Mente Libera” che
ha un inizio che sa molto da Incesticide dei
Nirvana il resto suona come un pop-rock
frettoloso. I ragazzi ci sono sia chiaro, sen-
tono quello che suonano ma penso che li
sia mancata in fase di registrazione una
guida che sapesse più di rock che forse
d’altro genere, e poi il prezzo della registra-
zione è stato davvero pesante per un demo
di cinque brani che deve essere inviato alle
riviste e i locali dove suonare, a questo
punto avreste fatto più scena registrandovi
in presa diretta in qualche live, li è sicuro
che davate una coscienza di rock. Forse la
giovane età dei ragazzi ha ecceduto di en-
tusiasmo (che ci sta tutto) ma spesso regi-
strare meno pezzi di qualità valgono molto
più della quantità. Consiglierei alla band
con molta calma di lavorare in futuro sugli
stessi pezzi, magari cercando di utilizzare le
multi tracce e per favore, lo dico per voi, la
prossima volta che entrate in sala di regi-
strazione procuratevi un fonico che sia e
comprenda del genere, potrebbe darvi delle
dritte e sicuramente l’intero demo registra-
to con più cura, effetti e magari multi trac-
ce suonerebbe più sporco ma sicuramente
grunge, anche perché è un peccato che
pezzi come “Far Away” suonino più pop-
rock che altro. Altra dritta che vale per
qualcuno della band è che le fanzine non
comprano i demo per recensirli ma si rega-
lano!!! Scherzi a parte il mio è un voto d’in-
coraggiamento, perché sono sicuro, che con
calma e un po' più di professionalità questo
demo può essere più che dignitoso.
VOTO 5.5/10Antonio Di Lena
I N N E R V A C U U M
“Acceptance” (Autoproduzione ). Gli
innervacuum com-
posti da 5 bravi mu-
sicisti: Tommaso
B o n f a n t i
(basso),Filippo Fu-
mato(batteria), Giu-
l iano Bergantin
(voce), Francesco
Murtas(chitarra) e andrea Giannattasio
(chitarra), con il loro “Acceptance” danno
subito l’impressione di essere nel pieno di
una sparatoria di musica, con armi un dop-
pio pedale, un basso che sorprende inse-
rendo parti di slap e chitarre, se si fa atten-
zione si riescono anche a sentire le urla dei
feriti. I brani sono suonati con precisione e
bene, anche se mancano a mio parere un
pò di melodia e sarebbe stato interessante
inserire qualche assolo di chitarra in più e
magari far durare i brani qualche min di
meno, circa sette minuti per ogni brano
s o n o u n p o ’ e c c e s s i v i .
Voto 7--/10 Gianluca Distante
I G N I T I O N - C O D E
“Upgraded” (Autoproduzione) Formato
nel 2007 il progetto
Ignition Code nasce
da membri di Saw-
this e The Giuliet
Massacre con l’obiet-
tivo di dar sfogo al
lato più violento ed
intricato dei suoi
membri. La band è formata da Alessandro
Falà (voce), Sabatino Fossemò (chitarra),
Marco Di Carlo (chitarra) e Guido Borracino
(batteria). Del loro “Upgraded “ sono molto
interessanti le parti melodiche che escono a
sorpresa all’interno dei brani e danno quel
velo di dolcezza ai brani che non guasta
mai, come negli ultimi secondi di Human
B.P.M. dove la parte melodica, molto bella,
entra di prepotenza, anche se dura a mio
parere molto poco e non ne consente un
giusto apprezzamento. Altra cosa interes-
sante è il contrasto di voci in Mikrokid e in
Gamegear una più pulita e l’atra con growl
quasi come se una parte non cattiva voles-
se uscire fuori e dire la sua.
Voto 7 /10 Gianluca Distante
A L C S T O N E S
“Usurpers”(Autoproduzione )Gli Alcsto-
nes, trio veronese,
nascono nel 2005 da
Alberto Todeschini e
Luca Avesani, al quale
si aggiunge il batteri-
sta Cristian Boaretto
con il quale nel set-
tembre 2006 produ-
cono il CD “Master…from the hill” che da il
via ai numerosi live della band veronese.
Nel maggio 2007 Cristian Boaretto lascia il
trio e viene sostituito da Cristian Bonamini
e nei primi mesi del 2010 si concludono le
registrazioni del primo EP dal titolo
“Usurpers” nel quale contribuiscono ai cori
Giada Piccinini e Michele Turco. Nel loro
“Usurpers”, appena si ascolta l’EP, l’influen-
za di gruppi come i Motorhed si fa subito
sentire, complice anche una voce che ricor-
da molto quella di Lemmy. Il tutto è suona-
to molto bene, buoni anche gli assoli di
chitarra. Album interessante nel complesso
e suscita curiosità nel vedere un loro li-
ve.Voto 7,5/10 Gianluca Distante
Pagina 50
GALLOWS“Gallows” (PlayItAgainSam)
Dopo l’abbandono di Frank Carter che ha
messo su i Pure Love,
i britannici Gallows
non tradiscono le
aspettative, e si pre-
sentano con un lavoro
che suona di un hard-
core adrenalinico, gra-
zie anche ad una se-
zione ritmica invidiabile. Il basso pompa a
palla nelle tracce e l’ascoltatore si ritrova
sotto assedio durante un bombardamento
di puro hardcore, grazie alle urla del cana-
d e s e W a d e M a c N e i l .
Antonio Di Lena VOTO 6/10
ANTONIO TRINCHERA“Spirits Write
Letters”(Psychonavigation) Un album
d’intrecci sonori dove Trinchera ha riferi-
menti plausibili al dream pop al down tem-
po e alle sonorità am-
bientali. Manca però la
cura per il beat e gli
echi ambientali che un
album deve avere in
questo genere. L’elet-
tronica non manca
ma non basta, in futuro le sue traiettorie
sonore devo amalgamarsi per bene se vo-
g l i ono scava l ca re ques t ’ a lbum.
Antonio Di Lena VOTO 5/10
MED IN ITALI “Coltivare PianteGras-
se” (Libellula) Cinque anni di lavoro per
gli irlandesi ma ormai
torinesi d’adozione
Med in Itali, che con il
loro debutto discogra-
fico racchiudono una
certa raffinatezza ne-
gli arrangiamenti di
matrice free-jazz di questo lavoro. Il richia-
mo ai Marta sui Tubi è il più costante me il
vero segreto sono i due jazzisti del rango di
Matteo Negrin e Luca Begonia che parteci-
pano al lavoro. Antonio Di Lena VOTO 6/10
NIRVANA.“Transmissions”.(Storming).
Vi è mai capitato di
entrare in un negozio
di dischi e trovare un
cd di una band che voi
fino a quel momento
ignoravate del tutto
non per demeriti mu-
sicali ma bensì per-
ché: A il loro leader è morto dal 1994
(almeno così dicono…), B il loro batterista è
il cantante dei Foo Fighters, C il bassista è
impazzito dandosi alla politica?! Ok, se co-
me me avete conosciuto in modo inatteso
questo “Transmission” dei Nirvana benve-
nuti a bordo del treno che marcia sui binari
di un grunge che più grezzo non si può.
L’album è composto da un libricino di 72
paginette che spiegano e rispiegano la vita
della band in determinati lavori. Non c’è
nulla di insolito, si sa che i Nirvana verran-
no premiati un giorno per essere la band
che ha prodotto più album con un leader
morto…$copi di lucro ???! Infatti l’album è
diviso in tre parti. La prima parte che va da
“Love Buzz” a “Pen Cap Chew” non è altro
che la performance che la band di Seattle
eseguì ai Kaos FM il 17 aprile del 1987,
praticamente quando ancora i Nirvana non
avevano fatto neanche il loro debutto di-
scografico, cosa che avverrà nel 1989 per
mano della Sub Pop Records con il capola-
voro “Bleach”. La seconda parte di sole
quattro tracce (Rape Me, Smells Like Teen
Spirits ed Herta Shaped Box), canzoni che
milioni di ragazzi negli ultimi venti anni
hanno consumato nei loro lettori cd per
ore, non è altro che l’esibizione che i Nirva-
na tra il 1992 e il 1994 hanno regalato du-
rante delle apparizioni al Saturday Night
Live. La terza è ultima parte è una sequen-
za di video-tracce sempre facente parte dei
live del 1992 e 1993 al Saturday Night Li-
ve. Fruscii, chitarre grezze e sporche, bat-
terie cupe e bassi dal suono cavernicolo,
non fanno di questo lavoro un manipolo di
canzoni mal suonate, ma bensì di un picco-
lo capolavoro da museo della musica grun-
ge. Certo non avrà il fascino di Nevermind,
ma va detto che nove tracce su tredici sono
state registrate ancora prima dell’esordio
discografico della band, quindi consideria-
mo il lavoro dei Nirvana come se lo stessi-
mo ascoltando nel 1987 e non nel 2012
perché il contenuto musicale di questi ven-
ticinque anni, che dividono la registrazione
delle tracce alla pubblicazione di un album
puramente a scopo di lucro, ci fa capire che
i Nirvana hanno e sono gli unici maestri
dell’arte della musica grunge; gli altri pos-
sono soltanto, imparare e cercare di copia-
re. Album che sicuramente non sarà l’ulti-
mo, visto che con mio grandissimo stupore
noto ogni tanto pubblicazioni davvero evi-
tabili, ma questa volta chi architetta le
uscite discografiche post-morte di Cobain
ha fatto centro, regalandoci un piccolo vo-
cabolario di “grungese primitivo” forse in-
compiuto, ma sicuramente indispensabile e
p r e z i o s o .
Antonio Di Lena VOTO 8.5/10
CROSBY, STILLS & NASH. “CSN”.
(Atlantic). Trattasi di giorni tranquilli in
una sincronia di
voci vellutate,
per dimenticare
l’insicurezza del
vivere che im-
pressiona degli
amanti in pe-
renne relazione,
traditi semmai
da una fede di
facciata, nel pop poi sciolto dalle flessioni di
tipo soul. Il meglio del genere umano lo si
festeggia intervenendo con la memoria
armonica per elaborare l’avanguardia dei
toni intimistici, spogliati degli abiti dei ribel-
li, sulle cose terrene rifiutabili in acustica
rampa di lancio. Rispetto a quanto si vuol
dire, percussioni effervescenti contornano
la finezza alle tastiere in maschere d’ispira-
zione che riscuotono ammirazione dalle
persone da salutare all’apice di una conqui-
sta trasversale, attenendosi alle istruzioni
originali. Uomini che si considerano fortu-
nati, tra le mura di un ideale almeno, che si
è tentato di restaurare, giungono su un’iso-
la sperduta di pura migrazione emotiva a
inscenare l’opportunità d’imporre un contri-
buto a coloro che sono prossimi alla dispe-
razione, disposti a subire ritardi d’accusa
promettendo comunque tensione. Ci si ap-
poggia a vicenda in una parola accogliente,
in un unico stato d’animo, col passaggio del
testimone da una traccia all’altra che non
sminuisce il brivido di talento spartito auto-
maticamente tra i componenti della band,
particolare di una benevolenza che non
riesci ad assopire con alcun cambio di sen-
tore, per cui si possa rivedere la propria
disciplina a spianare percorsi immaginifici
senza la pretesa di tagliare per primi un
traguardo d’intrecci d’aria causati dalla feli-
cità di rimanere sui campi di battaglia, tra-
scurata per risposte che non vengono
dall’oggi al domani come partite di nervi in
foto da scattare, col coprifuoco in vigore
per anfratti di conversione occupanti la
solidarietà di chi teme di fallire e sposta
linee di confine pianificando rinunce senz’a-
verle previste in un giuramento epocale sui
doni straordinari della natura, per la quale
la persuasione è una musica leggera, cultu-
ralmente singolare, per messaggi audio di
lenta diffusione.
V i n c e n z o C a l ò
VOTO 9/10
Pagina 51
SUBSONICA. “L’Eclissi”.(Virgin).
Espressività esangue, tendente ad una
campionatura dedita
di traccia in traccia
all’infinito sciacallag-
gio del suono, abilita-
ta a sofisticare l’am-
plesso dell’onestà
intellettuale, con la
sagacia rintracciabile
nella complessità quotidiana così cosmica,
malvagia nelle zone periferiche di un senti-
mento riprodotto per andare in corto circui-
to. La parola si distacca dall’elettronica
maestosa per perseverare, sorda, nella
morbosità del rock, col suo disagio sociale
che non conosce sosta, da un senso all’altro
a perdere pezzi di ghiaccio, a sciogliersi per
la successiva base musicale computerizza-
ta, ingurgitata, senza pensare che essa
possa trapanare alle ossa, fino al midollo di
chi non smette di premere il tasto play per
un’elaborazione armonica che ricorda in-
trecci di catene di montaggio industriale,
che slega infine il delirio poetico, dopo un
Sali e scendi di effetti ben custoditi dal pro-
prio marchingegno psico-emotivo. Schizzata
nevralgia di una sorte compiuta, accresciuta
dalla lagna audio lesiva, intercettabile sì,
ma incontrastata, dovuta da nefandezze
comportamentali in linea col complementa-
re naturalizzato in una soave boccata alluci-
nogena, in un ritmo pervaso dal contatto
fisico che si desidera immaginare coi rim-
pianti, codificabili, per esperienze di Vita
incancellabile, sottoforma di linguaggio bi-
nario, legate agli elementi 0 e 1 che accu-
mulano, mischiano negatività e positività da
un istante all’altro della concezione tecnica-
mente vestita su misura e poi spogliata per
firme eccellenti, quali quelle di un vero mito
come Roberto Saviano e del giallista Carlo
Lucarelli, alla vista di un giovane che stenta
a respirarsi, tra il corpo e l’Anima. S’inter-
viene di tanto in tanto con la batteria a ridi-
mensionare in modo impeccabile la fulgida
asperità minimalista, ed è improvvisamente
gioia retrograda in nota malinconica, di-
spersiva in atmosfere prettamente di lan-
guido torpore, giustappunto per un taglia e
cuci conservabile nel mixaggio estempora-
neo. I Subsonica si prestano come guida
per attutire ideali in frantumi prima e in
vortici silenti poi, sospesa nella descrizione
dell’ambiente che ti risucchierà, che ti ridur-
rà in misteri di un giudizio inoffensivo che
non tarpa le ali della confidenza astrale, in
acustica aliena, distante un finale a sorpre-
sa, impegnata a disegnare sorrisi di buona
ventura. Il cervello umano con criteri rigo-
rosamente tecnologici sta dietro alle affer-
mazioni più diverse di storie riscattate da
un fine in forme falsamente riconoscibili. La
pelle nel corso della Vita fa colpo significan-
do nulla per un minimo di stile nel richiede-
re i dati morenti di una complicità in omici-
dio. Come se nulla fosse, ci usiamo per
incassare un Domani chiuso in volto, con
una forte presenza panoramica completa-
mente fuori controllo sulla saggezza del
posseduto. Nel tempo dell’anonimato si
fagocita una condanna alla Fede per opere
di misericordioso disordine. Ci procuriamo
un nervo smaltibile per non andare troppo
oltre a installare intese tra i favorevoli e i
contrari al sistema del parcheggio libero,
che annulla dilemmi sull’esclusiva esclusio-
ne, semplici da movimentare nel merito di
quello che si può fare per dare luce ai colori
scontabili a carattere ultraterreno. Atti im-
prevedibili si verificano valendo come dra-
sticità per un problema di sicurezza che
sgombera il rischio di sbattere la testa sui
muri dai cassonetti in regola. All’interno di
un passato precauzionale ti posso invitare
ad affrontarmi senza termini e modalità,
per voler approfondire un difetto di chiari-
mento con la maturità più evolutiva possibi-
le, con una poesia da musicare, dovendo
aprirci per un segnale d’incoraggiamento
senza sembrare spiazzanti, assegnati ad
un’emergenza strisciante sull’orizzonte adi-
bito all’inganno più speciale da ringraziare a
nostro nome per abbracciare il potere della
Ragione, ora tra i suoi maestri attaccati alle
verità di una domanda personale, di un
piacere da masticare sul serio per vederci
sereni e insistenti sulla concretezza di una
formazione culturale, per la quale nessuno
s i o c c u p a .
VOTO: 9-/10 VINCENZO CALO’
AFTERHOURS. “I milanesi ammazzano il sa-
bato”Manuel Agnelli comincia con una striata
voce aggrappata ad
arpeggi addomestica-
bili prima, e poi re-
cludibile come siero
ammazza-vampi r i
lungo la gola dei
dannati conformisti,
coloro che rimarreb-
bero a bocca aperta
se potessero saper
amare almeno un senso di civiltà. Ma il tutto ef-
fettivamente parte dall’immobile risveglio di una
prostituzione idealistica logorata da grazia ine-
spressa. Per Afterhours s’intende una delle poche
dimore di proprietà del rock alternativo, reinven-
tato per questo lavoro adoperando magri sberleffi
di una volgarità che ti rincresce, con un grado di
cultura invidiabile ma travisabile se ti lasci ingan-
nare dall’istinto di rovinarsi in un istante, pene-
trando, per ripulire, l’angoscia umana, dacché così
piccolo da non dover smuovere il sempre di un
incanto fiabesco, fanciullesco, ridimensionato a
furia di dover concretizzare il posseduto. Stracci di
una dipendenza tossica (se accomunata alla so-
pravvivenza) vengono accalorati dalla forza di una
batteria che serializza l’ascolto per la maggior
parte delle tracce, inseguita da chitarre avvincenti
in grado di vestire l’immateriale celarsi dietro
all’incapacità di stare insieme ad una sola condi-
zione: motivare ciò che tocchi da perfetto dispera-
to. Qui viene suggellato il potere di riempire
un’armonia di spazi pseudo-urbani col desiderio di
fare quel cazzo che ti pare, nonostante il dubbio
melodico derivante dall’esistere o meno travolto
dal silenzio di chiusure ermetiche passanti come
pregiudizi referenziali dall’illusione di alimentarsi
col tempo di apparire a risollevare l’entusiasmo
delle masse (individuali) per privilegi rintracciabili
se ti levassi dalle quotidiane vicende socio-
politiche, come il piano e l’elettronica (in “Dove si
va da qui”), uniti per la pulsazione lineare di una
sorta di rassegnazione epocale.Si scompare con
una lentezza inesorabile nei ricordi scampati all’o-
blio degli uomini, per riaprire un percorso organi-
co e non macchiarci di un crimine abominevole
come sostenere dolori già crollati dall’alto, per
delle impostazioni da seguire senza intendere una
sproporzione di vedute a stabilire una legittimità
di opinioni nel pagamento dei principi di una ma-
turità assodata per donarsi alla morte del poter
chiedere la restituzione di cosa ci compete come
quiete, dimostrando una stanchezza emotiva in
una serie di profili da impugnare, consumati come
le informazioni sul Prossimo, tra i dove di un’af-
fermazione personale, tra un sorso e l’altro di
Anima affrontata in tutto tondo per prospettare
qualcosa di ben diverso dal destare sordità. Con-
templando l’orgoglio per un’integrità morale
esplodiamo come pene nell’incanto di quattro
mura, fughe da far connettere per segnare una
svolta epocale, l’uccisione dell’Io per non essere
suscettibile a delle oscillazioni climatiche, ad una
tipologia di mutuo d’accertare pur volendo rima-
nere sempre nell’umanità che si ha affianco, a
diffondere sentenze come sollievi, a titolo di ana-
tomia, con l’impulso di rifarsi alla materia, alla
conferma svenevole dei nostri diritti come tranelli
sparsi nel mercato globale, odorante di una città
riportabile sulla pelle, allo sterminio del Presente
per la salvaguardia di una meraviglia pacifica,
dell’attraversamento di uno sguardo da macellaio
di eccellenza che non lavora il suo essere, forme
fatte con le mani, con le tremende visioni che
procura la paura del Tempo, quella sensazione
che ci spinge in avanti, in un interesse all’osso,
creato con la nullità delle nostre applicazioni, coi
riferimenti alla solidità dell’Oltre, quasi ad assotti-
gliare delle posizioni debitorie per una fattispecie
di tematica libera dalla corrispondenza nervosa,
non esaminata sulle voci della gente, sull’onda
della nostalgia distogliente un Dio dal suo Avveni-
re, aromi da mettere in noi, per darci una morbi-
dezza, l’importanza nella parola risultante inatti-
va, seppur rinata da storie di riuso, di cemento
colato, come a produrre solamente latte nell’asse-
gnarci la palma della vittoria, pur valendo come
frecce non pungenti in un’unica imboccatura che
non prescinde da contrasti psicologici, particolari.
VOTO: 8,5/10 Vincenzo Calo’